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Maciste

LE CENE DEL GIOVEDì
Era diventata una consuetudine affermata il trovarci la sera del giovedì a cena in una salettina riservata del ristorante annesso all’hotel dove alloggiavamo quando lavoravamo in zona.
Lo chef ci preparava dei piatti particolari, speciali : un modo interessato ma succulento per mantenerci affezionati clienti del suo albergo-ristorante.
Noi rappresentanti avevamo eletta la serata del giovedì, davvero cruciale da superare per l’urgere delle necessità sessuali montanti, come quella ideale da trascorrere in allegra compagnia “per dimenticare”.
Eravamo in undici, affiatati e ben assortiti, ma tenevano banco un provetto barzellettiere ed un simpatico inventore di pungenti gag e storielle che ci facevano tenere “i piedi sotto il tavolo e cavare i denti dal ridere” per molte ore di spensierata gaiezza.
Da circa un mesetto Mario M. , rappresentante e padroncino marchigiano, ultimo e recente affiliato alla combriccola, aveva portato il numero dei coperti della nostra tavolata a dodici, era il tipico buon uomo quasi invisibile, un metro e settanta (dice lui, ma si regala qualche centimetro) per sessanta chili di peso.
E per un bel po’ non ce ne accorgemmo nemmeno che c’era anche lui.
Chi sia stato a lanciare “la bella idea” non lo so ancora, ma ebbe approvazione e successo subitanei.
L’idea : ognuno di noi, a turno e partendo dal capotavola che per tradizione era Sergio, avrebbe dovuto raccontare una sua avventura sessuale veramente piccante, “nuova” ma assolutamente vera garantendo l’anonimato della partner.
La tavolata di maschi arrapati, già di per se logicamente salace, lo divenne ancor di più, lazzi, commenti e battute si inframmettevano nel racconto di turno aumentando il piacere e lo spasso della allegra brigata.
Quando toccò al dodicesimo uomo ultimo arrivato e che avevamo battezzato Maciste in contrasto col suo fisico, dopo un quarto d’ora di racconto non volava una mosca : un dicitore perfetto, voce suadente e cadenzata, un “descrittore” della anatomia delle intimità femminili e degli amplessi sessuali eccezionale, un “fotografo dei fatti” assolutamente straordinario che ci proiettò dentro e sul cazzo “in tre dimensioni e a colori”, che ci stampò negli occhi, nella patta e nel cervello, una gnocca descritta pelo per pelo, labbra per labbra piccole e grandi, vagina, mucose e clitoride nei particolari più reali con le relative “qualità operative” non trascurando il dirimpettaio, un culo fiabesco dai meriti straordinari, (eccelso “ricamatore” del cazzo) non omettendo di magnificarci le spagnole di tette superbe, i sapienti pompini di una bocca piccola “ma grande”, le pippe da sogno di manine intriganti e vellutate.
Alla fine del racconto ci ritrovammo tutti quanti con il pisello acciaificato, paonazzi ed inebetiti e fui certo che ci saremmo fatta una sega liberatrice nel chiuso delle nostre camere, stesi sui nostri letti : tutti quanti !
Ognuno di noi si ritirò nella propria stanza, nella propria privacy lasciandosi alle spalle una atmosfera irreale, di disagio, di quasi tristezza : “una favola sessuale” così bella non avrebbe dovuto finire mai !
Mi addormentai, ma per sola mezz’oretta, che era quasi l’alba.
Alle sette ero in piedi “anche se non stavo in piedi” e non ero nemmeno riuscito a farmi la sega liberatoria che s’erano certo fatta tutti gli altri.
I miei sensi psico-fisici erano ancora avvolti in un lugubre “mantello angoscia” anche se andava stemperandosi.
La sciarpa dell’angustia continuava a soffocarmi.
Mi ero girato e rigirato per il letto tutta la notte “perché”.
Perché Mario M. aveva raccontato a tutti le seghe che fanno le manine di mia moglie, i “peccati di gola” che sanno così ben fare la bocca e la lingua di mia moglie, le spagnole delle belle tette di mia moglie, le esemplari scopate della gnocca di mia moglie descrittaci con la meche naturale formata da un ciuffetto di sette peli bianchi (li ha contati bene! ) al limite del grande labbro destro e le qualità funzionali, gustosamente micidiali, del gran bel culo (con relativa “voglia” stampata sulla culatta sinistra, precisazione che ha tolto ogni dubbio o speranza a me che continuavo a dirmi “che non era lei”) di mia moglie.
Il che non mi par poco : come giustificazione della mia insonnia.

MACISTE
Barzellette, battute, storielle e sfottò non costruivano più la solita allegria durante le cene dei giovedì che trascorrevamo in trasferta all’Hotel Adriatico, aspettavamo tutti ora, minuto e secondo nel quale Maciste avrebbe incominciato a raccontarci le esaltanti virtù erotico sessuali di una femmina speciale.
La brigata aveva dimenticati i turni e reclamato all’unanimità e a gran voce i soli sexi racconti del Mario nei quali era protagonista “Erotica” (“una fabbrica da gusto” l’aveva battezzata la tavolata), ed il bis infinito degli stessi.
