Sara era una bella donna

Non raffinatissima, forse; un po’ in carne, se vogliamo; qualcuno l’avrebbe potuta definire addirittura grassa, ma ormai, diciamocelo, non se ne può più di quelle anoressiche modelle tutte ossa e silicone.
Quindi, ripeto, era una bella donna.
Con splendidi occhi azzurri e una pelle d’alabastro, specie sul collo, con un lieve accenno di doppio mento, e giù fino all’attaccatura del seno.
Aveva belle labbra rosse, anche, e tumide, mentre il naso, grosso alla base, aveva una forma volgare.
Portava i capelli castani raccolti sopra la testa; la nuca e le orecchie -piccole e sensuali- rimanevano scoperte.
Non era alta, nè certo slanciata; una venere steatopigia dai seni e dai fianchi ampi e voluttuosi.
Era stata assunta da pochi giorni in casa del Dott. Cavalli, un notaio quarantenne affermato e piuttosto ricco con una bella moglie che esercitava la professione di avvocato.
Avevano una villa grande dove già lavoravano a servizio una cuoca e una governante che non riuscivano a far fronte a tutti i lavori che erano necessari; si era pertanto deciso di assumere un’altra donna di servizio per i lavori più faticosi.
La scelta era stata fatta dall’Avvocato, su segnalazione della governante, che le aveva presentato una giovane sposa, parente di alcuni suoi cugini alla lontana, che non se la passava molto bene -il marito lavorava molto saltuariamente- e aveva bisogno di guadagnare.
Il notaio la vide per la prima volta un giorno che era rimasto a casa a lavorare nel suo studio una mattina.
Aveva una pratica molto delicata da svolgere e aveva preferito rimanere in casa per rimanere più tranquillo.
La vide arrampicata su una seggiola mentre si sollevava sulle punte dei piedi scalzi per spolverare i libri di uno scaffale.
Passandole vicino non potè fare a meno di osservarle le gambe, bianche come l’avorio, scoperte sino a metà delle cosce.
Più tardi, lei entrò nel suo studio per portargli il caffè.
Le rivolse la parola cortesemente:
“Lei è la nuova cameriera? ”
“Sì, la nuova donna di servizio, dottore”
“Donna di servizio? Bene, bene. E come ti trovi? ”
“Sono solo pochi giorni; ma bene, dottore, sono proprio contenta. Anche della paga, sa? ”
Le osservò gli occhi di un bel colore azzurro e la pelle del collo morbida e turgida, tesa sino al seno che si sollevava ritmicamente sul suo respiro affannoso. Sembrava emozionata.
La congedò, senza mancare, prima di chinarsi di nuovo sulle carte, di osservarle da dietro i glutei ondeggianti sotto il vestito leggero.
Dopo un po’ cominciò ad avvertire una strana sensazione.
Aveva un forte desiderio di rivedere quella donna; sentiva una vero e proprio bisogno fisico di riaverla vicina, il solo pensiero di lei gli aveva provocato un’erezione.
Si diede dello scemo, poi telefonò perchè gli portassero un altro caffè.
Quando arrivò la governante gli venne quasi un attacco di nervi.
Le disse di lasciare lì il caffè, che non bevve, e si alzò stizzito in cerca della cameriera. La trovò intenta a lavare i vetri nel salone.
Le si avvicinò da dietro e l’abbracciò tastandole i seni e facendo aderire il suo ventre ai glutei di lei.
La sentì fremere, poi la baciò sul collo che sapeva di sapone.
Dopo un istante lei si divincolò, lo guardò con sguardo supplichevole e scappò via piangendo.
Rimase lì in piedi come un cretino, pieno di vergogna, chiedendosi se qualcuno l’avesse visto.
La mattina dopo decise di rimanere ancora in casa.
La cameriera tornò portargli il caffè.
Con sua sorpresa notò che non appariva per niente turbata nè imbarazzata, anzi sembrava truccata in modo più accurato e aveva la camicetta sapientemente sbottonata.
“Credo”, cominciò, “di dovermi scusare con lei per ieri.
Posso assicurarle che è la prima volta che mi capita una cosa simile.
Non so proprio perchè mi sono comportato così”.

Lei sorrise:
“E pensare che Lei ha una moglie così bella, così fine. Io non posso davvero competere. ”
“Sì, ma non è quello. è che non ci si può lasciare andare così. Non so come scusarmi, davvero. ”
“Ma non si deve scusare con me. All’inizio mi sono sentita un po’ offesa. Poi, ripensandoci, ho pensato che se un uomo come lei si sente attratto da una come me, la cosa, beh, un po’ mi lusinga. ”
Le prese le mani e l’attirò a sè.
