Tornando a casa pensavo che questa sarebbe stata la mia ultima giornata di lavoro prima della partenza.
Anche oggi mi ero ridotto a fare le mie dieci ore di studio sui geroglifici della tomba di un poveretto, considerato un Dio in terra soltanto dal suo popolo, morto più di tremila anni fa.
Tanta fatica solo per il gusto di essere certi che si chiamasse Tutmosi.
Questo forse era il momento migliore per me e mia moglie Clara di concederci una vacanza.
Ne avevamo entrambi molto bisogno per rilassarci, e sistemare un po’ la nostra vita sentimentale, ormai passata in secondo ordine rispetto ad altre necessità.
Anche lei negli ultimi mesi era stata molto impegnata, non soltanto era diventata irreperibile nel normale orario di lavoro, ma sempre più spesso doveva preoccuparsi di intrattenere o la delegazione di qualche museo estero o qualche pezzo grosso del ministero dei beni culturali.
Cene di lavoro, inaugurazioni, aste di oggetti archeologici e di opere d’arte, ci stavano facendo perdere di vista i valori tradizionali di una famiglia.
Anch’io lavoro nello stesso campo, ma sono un professore universitario, io l’antichità la studio, non ne faccio un commercio per musei.
Tornati a casa, la sera non avevamo né la voglia né la forza di farci le coccole, di giocare con i nostri corpi come eravamo abituati a fare fino a poco tempo fa.
La sensazione più strana e infelice era sicuramente quella che era cambiato qualcosa; non che i nostri sentimenti fossero mutati l’uno nei confronti dell’altro, ma l’affiatamento che avevo con lei in tutto ciò che riguarda il sesso, come atto liberatorio di una giornata stressante o come gesto d’amore che rinforzasse la nostra unione, era ormai spento.
Si stava affievolendo pian piano la voglia di fermarci a pensare, persi uno nello sguardo dell’altro, a come e quanto potesse essere sconvolgente lasciarsi andare l’uno nelle braccia dell’altro.
Tutto questo sdolcinato ripensamento non era altro, caro mio vecchio uccello, la confessione di averti trascurato troppo, forse a causa della mia
carriera o della mancanza di nuovi stimoli… speravo di rimediare presto.
Quella stronza di Clara non era ancora tornata a casa, speravo che avesse fatto almeno la sua valigia, lo sapeva benissimo che l’indomani mattina non avremo avuto tempo.
Mi servii del whisky da bere nella speranza di rilassarmi un po’, prima delle partenze ero sempre un po’ nervoso, anche se si trattava di vacanze…
Senza volerlo mi ero addormentato, me ne resi conto quando sentii suonare alla porta…
Era Clara, chissà quante volte le avevo detto di non dimenticare le chiavi di casa.
“Hai dimenticato le chiavi nella serratura… – mi sento gridare da dietro la porta – almeno apri. ”
Genny avrebbe dovuto riprendere servizio una mezzora prima dell’atterraggio, in maniera da accertarsi insieme alle sue colleghe che tutte le procedure a riguardo fosse rispettate dai passeggeri.
Intanto io e Clara eravamo tornati ai nostri posti, nella speranza di riposarci un po’ da quelle dolci fatiche.
L’arrivo al Cairo era previsto per la mattina, quindi a conti fatti lo sfasamento d’orario sarebbe stato di una dozzina di ore.
Fremevo dal sapere quale fosse effettivamente la nostra destinazione ultima, sapevo solo il giorno del rientro, dato che la mia prima lezione a Yale era ormai fissata e improrogabile.
Poco prima dell’atterraggio decisi che era il momento di farmi chiarire i dubbi a proposito.
Ma nel momento in cui capì quale argomento volessi toccare, Clara mi anticipò dicendo: ” … a proposito, Genny mi ha lasciato il numero di telefono!