– Ho una voglia di gustarmi figa, culo, tette, bocca-limgua e mani di Erotica che vorrei si potesse prendere in affitto come una casa o a nolo come un’auto –
– Quanto la vorrei per moglie una notte a settimana ! –
– Basta che me la presenti e ti scuccio un milioncino tondo-tondo –
– Dovrebbero fargli un monumento con un culo di una tonnellata all’uomo che se la fà vista la fortuna che si ritrova ! –
– Un par di cucuzze per il suo numero telefonico –
Ecco alcune tra le considerazioni e le proposte sempre più numerose e pressanti che la arrapata combriccola rivolgeva al collega alla fine di ogni suo racconto.
Ogni giovedì all’Adriatico perciò Maciste era costretto ma lieto di ristamparci in testa, nella fantasia e sulla patta una delle notti di piacere trascorse da lui a letto con la stregante femmina.
Erotica era ormai “la gnocca”, “le tette”, “la bocca”, “il culo”… non “una” o “un” come per tutte le altre femmine “normali”.
Tutti si auguravano e speravano che potesse diventare raggiungibile, tutti glie la chiedevano, la volevano ma Maciste, incorruttibile, rispettoso del giuramento fatto (e forse geloso) non tradì mai (menomale ! ) il suo ambito segreto.
Ci raccontò, badando bene a tener lontani indizi che la avessero potuta rendere “pubblica”, che l’aveva conosciuta anni fa, prima di cambiare il suo status da rappresentante e dipendente in quello di padroncino di una fabbrica di camicie e che fu fortunato perché la incontrò ed “allettò” in un momento di crisi e di rabbia tipico della donna che ha subito un torto dal suo uomo e che è perciò decisa a rendergli la pariglia.
Accadde di venerdì pomeriggio, la sera la portò a cena alla fine della quale le propose : – Andiamo a ballare ? –
– No ! – gli rispose.
– A scopare ? – azzardò deluso e sfrontato ma con fare scherzoso.
– Sì ! – lo sorprese.
Uscirono dalla stanza dell’hotèl ove si erano “allettati” di venerdì sera il lunedì mattina (ordinando i pasti in camera) senza essersi mai sfilati dal letto nel quale scoprì e godette follie erotiche supreme : due giorni e tre notti a letto con la femmina più conturbante che avesse mai pensata vera.
Sfortunatamente, dice, dovette rinunciare a tale e tanta partner dopo pochi mesi perché si era intanto immerso in problemi e responsabilità di una attività in proprio e perché cambiò zona e tipo di lavoro e che da allora non ne sa più niente, che non osa cercarla per non rubarsi l’incantesimo di un ricordo così bello da sembrargli un’invenzione, una favola troppo “sessuale”, sensuale e gustosa pure per lui che la ha vissuta.
Una amante vagheggiata, poi avuta e goduta che ricorda puttana totale, perfetta, come tutti desideriamo e vorremmo avere quando ci tira il pisello “di brutto” e abbiamo voglia di femmina vera, che lui ha avuto…
“Che io ho” : orgoglio di marito.
Maciste la racconta così bene anche per me che ne sono l’invidiato, insospettato marito che mi fà drizzare ed allupare come tutti.
“Ascoltata” : un altro modo per godere la mia eccitante, sensual metà, agognata, voluta da tutta “la banda” : orgoglio di marito.
Perciò ormai anch’io come tutti gli altri aspetto con impazienza il giovedì sera ed il racconto di Maciste per ritrovarmi più veri del reale la gnocca, le mani, il culo, le tette, la bocca e lingua di mia moglie che ci e mi inviperiscono il pisello, che ci e mi scatenano la voglia sfrenata di lei : orgoglio di marito.
Qualcuno incomincia a non resistere, a non riuscire ad attendere la privacy della sua stanza ed inizia a farsi una solitaria sotto il tavolo, ma che tutti “vedono”… poi un cazzo smanettato viene reso “pubblico”, alcuni lo imitano ed i tovaglioli raccolgono ben altro che il sugo del primo o l’unto del secondo.
“Sugo di piacere, unto di gusto”, spremuti dalla voglia di lei, di mia moglie : orgoglio di marito.
Tale straripamento dei comportamenti oltre gli argini del verosimile e lecito è figlio della “piena di piacere” provocata dai racconti eroticamente realistici del fortunato fruitore delle grazie di una femmina libidinosa e generosa datrice di troppo godimento… “con il culo poi ! ” sentenzia una sera Mario senza bisogno di dare un senso compiuto ad una frase tronca che dice già tutto e pur di più preparandosi a dare inizio ad un racconto dove protagonista sarà il talentuoso, genial culetto : silenzio… suspence… blando inizio di dodici seghe che saranno corollario e colonna sonora del nuovo, incipiente, sensuale racconto.