La fece sedere sulle ginocchia e prese a baciarla.
Lei rispose al bacio con una sensualità ed un trasporto che lo sorprese.
Aveva una lingua grossa e dura che si muoveva a scatti come un piccolo animale e che scavava, esplorava i più luoghi più reconditi della sua bocca, la saliva colava sul suo mento.
Le aprì la camicetta, le abbassò il reggiseno e le scoprì i capezzoli, larghi e scuri che succhiò a turno.
Lei rovesciò la testa all’indietro, mugolando di piacere.
Le dovette tappare la bocca.
Si alzò ed andò a chiudere la porta.
Si portarono sul divano.
Fecero tutto in fretta.
Lui le tolse le mutande, le sollevò le gambe per aria e la penetrò.
Era calda e bagnata, eccitatissima.
Bastarono pochi colpi per farla venire con un grido soffocato.
Lui era troppo nervoso ed emozionato.
Estrasse il membro ancora rosso e duro.
Lei se ne accorse.
Gli prese delicatamente il membro tra le mani.
Guardando l’uomo negli occhi se lo mise in bocca e prese muoversi delicatamente su e giù solleticandogli la punta con la lingua.
Ogni tanto lo guardava per vedere se stava godendo.
Era consapevole che gli stava facendo provare sensazioni dolcissime, un piacere immenso.
Lo portò all’orgasmo lentissimamente, facendolo impazzire, poi quando lui cominciò a venire con scatti nervosi, estrasse il membro dalla bocca e lasciò che lo sperma le si spargesse sulle labbra e sul mento.
Gli sorrise.
Qualcuno bussò alla porta.
Lui chiese
“Chi è? “.
“Dottore, la sua signora” disse la governante.
“Arrivo! ” disse il dottore.
La cameriera si era rivestita in un batter d’occhio, si era pulita lo sperma dalla faccia con un fazzoletto e gli aveva dato un piccolo bacio sulla bocca.
Poi uscì dal terrazzo.
Si ricompose ed aprì la porta per fare entrare la moglie.
“Come mai ti eri chiuso dentro? “, chiese l’Avvocato.
“Devo fare un lavoro molto riservato. Non volevo che entrasse nessuno. ”
“Quanti misteri! ”
Gli diede un bacio superficiale sulle labbra.
Si chiese se avesse potuto sentire l’odore di lei, odore da cui lui adesso si sentiva avvolgere completamente.
Il giorno successivo lui dovette tornare in ufficio, ma il desiderio di lei non lo abbandonò neppure per un momento.
Telefonò a casa un paio di volte ma gli rispose sempre la governante e dovette inventarsi qualche scusa.
La sera ritornò a casa molto tardi.
Cenò con la moglie, andarono al cinema e, al ritorno fecero l’amore.
Per riuscire a godere dovette pensare alla cameriera.
Il mattino dopo in uffico ricevette una telefonata: una certa Sara gli dissero, stava per far rispondere che non era in ufficio, poi gli venne un lampo di comprensione e se la fece passare: era lei.
“Scusi, dottore, se l’ho chiamato, ma volevo sentirla”.
“No, hai fatto bene, ti avrei chiamato io. Sara è il tuo nome? ”
La sentì ridere.
“No, mi chiamo Marta, ma ho pensato di dare un nome diverso. ”
“Sara mi piace: se vuoi d’ora innanzi per me tu sarai Sara”
“Se le fa piacere, per me va bene. La amo così tanto. ”
“Anch’io e ti desidero pazzamente”.
“Quando ci possiamo vedere? ”
“Domani pomeriggio, tu sei libera, vero? ”
“Sì, sono libera”.
“Abbiamo una casa a venti chilometri da qui. Fatti trovare davanti al Teatro municipale, in Piazza Agosta, hai presente? alle quattro, ti vengo a prendere”.
Nuda e sdraiata sul letto sembrava ancora più bella.
Bianca di carnagione com’era con quella gran massa di capelli castani sciolti, il pube folto, le ascelle non rasate.
Aveva seni grandi e sodi e fianchi generosi.
Dopo averla baciata, leccata, morsichiata dappertutto, l’aveva alla fine penetrata, portandola all’orgasmo assieme a lui.
Era una donna di una sensualità straordinaria che traeva piacere dall’amore
senza pudori e senza svenevolezze, concedendosi senza ritegno, raggiungendo l’orgasmo più e più volte con facilità.
La scopò per la seconda volta fino a farla bagnare nuovamente, poi le chiese di girarsi.
Aveva un culo suntuoso.
Le separò le natiche per raggiungere il buchino che leccò e cercò di violare con la lingua.
Lei alzò i fianchi e si puntellò sui gomiti per agevolargli il compito.