Si fermerà un paio di giorni al Cairo… magari avremo occasione di rincontrarla… mi ha lasciato anche le date in cui la potremo trovare a New York ! ”
“Bene, mi fa molto piacere… – le dissi sorridendo – ma quello che ti volevo chiedere riguarda la nostra vacanza, insomma… ora puoi dirmi dove trascorreremo queste due settimane! ”
“Ho una buona notizia da darti… – proseguì – Non sarà proprio una vacanza… almeno, non una tradizionale… diciamo che in cambio di un paio di incontri diplomatici che dovrò fare prossimamente… abbiamo tutto il viaggio pagato! ”
“Mi basta questo, non aggiungere altro. È per lavoro che sei qua… chi ti ha ingaggiato questa volta? ”
Le chiesi, ormai preso dallo sconforto più totale.
Ora potevo pure dire addio al tanto sospirato riposo…
“Il London Museum – continuò lei – ma non è tutto… ho dato la mia parola che avresti dato la tua consulenza tecnica su dei resti romani che sono stati ritrovati in Sudan… sarà quella la nostra destinazione finale.
Appena saremo arrivati ripartiremo con un volo privato, organizzato dalla compagnia che ha preso in gestione gli scavi, questo ci porterà a Wadi Halfa al confine fra Sudan ed Egitto.
Dopodiché il campo base dista due o tre ore di jeep, si trova in un’oasi non lontano dal Nilo, sulla riva sinistra. ”
“Mi hai fregato per bene – mormorai sconsolato – spero almeno di godermi un po’ il sole… tutto sommato sarà una bella esperienza, cercherò di divertirmi lo stesso… però ti avverto, le spese che non verranno pagate dalla società le pagherai tu, non dubito… adesso voglio brindare. ”
Mi alzai e, recatomi dallo steward più vicino, mi feci dare una bottiglia di champagne.
Porsi a Clara il bicchiere pieno, brindammo alla nuova avventura che stavamo per iniziare e aggiunsi: “… a breve verranno a chiederti la carta di credito, mi raccomando fatti rilasciare la nota spesa… mi dispiacerebbe che non ti rimborsassero… ”
L’atterraggio non fu uno dei più morbidi, infatti mi sbrodolai un po’, bevendo a canna, del bicchiere ormai ne facevo a meno.
Con una mano al bagaglio e l’altra alla bottiglia, mi misi poi in coda per scendere.
Chissà cosa pensava di me la gente che mi vedeva in quello stato… poco sicuro sui miei passi e olezzante di vino.
Mia moglie intanto mi seguiva a distanza, quasi facendo finta di non conoscermi.
Arrivato alla fine della scala mi venne incontro un uomo che stentai a riconoscere, alto e biondo, con gli occhiali da sole e un vestito completamente bianco panna, come il cappello.
“Lawrence! – rivolgendosi a me – vecchio maiale! Come sta il mio caro amico archeologo? Vedo già che ti stai ambientando… cosa bevi? Buono, buono… ”
Mentre lui mi abbracciava per salutarmi, impietrito pensavo che tutto ciò fosse soltanto un incubo e speravo di svegliarmi il più presto possibile…
“Hai visto caro chi c’è venuto a prendere?
Il dott. Snore! – sentii mia moglie da dietro – Da quanto tempo non vi vedevate? Saranno passati alcuni anni penso… vedi caro è lui il sovrintendente agli scavi a Sulb, andremo con lui fin lì. ”
Il dott. Snore, Robert Snore, era un mio vecchio compagno del liceo, con cui mantenni i contatti fino alla fine dell’università, dopodiché ci perdemmo di vista, probabilmente a causa del lavoro.
Non mi dispiaceva rivederlo, ma in quel momento il pensiero di doverci convivere per due settimane, era molto sconfortante.
Era un tipo molto vivace, forse troppo.
Gli piaceva scherzare, anche quando non era il caso e fu per questo che a volte evitavo di vederlo.
Non l’avevo più sentito dall’ultima cartolina in cui mi augurava una buona Pasqua, dove vi era la foto di un grosso porco che si montava una pecora. Cartolina spedita al mio ufficio, in università.
Robert ci comunicò quali sarebbero state le tappe del viaggio per arrivare a Sulb, mentre con una jeep iniziammo a recarci in albergo.
L’aereo che avremmo dovuto prendere subito in mattinata, non era arrivato da Londra, quindi ci saremmo dovuti fermare al Cairo per una notte.