Sono seduto accanto al dicitore, no, sono nascosto “dentro” il culo di Erotica, quel goloso “buco del” che lui imita così : richiude tra di loro l’indice ed il pollice di una mano formando un anello, con l’altra impugna l’uccello e lo impronta nel… “forellino” contro il quale spinge e lo slarga, slarga, slarga… ma deve lasciare uno spazio libero di un buon centimetro tra dito e dito per far passare il randello che sta “piantando nel culo” di Erotica dove sprofonda tutto e io sono “nascosto lì dentro” e “vedo” bene come e quanto la incula e pistona : avanti-indietro, avanti-indietro e “vedo” bene quanto e come godono, ma appena il pistolone si concede una meritata pausa di riposo è il “forellone” formato dalle dita di Mario, il “buco del” della mia metà che scivola “lungo-attorno” al pistone : avanti-indietro, avanti-indietro, mentre Mario M. narra : – E fu in quel momento che accadde l’inverosimile, quel che io e il mio cazzo non volevamo credere perché ogni uccello scopa ed incula quando è scappellato, come l’avevo scopata e la stavo inculando, ma mi resi conto che il mio cazzo non era più scappellato, che era stato re-incappellato ! (dentro un buco di culo ? , ma come, ma da chi ? ) dal fiabesco “buco del” della sconvolgente donna nell’attimo stesso in cui mi ero concessa una tregua per rifiatare ! … ci rimasi addirittura male, ma ero così sbalordito, estasiato, trasognato dai fantasiosi “ricamini” che mi stavano facendo “anello e cilindro” del sensual culo attorno e lungo il cazzo incappellato che mi sembrò di essere diventato scemo per il troppo piacere ! … il visetto tutto rosso dal gusto della birichina s’era girato all’indietro e mi guardava gaio e sfottente e mi chiese : – Ti piace di più così – ma prima che potessi solo fiatare “zac” me lo ri-scappellò di culo ricamandomelo scappellato : – oppure così ? – un modo di farmi godere che mi tolse il fiato mentre i suoi occhi furbi e verdi si beavano dell’estasi che leggevano nei miei… l’armonioso culo me lo incappellava e risucchiava dentro fino alle palle, me lo scappellava sfilandoselo da dentro fino alla cappella… che culo ragazzi, un protagonista osceno, soave, lussurioso, talentuoso… quella femmina mi ha donata la cima più alta del piacere, prima e dopo la quale ho solo conosciute pianure ordinarie disseminate di scopate, inculate, pompini, spagnole seghe tutte uguali, banali – e gode e sborra “nel culo cima” di mia moglie : il tovagliolo di un ristorante, godono e sborrano tutti, anch’io, ognuno nel proprio tovagliolo, ma tutti “nel culo” di mia moglie : orgoglio di marito !
Leggo sui volti stravolti della “banda dei segaioli” la necessità spasmodica, la bramosia di avere, di fare “il culo del piacere”, il culo d’oro che tutti loro sognano di avere.
“Che io ho” : orgoglio di marito.
Ma purtroppo per tutti e menomale per me, Maciste non fiaterà mai !
Il racconto è finito, stordito ma orgoglioso abbandono “la banda della sega” e vado a letto sul quale mi stendo nudo e dove ricordo e rivedo (ricominciando da capo) Maciste che unisce indice e pollice formando una ellisse : “la figa” di Erotica, ha il cazzo duro e glie lo impronta… glie la slarga e allunga e sono seduto lì accanto, no ! , sono a cavalcioni del collo dell’utero della gnocca di mia moglie e “vedo” il cazzo che la penetra e la monta e quanto e come godono ! , poi “vedo” la topa di mia moglie che con figate travolgenti e “istruite” cavalca e monta, dettando i ritmi del piacere, Mario e quanto e come godono, “li vedo e ci godo”, ma quando aggiungo al ricordo la visione del cazzo di Maciste che fà il culo a mia moglie e il culo della mia signora che ricama il cazzo di Mario risborro a fontana : orgoglio di marito.