Le entrò ancora nella vagina per lubrificarsi il membro con gli umori di lei, poi provò a premere sull’apertura più stretta.
Gli disse di farlo
“Dai, subito, cosa aspetti? “.
Spinse un po’ di più facendolo entrare per un quarto.
Con le mani le solleticava il clitoride.
Diede un colpo di reni e fu dentro. Lei diede un grido.
“Ti faccio male? ” le chiese.
Non rispose, ma era evidente che sentiva tutt’altro che male.
Si scaricò tutto dentro di lei.
Poi rimase a lungo, appisolato a giacere sulla sua schiena.
Gli doleva il membro.
Si assopì.
Si risvegliò poco dopo. Lui adesso era sdraiato a bocca in giù e lei gli era sopra.
Gli accarezzava i glutei.
Piano, piano, gli fece entrare un dito nell’ano e cominciò a penetrarlo, mentre con l’altra mano lo masturbava.
Si lasciò sodomizzare in questo modo finchè non venne nuovamente nella mano di lei.
Lei voleva godere a sua volta e gli chiese di leccarla.
Si gettò su di lei avidamente.
Aveva un odore acre ed un sapore lievemente amaro.
La leccò per alcuni minuti mentre lei pronunciava parole sconnesse frammiste a rauchi gridi.
Quando la sentì fremere su tutto il corpo come pervasa da una scossa elettrica si sentì felice.
Glielo disse.
Lei gli disse “Ti amo”.
Era la prima volta che gli dava del tu.
La sera giunse a casa sfinito con il membro che gli doleva.
Si accoccolò nel letto in un angolo, farfugliò qualche scusa alla moglie e si addormentò pensando a lei.
Continuarono a vedersi almeno due volte alla settimana, nella casa di campagna.
Quando lui era particolarmente stanco e stressato dal lavoro lei si limitava a prenderglielo in bocca e a farlo venire lentamente mentre lui giaceva sdraiato con gli occhi chiusi.
Se poi lui si addormentava, si masturbava accanto a lui e si sentiva ugualmente felice.
Era soltanto gelosa della moglie.
Lui, ormai, considerato anche la loro intensa vita sessuale, aveva di molto diradato i rapporti con la moglie, ma talvolta non poteva proprio sottrarsi, anche per non indurla in sospetto.
A Sara, però, non piaceva neppure questo e non mancava di dirglielo.
Era in questo possessiva.
Lo considerava il suo uomo e lo pretendeva tutto per sè.
Una volta quasi litigarono per questo e lei arrivò a ricattarlo: se non avesse cessato subito di avere rapporti sessuali con la moglie non sarebbe più uscita con lui.
Sapeva che questo lui non lo avrebbe sopportato.
In quel momento lei lo dominava completamente con la sua sessualità.
Lui ne era completamente soggiogato e non poteva fare a meno di lei.
La assecondò, quindi.
Intanto lei aveva continuato ad andare a servizio nella casa del notaio.
Lui, dopo la prima volta aveva fatto in modo di non incontrarsi con lei in casa loro, anche perchè sapeva che non avrebbe potuto resistere alla tentazione di saltarle addosso e questo avrebbe potuto metterli nei guai.
Capitava invece talvolta che lei si incontrasse con la moglie di lui.
L’avvocato molte volte infatti, prima di recarsi in tribunale, rimaneva in casa nelle prime ore della mattina per svolgere alcune incombenze o soltanto per controllare l’attività delle persone addette alla casa.
Un mattino si incontrarono nella loro
camera da letto mentre Sara era intenta a pulire l’ampia vetrata della finestra.
Strusciava ansimando per la fatica i vetri con uno straccio, ritta su una sedia, mentre si ergeva sulla punta dei piedi per arrivare più in alto che poteva.
Era spettinata e sudata.
Portava un vestitello corto che le saliva fino ai glutei.
Era scalza.
Poichè le sembrò che la sedia traballasse la signora si avvicinò per reggerla. In questo modo portò la sua testa vicina ai fianchi di lei; la resse per la vita, sentendola accaldata.
Era slacciata davanti e si vedevano pertanto anche larghe porzioni del suo seno sballonzolare.
Sentì forte il suo odore che le parve familiare.
Sara saltò giù dalla sedia ridendo e ringraziò la padrona.
“Devi stare attenta”, le disse quest’ultima,
“se cadi e ti fai male mi metti nei guai. Per fare queste cose devi prendere la scala”.
Era tutta discinta e aveva le tette quasi completamente di fuori.
Si portò una mano al seno per richiudere i due lembi del vestito che si abbottonava sul davanti.
“Mi si è staccato il bottone” disse, come per scusarsi. In realtà aveva avvertito che la signora la stava fissando proprio in quel punto.