Eravamo accompagnati da due guardie che c’erano state assegnate come scorta armata.
Un po’ preoccupato dalla cosa, chiesi a Robert se vi era effettiva necessità delle presenza di due bestioni armati di kalashnikov e granate.
Ridendo, mi rispose che in Sudan avremmo percorso dei tragitti non proprio turistici e che quindi non dovevamo farci trovare “impreparati”… poi costavano così poco, aggiunse.
Arrivati all’albergo Gold Dune, ci assegnarono le camere, a me e mia moglie toccò la suite, come omaggio di benvenuto dalla società che aveva organizzato il viaggio.
“Penso che sarete stanchi – disse Robert prima di congedarci – quindi vi lascio, la vasca rotonda ad idromassaggio è grandiosa, l’ho provata settimana scorsa, ci vedremo più tardi per cena.
Mi dispiace non passare con voi il pomeriggio, ma ho degli impegni burocratici da sbrigare e quindi… a più tardi! ”
L’accompagnai alla porta della sua camera, mentre Clara aveva già iniziato ad ambientarsi, preparandosi a gustare tutte quelle bollicine in un bel bagno rilassante.
“Caro Lawrence – mi sussurrò all’orecchio – tutte le volte che vengo al Cairo, da due anni a questa parte, mi vedo con una studentessa del posto… è stupenda, mora coi capelli a caschetto, tu devi vedere come è calda.
Mi sembra di trombare con Cleopatra… veramente, le assomiglia! ”
“Ho capito quali sono i tuoi impegni burocratici – gli dissi – ma almeno è maggiorenne? ”
“Certo, è una studentessa universitaria… – mi rispose – la incontrai al museo di storia egizia, stava facendo una ricerca per un esame.
La portai in uno degli scantinati, sai… quelli adibiti al restauro in cui spesso non c’è anima viva e le feci esaminare qualche reperto.
Dovevi vederla, le luccicavano gli occhi dalla felicità, quando le feci indossare un monile d’oro posseduto da Nefertiti e poi… non fu molto difficile farle capire che mi avrebbe fatto piacere aiutarla di più.
Bastarono pochi complimenti per il suo grazioso visino e per il suo prominente seno per farla sciogliere.
Mi avvicinai a lei, le presi una mano e le feci sentire quanto ero già eccitato… prima glielo misi in mano, poi… ”
“Senti caro Robert, sono contento per te che te la scopi, ma dei particolari posso pure fare a meno… piuttosto dimmi quali sono i programmi per questa sera o hai altri impegni burocratici? ”
“Bene, bene… – aggiunse lui – ci vediamo per le otto, ceniamo al ristorante qua sotto, è il più rinomato qua in città a proposito.
Dopodiché mandiamo a letto la tua mogliettina e poi… in giro per i migliori night! ”
Ritornando verso la porta della mia stanza, lo congedai frettolosamente: “Va bene per la cena, poi… vedremo. ”
Non ricordo bene cosa sia successo dopo quell’incontro imprevisto, molto probabilmente fui aiutato anch’io a raggiungere l’albergo da una delle nostre guardie.
Riuscii a malapena a svestirmi e sdraiarmi sul letto affianco a Clara, per affondare semi tramortito in un sonno poco tranquillo tanta era la pesantezza di stomaco.
Mi svegliai qualche ora dopo, una luce accecante entrava dalle finestre aperte.
Sentivo scorrere la doccia in bagno e una melodia di Glenn Miller, che proveniva dalla radio sul comodino.
In uno stato di torpore generale cercai di rimettermi in piedi, di ricompormi il più possibile prima di vedere mia moglie.
Notai che la sua valigia era già pronta, vicina
alla porta, mentre sul letto vi era il completino che avrebbe indossato.
Mi affrettai allora a sistemare i mie vestiti, aspettando che la doccia si liberasse.
Poco dopo Clara uscì dal bagno…
“Buon giorno amore! – le dissi dandole un bacio – Dormito bene? ”
“Io si… e tu invece? Hai dormito o stai tornando adesso dalle tue scappatelle notturne? ” Mi rispose freddamente.