Quando racconta mia moglie Maciste ha il cazzo sempre duro, sembra modellato e colato nel cemento che ha fatto presa, anche volendo non riuscirei a fare a meno di vederlo, seduto come sono accanto a lui per tradizione e di misurarglielo “ad occhio” in lungo e in largo, e di conseguenza circonferenza e profondità della figa e del “buco del” della mia metà, capienti “siti da gusto e da sborra” dati e presi : orgoglio…
Continuo a ricordare : indice e pollice ad anello di Mario sono “la bocca” della mia donna che circuisce, imprigiona, scivola lungo e rotola attorno al cazzo di Maciste che racconta : – Che bocca ! , un caldo forno che ti cuoce nel piacere ! , che lingua ! , lieve come una farfalla, violenta come una pala, sinuosa come una serpe che ti si attorciglia attorno all’uccello, ma senza percorrerlo “su e giù” come fan tutte le donne che fanno pompini, no, la sua bocca resta ferma attorno alla sola cappella, o a un pezzo, o a metà, o a tutto l’uccello che sta suggendo lubrificando, indurendo, allungando, ingrossando, divinizzando, mungendo e senti che si avvicina “la morte per troppo gusto”… quando fà un pompino è “l’ora del delirio” e, vi assicuro, non ho avuto tempo per morire quando la prima volta mi ha preparato l’uccello per farsi e farmi godere come vuole e piace a lei”… coi denti mi ha circondata strettamente la base della cappella, le labbra si sono chiuse ermeticamente attorno ad essa, le guance si sono profondamente incavate verso l’interno e con un risucchio da “urlo di dolore e di piacere” ha creato attorno alla mia “povera” cappella il vuoto assoluto e dal cuore, dal cervello, dalle ghiandole sessuali, dalle arterie, vene e capillari più lontani ha tirato in una sola direzione e luogo, nel mio spaurito uccello tutto l’ossigeno e il sangue, tutti gli ormoni ed i nutrienti sparsi nel mio corpo riversandoli in lui che divenne “eterno”, che restò duro, vitale e resistente mille volte più del suo normale ! , e dopo tanto e tal bocchino credo di averla montata ed inculata all’infinito… no, non ce l’ho fatta, ma ho goduto fin oltre l’infinito ! –
Io continuo a goderne e a ricordare che definì “feroce” il gusto che provava quando la mia a tutti ignota metà gli faceva i pompini normali, cioè non quelli per preparargli il pisello per farsi scopare e inculare “come piace a lei”, ma per farlo godere e venire oralmente, un altro incontro con la pazzia perché la mia porcellina lo faceva venire e si faceva sborrare ovunque ma non mai in gola perché lei non beve il “latte munto”… sì, è proprio così, è vero ed io lo so bene, alla mia donna piace guardarla zampillare la sborra, lavarsene mani, collo panciotta, riempirsi l’ombelico, farsi pitturare le chiappe, riempire il “buco del”, ma non berla… io sono lì accanto e… no, sono nascosto “dietro le tonsille di mia moglie” e guardo e vedo bene il pompino che gli sta facendo, Maciste gode e sborra in un tovagliolo macerato, tutti godono e sborrano, io, privilegiato dalla posizione, più e meglio di tutti : orgoglio di marito !
Ma leggo nel pensiero del narratore la voglia e la determinazione di riprendere il discorso con certe… “zone di lavoro”.

DUBBI E CERTEZZE
Al primo duro impatto con le eccessive, dissolute avventure sessuali vissute dalla mia mogliettina senza una pur minima, pudica rete di protezione sapute dai racconti senza censure di Mario, volevo strozzarla, al secondo picchiarla, al terzo sgridarla, adesso non posso nemmeno più fare a meno del piacere segreto che mi fanno provare le confessioni di Maciste e diviene sempre più pressante la tentazione di chiedere conferme o smentite alla mia metà, così, tanto per sapere (almeno quello ! ) se davvero ha goduto e fatto godere così tanto questo maschio… e se fossero un’invenzione, un’esagerazione ? … magari sì una serie di “incontri” tra lei e lui ma normali o addirittura banali e trasformati dalla fantasia e dal tempo in eccezionali ?
Parlargliene ? , vorrebbe dire annebbiare l’ambiente da cospirazione ricco di suspence erotica nel quale il Mario ci immerge il giovedì, mi ruberei il fascino sensuale dei suoi racconti, ma una sera che sto godendo impudicamente “tutto” il porno corpo di Lei, ebbro di scandaloso piacere, non ce la faccio più e “vuoto il sacco”.
La mia signora, che sta ancora godendo, dapprima pare non capire o sapere, ma quando è mentalmente e fisicamente libera dall’orgasmo si ricorda e : – Ah sì, Mario… episodi dimenticati, un bravo ragazzo, serio, “conosciuto e scopato” una sera che avevo avuta la certezza che un vero stronzo che giurava di amarmi alla follia era solo, appunto, uno stronzo… io ero triste, invelenita, lui straripava da tempo dalla voglia di farmi, lo so, anche se non aveva mai “confessato”… me lo propose quasi per scherzo, con un po’ di impaccio, lo vidi indifeso, tenero, lo sapevo serio, leale, ero sconvolta, decisi di premiarlo e di vendicarmi e ora ricordo, mi sono fatta portare a letto di corsa e feci un affare perché ha un… “affare” ! , proprio quello che mi ci voleva in un momento come quello ! … un montone che mi ha fatta godere anche l’anima in quel periodo… lui come l’amico comune Gustavo… i misteri della vita : io li avevo dimenticati, persi e tu me ne hai ritrovato uno… che piacere però sapere che Mario mi racconta agli amici ed a te pubblicamente si, ma tenendomi ben chiusa e protetta dentro di lui come se fossi un gioiello da difendere dalla rapacità dei “ladri di gusto”, una patente di discrezione, di serietà, di onestà per lui, per loro e per me, due cari ragazzi e davvero per bene Mario e Gustavo ! –
Il suo racconto, onesta conferma, è finito, e io “non ho parole per… me ! “, sono allibito perché ha parlato… “al plurale” ! … pure Gustavo ?