“Ti vergogni di me? ” disse l’avvocato
“sono una donna! “.
Aprì quindi la mano rimettendo in vista le mammelle bianche e marmoree solcate da sottilissime vene azzurrine.
“Hai un seno magnifico” disse la signora.
E sorrideva.
Sorrise anche lei.
L’avvocato era una donna bellissima e raffinata.
Portava i capelli castani striati da rare meches lunghi non oltre le spalle in foggia tale che la ciocca destra veniva a ricaderle sul volto affilato dagli zigomi alti e pronunciati.
Aveva enormi occhi nocciola dal taglio allungato e labbra carnose di un bel colore rosso corallo che non avevano bisogno di rossetto. Il suo sorriso – così raro perchè il suo umore la portava spesso ad indossare quel cipiglio che aveva dovuto con gli anni imparare ad usare per farsi rispettare dai giudici e dagli altri avvocati nelle aule giudiziarie – il suo sorriso, dicevo era una dei più
belli e trascinanti che si fosse mai veduto.
Era alta, flessuosa, elegante, con gambe lunghissime, glutei piccoli e nervosi e seni appena accennati.
Pur essendo ovviamente una donna corteggiatissima, non aveva mai avuto una vita sessuale particolarmente appagante, nè dimostrato di possedere una particolare sensualità.
I ragazzi tendeva spesso a spaventarli per la sua bellezza, la sua intelligenza, il suo spirito, la sua alterigia
Non avendo mai avuto prima esperienze sessuali con donne, si sorprese di aver provato attrazione per la cameriera.
Eppure, per tutta la giornata, continuarono a tornarle alla mente quell’odore pungente, quel biancheggiare di carni sode, quel calore, quel sorriso impudico e sfrontato sulle labbra di lei.
La sera a letto, si rannicchiò come ormai faceva da tempo nel suo angolo, il marito nell’altro e si masturbò in silenzio.
La mattina rimase a letto.
Disse che non si sentiva bene.
Rimase tra le coperte a sonnecchiare aspettando che succedesse quello che sapeva sarebbe successo.
Dopo un tempo lunghissimo che parve infinito durante il quale aveva pianto, si aprì la porta della camera ed entrò la cameriera.
Richiuse la porta e si avvicinò al letto.
La stanza era nella semioscurità.
Solo strisce di luce filtravano dalle serrande.
La donna si spogliò li davanti, lentamente, scoprendo pezzo per pezzo le sue carni bianche e rotonde, il suo seno ampio e sodo, il pube folto, le gambe robuste.
Poi scivolò nel letto accanto all’altra.
L’avvocato avvertì dapprima un forte calore, poi quell’odore pungente che ormai riconosceva con sicurezza, poi un contatto di carni che le sembrarono bollenti.
Si baciarono a lungo con la lingua, assaporandosi a turno le labbra e il mento e le guance; un lungo languido bacio interno ed esterno.
Poi la cameriera salì a cavalcioni sopra di lei, le afferrò le spalline della camicia da notte e gliela sfilò la camicia dalle gambe.
La trovò bellissima e glielo disse.
Leccò i capezzoli piccoli, neri e turgidi, il ventre piatto, il sesso dolcissimo e profumato.
Inserì due dita nella sua vulva bagnata, titillando contemporaneamente il clitoride con il pollice.
Si fermò quando la sentì sul punto di venire e si sdraiò supina sul letto per ricevere lo stesso trattamento.
L’avvocato, molto meno esperta della cameriera nell’arte del sesso saffico, si gettò a capofitto sull’enorme seno di lei cercando di farselo entrare tutto in bocca.
L’altra si godè per un po’ le carezze sul seno poi spinse in basso la testa della donna.
Quando questa raggiunse il suo sesso, con un gesto rapido e deciso, sollevò il corpo leggero della compagna, capovolgendolo in modo da ritrovarsi la sua figa all’altezza della bocca in modo da poterla riprendere a leccare mentre l’altra faceva lo stesso a lei.
L’avvocato aveva ora davanti al suo naso il pube
folto della cameriera, vedeva le labbra rosse della sua vagina e il pertugio dell’ano ricoperto da una piccola corona di peli.
Leccò la figa con ingordigia, solleticando con la punta dell’unghia il buchetto.
Raggiunsero presto
quasi nello stesso momento un orgasmo di una violenza inaudita, che le lasciò tremanti per un bel pezzo.
Si ricomposero.
Si abbracciarono, si diedero un piccolo bacio sulla bocca e si addormentarono l’una nella braccia dell’altra.
“Lo so che sei tu l’amante di mio marito”, le sussurrò FINE

About A luci rosse

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