“Ma quali scappatelle… sei arrabbiata perché ieri ho fatto un po’ tardi? – Le risposi preparandomi ad entrare in doccia – Piuttosto… fra quanto ci dobbiamo trovare con gli altri? ”
“Prima ha telefonato Robert, ha detto di essere pronti per le nove.
Quindi… abbiamo una ventina di minuti, sbrigati! ”
Mi urlò Clara dall’altra parte della camera.
In fretta e furia raggiungemmo Robert nella stanza adibita alla prima colazione, anche lui aveva una faccia non molto riposata.
Con gli occhiali scuri e abbastanza spettinato, al nostro arrivo faceva finta di essere assorto nella lettura del Wall Street Journal.
Dopo un caffè e una brioche ci dirigemmo all’aeroporto, sempre accompagnati dalle nostre instancabili guardie.
All’arrivo fummo accolti da una giovanissima hostess, che ci fece strada verso un piccolo jet privato.
Chissà quanti soldi aveva dovuto spendere la compagnia per affittare uno di questi giocattolini.
Salimmo sulla piccola rampa di scale che ci portò all’interno, giusto vicino l’ingresso vi erano alcune file di posti, poi l’ambiente si allargava per fare spazio ad una specie di piccolo salotto dotato d’ogni comfort.
Vi erano un paio di divanetti in pelle, disposti uno di fronte all’altro, attorno ad un basso tavolino in marmo, giusto nel mezzo della saletta.
L’hostess, facendoci accomodare, ci augurò una piacevole permanenza e ci assicurò la sua completa disponibilità per ogni nostro tipo di esigenza…
“Spero non ti vengano in mente strani passatempi”
Sussurrai all’orecchio di mia moglie.
“Non ti preoccupare… sembra se ne stia già occupando Robert – mi rispose lei – guarda le sta baciando la mano per salutarla… e poi penso sia troppo giovane per un incontro a tre, non trovi? ”
“Allora ragazzi, vi do gli ultimi aggiornamenti sul viaggio – disse Robert, richiamando la nostra attenzione – fra circa un’ora e mezza o due atterreremo al piccolo aeroporto militare di Kerma, ieri sono riuscito ad avere l’autorizzazione dal governo del Sudan.
Questa è una buona notizia perché da lì Sulb è più vicino, sarete ancora più contenti di sapere che sono riuscito ad avere via fax la trascrizione di un pezzo del papiro che hanno ritrovato nella zona archeologica.
Si tratta a prima vista di uno scritto latino del terzo – quarto secolo dopo Cristo… come potete constatare non è cosa molto comune ritrovare un certo tipo di documenti a questo parallelo.
Tieni Lawrence, leggicelo ad alta voce… ”
Prima o poi avremmo dovuto iniziare a parlare di lavoro, me ne ero quasi scordato. Inforcai i miei occhiali da presbite e inizia a leggere in latino…
“De Momento Avis – prima pars
Omnitempore in schola magister meus suas discipulas propter earum corporis virtutem laudat.
Admodum iuvenes puellae imprudenter crura cunnumque mostrant magna cum semplicitate, quia saepe ipsae vestes non indunt.
Casu magistri manus prossimus vulvae restat sed puella non amovet ea quia id non comprehendit.
Postea magister fabulam dicit ut eius diligentiam advertat ita suam vulvam excitat sine eas penetrare. ”
“Aspetta un attimo… – disse Clara – spiegami meglio… da quello che ho capito un ragazzino scrive che il suo maestro ha degli atteggiamenti non proprio… “educativi” nei confronti delle sue compagne di classe, affermando che mentre le istruisce approfitta di loro e le masturba come se niente fosse… ”
“Aspetta – continuai – non è finito:
Puellae maiores aetatis natu comprehendunt momentum avis nam saepe ipsae antea tangunt magistri avem magno corpore, postea iuvant possideri et penetrari.
Eodem modo ipsae magnifice gaudent avem in suis oribus abeant.
Utcumque Magister meus duo sunt quae faciat: irrumat aut futuit.
Ma è veramente grandioso! Chissà quando verrà pubblicato, diverrà un classico della letteratura latina!
Senti caro Robert – continuai io – perché invece di fare l’archeologo, se così ti si può reputare, non ti dedichi alla prosa latina!