“Plurale” ? , Mario più Gustavo ? … ma non sapevo “che anche lui”… anzi, aspetta, fammi scavare dentro una chiacchierata nata tra me e Mario al bar nel frastuono creato dal vociare degli astanti e dall’audio del TV troppo alto… si parlava di “triangoli” e : – E una bella notte io, una lei e Gustavo ci siamo trovati per caso nella stessa stanza, in un solo letto e come due ragazzini birbantelli e una bimbetta sbarazzina abbiamo giocato “al dottore” con l’innocenza tipica dei bambini, l’abbiamo “messa in mezzo a noi due” e non ti dico quanto e qual gusto ci siamo pappato tutti, un fatto nato dal niente, con spontaneità e naturalezza disarmanti… – (una nebulosa chiacchierata alla quale non avevo dato alcun peso perché non sapevo certo che… “una lei era… lei”).
Scoperto che due colleghi gli avevano “impaninata” la moglie anche se solo da signorina, un geloso l’avrebbe assassinata, un rissoso picchiata e cacciata, un benpensante ripudiata, io che non so “chi e come” sono, spinto da una molla della quale non conosco ancora proprietà, motivazioni ed origini, naturalmente, spontaneamente le ho spalancata la figa e glie la ho baciata, schiuso il buco del culo e baciato… leccata e leccato… scopata e “scopato”, goduta e goduto, fatta godere “di qua e di là” tanto, l’ho letto nei suoi occhi verdi carichi di birichina riconoscenza.

EPILOGO
Una sera rientro, mi chiudo la porta alle spalle, guardo in sala da pranzo e la vedo apparecchiata, ma con un coperto in più.
– Tra poco arriva un ospite-sorpresa – spiega mia moglie al mio sguardo-quesito – doppia ! , per te e per lui ! –
Cinque minuti dopo “driiin” e mi giungono dall’entrata esclamazioni cordiali, saluti scambiati, mi affaccio curioso e vedo lei ed un lui abbracciati, un mazzo di rose offerte, bacetti poggiati sulle guance dell’uno e dell’altra e “muoio” d’infarto, annaspo dentro una sorpresa terribile : mia moglie è proprio matta ! , mentre Maciste, sconvolto, vacilla quando mi mette a fuoco.
– Mario, ti presento mio marito – lo “pugnala” lei sorridente.
– Cara, ti presento un mio collega ed amico : Maciste – gli “sparo”.
Lei ed io già ridiamo divertiti, lui, bianco e flaccido come un cencio, respira a fatica, sembra non farcela a superare tanto imprevisto, stenta a capacitarsi, a riprendersi, a capire e crolla con un po’ di fortuna sulla vicina poltrona… gli ci vorrà tutto il tempo della cena ed il secondo cognac per superare shock ed evidente disagio, per rendersi conto che noi siamo “normali” e perfettamente consapevoli, finalmente ! ,
Stiamo parlando, fumando, ma arriva Lei inguainata in un body rosso-fuoco velato che infiamma, inaspettata, sensuale, erotica, pronta, l’ospite Mario sempre più mentalmente e fisicamente sbrindellato.
Prende per mano la soggezione-Maciste, lo trascina nella stanza degli ospiti, lo mette a letto, lo spoglia piano-piano, come un fanciullo, ma tutto !
Nel piccolo ospite dal grande randello riaffiora la sicurezza, la voglia esplode nelle mani, nelle lingue d’ambedue, nell’uccello già duro di Mario, nella figa già bagnata di mia moglie e stanno per dare vita ad un “quel numero” esemplare, impudente, lussurioso.
Li guardo e penso : “Finalmente vedrò dal vero quello che fino ad ora ho solo ascoltato”, ma decido di botto tutt’altro e, cosa che non facevo da tempo, esco e vado al circolo de “Gli amici di Bacco e di Venere” a bere, a giocare a carte, a sparlare di questa e di quello, a litigare di calcio e di politica fino alle tre passate.
“Peccato averli lasciati a letto a godere da soli, perché da quanto saputo deve essere un vero spettacolo a guardarli… ma così ho fatto, avrò fatto bene ? ! ” mi chiedo salendo in macchina per tornare a casa rendendomi finalmente conto che dovrò farmi delle domande, darmi delle giustificazioni, sfidare il mio rovello : – A proposito di guardare, il marito che sta a guardare è forse un uomo beffato, un maschio umiliato ? , no ! , anzi, perché è lui che dona la sua “cosa” preziosa all’estimatore del bello, la sua femmina al fruitore e fornitore di piacere per un’ora, per una notte, per dieci ore, per dieci notti, è “il proprietario” che conduce il gioco, chiara affermazione di possesso reale, di forza vera, di potestà legittima – mi dico.
E adesso credete pure ciecamente ai vostri occhi se continueranno a leggermi, al vostro intelletto che si farà incredulo perché porterò a sostegno della mia tesi auto-assolutoria un esempio chiaro ed alto, che si perde nelle notti dei tempi, ma che è storia di vita, leggenda-verità, patrimonio intoccabile, universale.

Artù, re dei bretoni, visse e regnò intorno al 500 e con i suoi fidi e devoti cavalieri si battevano eroicamente superando grandi ostacoli di ogni sorta per due motivi dominanti : per conquistare i favori di belle dame (libere, fidanzate o mogli che fossero) e per affermare la fede (è bene tenerseli buoni i preti, non si sa mai).