Vedrai che con un po’ di pazienza e di maggiore attenzione riuscirai a far pubblicare qualche tua porcheria… questa oltre che essere di pessima qualità stilistica, contenere svarioni dal punto di vista sintattico, è abbastanza oscena.
Non so quanti sarebbero disposti a comprare un “romanzo” che tratta di pedofilia.
“Ascoltami – mi interruppe Robert, quasi soffocato da una crisi di riso – lo so, può sembrare uno scherzo… mi dispiace, non è così.
Questa trascrizione rappresenta l’inizio di un documento che è stato ritrovato nella tomba di un patrizio romano a Sulb.
La cosa strana oltre ai contenuti, è il fatto che sia stato ritrovato insieme a ciò che era il tesoro di famiglia, da quanto abbiamo rinvenuto si presume fosse molto ricca, ma non siamo finora riusciti a capire perché fu mandata in esilio.
Sono state ritrovate delle tavolette con altri importanti scritti ma il tempo non è certo stato clemente, infatti sono poco leggibili.
Sembra al contrario che il proprietario della tomba tenesse in modo particolare a questa pergamena, che era custodita quasi meglio degli ori e degli oggetti in ambra ritrovati. ”
“Mi assicuri che questo non è uno scherzo? – continuai io – Cioè… se è vero ciò che dici, questo scritto ci potrebbe far risalire al motivo per cui è
stato bandito ai confini dell’impero… dovremo costruire un puzzle con gli elementi che raccoglieremo sul posto, ora si possono fare soltanto astratte congetture.
Magari è stato scritto quando il soggetto era ancora in giovane età e poi conservato perché ricco di significati… o perché fu proprio la causa del suo esilio… come stronzata mi sembra avere un senso. ”
Rimasi per un po’ assorto nei miei pensieri. In fondo avrei preferito che non fosse vero… invece pian piano realizzavo che quelle righe potevano rappresentare la denuncia di un ragazzino contro alcuni soprusi sessuali di cui era venuto a conoscenza o di cui era stato vittima personalmente.
Il viaggio durò un paio d’ore come ci aveva annunciato Robert, ore che passarono alquanto velocemente.
Eravamo stanchi non soltanto per aver fatto tardi la sera prima, ma anche per il lungo viaggio da New York che avevamo ancora sulle spalle, per non parlare poi del fuso orario.
Comunque quegli stupendi divanetti così comodi ci conciliarono un breve riposo.
Tutt’altra cosa fu il tragitto dall’aeroporto di Kerma al piccolo centro di Sulb.
Infatti anche se impiegammo lo stesso poco più di due ore, fu decisamente pesante.
Anche se un po’ soffocati dalla polvere e accecati da raffiche di vento misto a sabbia dato che la jeep era semi scoperta, percorremmo quel tratto di strada quasi completamente assorti nell’ammirare lo stupendo paesaggio che ci circondava.
Costeggiando il Nilo era straordinario fermarsi a guardare la folta vegetazione che ne arricchiva la rive, senza dimenticare la grande varietà di volatili e altri animali che avevo finora visto solo in documentari sulla natura.
Per tutto il viaggio avevo pensato che Sulb non fosse altro che una piccola cittadina, semi deserta, quasi disabitata se non da gruppi di studiosi o simili.
Una volta arrivati a destinazione, fui veramente stupito di constatare quanto invece questo piccolo posto potesse essere così ricco di vita… quasi frenetica direi.
Ci trovammo infatti come nel mezzo di un grande mercato, le vie che percorremmo per l’Hotel brulicavano di bancarelle e venditori.
Chi un casco di banane, chi qualche paio di sandali, sembrava che tutti fossero coinvolti nello scambio o nella vendita di qualche oggetto o qualche genere alimentare.
Ben altro aspetto avevano quegli stranieri che si trovavano come noi si trovavano un po’ frastornati in questa confusione, ne notai un gran numero.
Robert mi spiegò che Sulb era diventata conosciuta da poco tempo, negli ultimi tempi erano stati effettuati dei ritrovamenti di grande valore storico, che avevano attirato un gran numero di turisti e di studiosi, come potevo ben notare.