E adesso beccatevi questa colta (e “rompi” ? ) disquisizione :
Nello studio della saga arturiana sono d’accordo su ciò che scriverò per voi sia i ricercatori della versione celtica che quelli della bretone, accertando con prove, scrivendo ed asserendo che ad ogni anno, dopo il banchetto della festa della Primavera e della Cavalleria, Re Artù esortava e stimolava la bellissima e biondissima consorte e regina Ginevra a salire sulla tavola rotonda (simbolo dell’ideale cavalleresco e rotonda perché i cavalieri riuniti attorno ad essa erano tutti uguali) ad esibirsi in uno spogliarello integrale in onore e per il piacere del regal consorte e dei baroni lì riuniti (ne fosse mai mancato uno ! ).
La tavola era rotonda.
I baroni-cavalieri erano tutti uguali.
Ma Arturo lo era un po’ di più.
Lui era “Re Artù”, lui aveva certo di già ostentati la sua sontuosa reggia, le sue opere d’arte, i suoi ori e gioielli, la sua potenza economica e militare, tutto il suo potere agli invitati… la sua biondissima, bellissima moglie-regina era l’ultimo e più prezioso suo gioiello che stava offrendo, regalmente munifico ai boccheggianti commensali, baroni e cavalieri come sigillo supremo.
Un atto di forza totale, di potestà illimitata, reso ancora più emblematico e vero da quanto danno per scontato nei loro poemi Maria di Francia e Chretien De Troyes (che non vuol dire “cretino figlio di troia”) che, invero informatissimi, sostengono che Lancillotto era certo il più bravo, intrepido e forse invincibile spadaccino di quei tempi, ma anche e soprattutto il da tutti riconosciuto amante “legale” della bellissima, biondissima Ginevra, ma poiché “la tavola era rotonda e tutti i cavalieri erano uguali” forse… forse ogni tanto Ginevra… esagerava ?
Volete altri esempi inconfutabili ? , maschi e femmine ancora increduli, scalate l’Olimpo e date una spiatina a cosa combinavano “in celo e in terra” gli Dei ! , fate un viaggio in Oriente e date un’occhiata ai bassorilievi che ornano tanti Templi se volete sapere cosa sono le orge, andate a curiosare nelle segrete dei musei dove tengono ben nascoste le suppellettili di uso comune : i vasi dove si conservavano le vivande, i piatti dove si mangiava, le ciotole dove si beveva normalmente in tutte le case dei “bei tempi andati” e guardate le figure in esse disegnate in pose ed atteggiamenti altrettanto di uso comune se volete imparare cosa sono le congiunzioni e le penetrazioni multiple, vere collane sessuali !
Oppure accontentatevi di poco, fermatevi in edicola e comprate “Le Ore” o “Fermo Posta” o altro periodico hard e imparatevi cosa succede adesso, tra di noi, nell’appartamento o nella casa di fronte, nel condominio di A o nel letto di B.

Ben “protetto” da tali esempi torno a me che, scambiato l’ultimo sfottò con gli assonnati e forse un po’ ebbri amici del circolo, sotto un cielo che sta già rischiarando, sedutomi in macchina e chiuso fuori il frescolino tipico dell’ora, sto dirigendomi verso casa ai trenta all’ora, “libero ed assolto”, rimembrando il brillio degli occhi di Mario Maciste, denudato e steso sul letto, sgranati sulle belle tette della mia metà, quelle tettone così ardite che sostengono i reggiseno che talvolta le velano, o schiusi sulla figa che gli ha scavalcato il volto stralunato sul quale si abbassa sempre più spalancata, o imbambolati sulle culatte sensuali e maiolicate che si allargano sempre di più per ostentargli il goloso “buco del” generosamente osceno.
“Vedo” tremule, lievi carezze di dieci polpastrelli che vagano ancora indecisi sul grilletto, lungo grandi e piccole labbra, dentro la gnocca, che attraversano il perineo e lisciano, accarezzano e palpano candide culatte, che indugiano sul birichin bocciolo della mia Lei… perché mai non urlo di piacere quando la lingua di Maciste “ara” e stravolge le mucose di una figa sempre più figona, quando bussa, tenta, punzecchia a lingua l’osceno, grazioso “buco del” della mia cara signora ? … e quando la lingua torna ad arare la gnocca, il plissettato bocciolo non resta lì solo ed abbandonato, ma viene dolcemente masturbato da dito medio altruista e porco mentre la boccuccia, la linguetta, i dentini, le manine, le tettone della mia Dea del Piacere gli fanno un pompino con sega e spagnola “incorporati” sontuoso, voluttuoso, che ingrossa, allunga, indurisce il cazzo di Mario per farlo e farsi godere come e per quanto vuole e piace a Lei.
Non dovevo scappare, ma restare, guardare e “godere in diretta” !

Sono rientrato, mi avvierò verso la stanza degli ospiti che è ancora illuminata, mi affaccerò… la mia sfatta, appagata metà starà mungendo con “il buco del” il cazzo del mini amico anche lui sfatto e godente, Mario le starà ribattendo nel culo uccellate che fanno “sciaff”, staranno godendosi un orgasmo stellare, ormai lui sarà senza sborra, ormai lei non avrà più niente da mungere… o la starà scopando… o lo starà montando… o staranno “orgasmando”.
Sì, ho fatto proprio bene ad andare al bar !
Non vedo l’ora che venga giovedì sera per guardarli, vederli, sentirli, goderli nel racconto di Maciste, assieme agli amici della brigata del giovedì.
Ma adesso leggete questa, un’altra “prova” che ho pescata in difesa del modo di essere e del comportamento sessuale del mio “io”.

Dal “DE AMORE” o “DE HONESTE AMANDI” di Andrea Cappellano (1186).
Amore, che governa l’universo intero, prima giudica le donne giunte nell’aldilà poi conduce quelle che con intelligenza e vera prudenza hanno accordato i “loro favori” a maschi di apprezzato valore, vera lealtà, serietà e discrezione, in un giardino meraviglioso dove cresce l’Albero della Vita e della Felicità eterni ma lascia fuori dal giardino, sotto il sole rovente e bagnate dalle acque gelide di limacciosi laghi quelle che si sono date ad ogni sorta di inaffidabile amante e siede alfine, oltre a lasciarle fuori al caldo e al freddo, addirittura su fasci di spine le frigide e tutte quelle che hanno rifiutato ai maschi che glie lo han chiesto il “Servizio d’Amore”
Chiara la… “morale”, no ? !

Il destino che attende la mia signora (tra mille anni! ) nell’Aldilà è la dolce ombra dell’Albero della Vita nel meraviglioso Giardino dove regnano il Piacere e la Felicità eterni, questo lo so.
Conosco tutte (o no ? ) le sue “birichinate sessuali” e personalmente alcuni dei protagonisti delle stesse (Mario docet) e da tutt’esse ricavo, soddisfatto, una certezza : che la mia metà ha scelto, sceglie e sceglierà i maschietti che ha voluti, vuole e vorrà con pignoleria ed oculatezza dotati di sessualità forte e di classe sì, per il piacer suo e mio, ma sopratutto uomini ricchi di note virtù morali di prim’ordine perché così facendo Lei è stata, è e sarà sempre una donna pudica, seria, onesta, virtuosa, “portata ad esempio” da tutti e per tutti.
Orgoglio di marito.
Che gode quando Lei gode, sempre, ieri notte mentre la “amavo” io, adesso che la ha appena “amata” Mario, domani e sempre “come, quanto e perché” ancora non so, che gode “in dodici” quando Maciste la racconta a tavola, di sera, dopo cena, nei giovedì “adriatici”.
Come Re Artù godeva Ginevra, come godevano gli Dei dell’Olimpo e gli orientali effigiati nei bassorilievi dei templi, come godevano, godono e godranno sempre gli umani di ieri, di oggi e di domani.
Le donne sono femmine.
Le donne, femmine veraci sono tutte puttane (intendo per puttana colei che gode e fà godere il tombeur che ha scelto e non per offenderla ! ) ma per il volgo lo è (e puttana diventa… puttana) colei che non sa scegliere, di conseguenza i maschi (stronzi) che se la fanno vanno in giro a sparlarne, a dileggiarla e così la gente “proba” la può additare e bollare : “Quella lì è una puttana ! “.
E Amore la schiaffa (a ragione ! ) al sole, al gelo e col culo sulle spine !
Così impara.
Ma mia moglie no.
Perché Lei è geniale prima di tutto nello scegliere poi, a scelta fatta, anche a letto, e lo è così tanto da far godere addirittura chi “la ascolta” provocando una… “rissa” di seghe !
Ed è proprio ascoltando, vedendo e godendo il piacere che instilla in tutti noi dodici commensali la mia metà (grazie! ) solo a sentirla raccontata che io-marito ho deciso di “descriverla e di scriverla” per centoventi lettori… ma no, per milleduecento ! … no-no, per dodicimila ! … no-no-no, per centoventimila !
Per goderla tutti insieme.
Ringraziatemi, lettori !
Orgoglio di marito.
Ma per ottenere questo devo continuare a descrivere e scrivere per voi e per me quel che ho guardato, visto e goduto dopo esser tornato dal circolo.
Non ho il coraggio di raggiungere e soffermarmi sulla porta di “quella” stanza, di guardare dentro… mi invento una cosa e vado in cucina.
Dopo soli cinque minuti sono coraggioso ed entro nella loro stanza con tre caffè fumanti nel vassoio, Maciste, schiena poggiata alla testiera, è seduto sul letto a gambe distese, unite, sulle quali Lei è a sua volta seduta, il suo “buco del” nasconde dentro di se un invisibile pisello, la “borsa porta palle” del collega forma un largo anello schiacciato che sembra la base fatta apposta per sostenere il bel culo della femmina, ma è anche il confine che divide il glabro candore di due burrose culatte dalla peluria delle cosce maschie… la mia cara signora ha cosce e gambe aperte avendo poggiati i piedini sul letto ai lati delle cosce di Mario, in tal positura la sua gnocca è spalancata… annuso l’odore di mielosi umori che ben conosco, l’afrore del seme di Mario che ormai conosco, il profumo di tre caffè che entrano e si confondono nelle mie narici, sto de-gustandomi il piacere olfattivo, i loro volti sono soavi, poggiati guancia a guancia, i loro occhi mandano lampi di piacere goduto, le braccia di Mario la avvolgono, le mani la allacciano al di sotto delle belle tette, appena sopra i peli “insaponati” che ombreggiano la madida cocca “piangente”, un suo dito gioca nell’ombelico : un quadretto “casto”, protettivo, famigliare.
Tutto questo vedo, ammiro ed apprezzo nei pochi attimi che resto fermo sulla soglia col cabarèt in mano accolto dalle esclamazioni di sorpresa e di gioia per l’inatteso dono ristoratore che sto offrendo loro, che dividerò con loro.
Poggio il vassoio sul comodino, metto due cucchiaini di zucchero nella tazzina per mia moglie, uno in quella per Mario, rimescolo il mio già zuccherato, porgo “le fumanti” a Lei, all’amico, a me stesso, mi siedo sulla sponda del letto, sorseggiamo la calda bevanda, mi chiedono delle ore che ho trascorse al circolo con la gaiezza e la semplicità che legano marito e moglie + amico-collega… li guardo : quattro cosce, gambe e piedi, due teste e due volti, quattro occhi, quattro braccia, due corpi ben saldati in uno solo dal cazzo-in-culo formano una “divinità orientale”, accendo tre “MS”, una per Lei, una per lui, una per me, fumiamo, chiacchieriamo della ormai quasi intera notte che han trascorsa a letto a “farsi” e a godere con la gioia, la complicità e il piacere che accomunano un amico-collega + moglie + marito.
Respiro, odore di sigaretta, di “latte” di Mario, profumo di caffè, di “miele” di Lei, ho la voglia, la necessità impellente di mescolare a loro l’aroma del mio “liquore”, di prendermi una sbornia di gusto.
– è quasi mattina, la hai “amata” per ore e ce l’hai ancora duro ! … mi sembra inverosimile – osservo.
– Guarda un po’ ! ? – mi risponde per lui la mia mogliettina che pigia i pugnetti sul letto e si aiuta a sollevare il culo da dove è poggiato, la borsa di Maciste da schiacciata diventa normale, i coglioni riprendono la loro forma e dimensioni l’anello “buco del” di Lei che fascia il cazzo di Mario si alza lentamente, vedo una sempre più lunga quantità di esso… dalle palle alla “cappella prigioniera”… è ancora duro e mi sfugge una esclamazione di sorpresa… ho l’uccello in mano, l’amico riaffonda il suo “là” dove era, “mi dovrò fare una sega”, mia moglie si mette alla pecorina con il montone avvinghiato alla schiena che la incula con funamboliche impistolate, il genial culo glie lo incappella e ricama, scappella e palpeggia, incappella e munge, scappella e sugge, il maschio “piange” gusto, la femmina pure.
Glie lo estirpa da “là”, glie lo ficca nella fragola, la monta…
Glie lo cava dalla figa, glie lo pianta nel culo, la incula…
La incula, la monta, la incula, la monta…
Godono e sborrano, sborrano e godono : come folli.
Godo e sborro, sborro e godo : come un folle.

“Tendere a godere attraverso il gusto di un’altro rivela generosità, superiorità perché l’Io umano si innalza ben al di sopra del calcolo egoistico e ne trae piacere”.

Scopate, Piacere.
Inculate, Gusto.
Odori. Profumi. Aromi. Sbornia afrodisiaca.
Sfioramenti pudichi. Carezze audaci. Palpamenti lascivi.
Sensazioni eccitanti. Bacetti casti. Bacioni osceni.
Linguatine voluttuose. Leccatone libidinose. Sapori esaltanti.
E sogno : Contatti sessuali. Penetrazioni multiple.
L’uccello di Mario che “gioca contro” la figa di Lei.
Il mio pisello che “gioca contro” il culo di Lei.
La gnocca della mia metà che gioca “contro” il mio cazzo.
Il “buco del” della mia signora che gioca “contro” il cazzo di Mario.
Gioioso, cameratesco, comune erotismo.
Il Paradiso adesso è qui, è dentro la sua figa mentre io la monto e Mario M. la incula, è dentro il suo “buco del” mentre io la inculo e Maciste la scopa… lo annuso e assaporo quando le lecco figa, tette e culo, ho guardato il Paradiso prima di andare al circolo, ho visto il Paradiso quando sono tornato, “sono” in Paradiso adesso che siamo in tre, sono in Paradiso ogni volta che lo faccio, ci sarò ogni volta che lo farò, volo in Paradiso tutte le volte che la fan godere, che li fà godere, ascolto il Paradiso all’Adriatico nei dopo cena dei giovedì quando Mario, detto Maciste, ci racconta quel che ben sapete.
Ho letto in un trattato di sessuologia che : “La carica invincibile dell’Eros dona il diritto di essere LIBERI creando legami sublimi ed infimi, espliciti ed ambigui che danno vita a preferenze che sono strettamente personali (etero, omo, o promiscue che siano) e perciò stesso LIBERE, NATURALI, PURE, perché seguono le inclinazioni di ogni EGO”.
E mi sento a mio agio. FINE

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