Ci sistemammo in un grazioso albergo, era il meglio che si potesse trovare in città, naturalmente avremmo dovuto fare a meno di aria condizionata, servizio in camera e magari anche dell’acqua calda.
Il campo organizzato per gli scavi distava un quarto d’ora di jeep o poco più e si trovava completamente in mezzo al deserto.
I collaboratori di Robert ci aspettavano lì prima che del tramonto, in modo da tornare in città con loro.
“Mentre sistemate le vostre valigie – ci disse Robert – io devo andare ad avvertire del nostro arrivo i responsabili della compagnia che ha organizzato la spedizione, sono in città ad aspettarci, ci vediamo fra un oretta o poco meno… ”
“Ascolta Lawrence, perché non vai anche tu? – aggiunse Clara – è meglio che inizi a farti vedere, magari anche un po’ interessato, da chi ci ha pagato il viaggio… ”
“Buona idea – continuò Robert – vieni dai, sbrighiamoci. ”
Prendemmo la jeep e come al solito una delle guardie si mise al posto di guida, Robert si sedette dietro con me.
Durante il tragitto mi spiegò che
doveva andare a trovare una sua conoscente, la storia dei responsabili della compagnia era tutta una balla, come immaginavo.
Questa ragazza gestiva un piccolo negozietto di artigianato locale diverso dai soliti, infatti il marito si divertiva a scolpire e modellare dei falli in legno, mentre lei li vendeva ai turisti.
Robert disse che naturalmente ci avrebbe riservato un trattamento di riguardo dato che aveva un piccolo debole per lui, non si trattava di sconti precisò, ma di un qualcosa di più intimo… non volle aggiungere altro, solo che sarebbe stata una bella esperienza.
Impiegammo una buona decina di minuti, non era facile muoversi in quelle stradine così intralciate dal viavai di automezzi e non solo… trovarsi a fare la fila ad un incrocio tra cammelli da un lato a cavalli dall’altro di certo non capitava tutti i giorni, almeno non a New York.
La guardia ci lasciò davanti ad una piccola baracca, sulla porta d’entrata non vi era alcuna insegna di “artigianato”…
Robert busso energicamente con entrambi i pugni; non dovemmo aspettare molto che una ragazza sulla trentina d’anni ci venne ad aprire.
“Ma che cavolo! , me la volete buttare giù sta porta… Robert sei tu!
Che bello rivederti – disse lei abbracciandolo e salutandolo affettuosamente – presto entrate, mio marito non c’è, fate come se foste a casa vostra. ”
Il fatto che avesse puntualizzato subito che non c’era il di lei consorte, mi faceva capire quale sorta di amicizia ci fosse con Robert, comunque il pensiero di trovarmelo davanti armato di machete, pronto a sventrarci se non peggio, non mi permetteva di mettermi a mio agio.
All’ingresso guarda caso vi era tutta una serie di coltelli, accette e quant’altro servisse per intagliare oggetti in legno, posti alla rinfusa su un grezzo tavolo da lavoro pieno di trucioli e polvere.
Safira, questo era il nome della ragazza, ci portò in una specie di salotto non molto grande a alquanto spoglio.
Vi erano soltanto delle poltrone ricoperte con pelli di animali, un tavolo in legno e alcune mensole alle pareti.
Spiccava in quell’ambiente per me così esotico un grosso frigorifero, mi soffermai a guardarlo stentando quasi a riconoscerlo.
“è un regalo di Robert – mi disse, accortasi dello stupore sul mio viso – da queste parti non è molto facile trovarne di così belli e funzionali… lo tengo come il tesoro di famiglia.
A proposito tu sei un suo amico?
Gli amici di Robert sono anche miei, soprattutto se sono così affascinanti. ”
“Ascolta cara, non abbiamo molto tempo da dedicarti… facci vedere cosa hai di nuovo, ti ho portato un nuovo cliente apposta! ”
Le suggerì Robert, che intanto prese due birre fresche da quel bel frigo.
Safira ci portò un grosso vassoio coperto da un panno di stoffa, l’appoggiò sul tavolino vicino alle poltrone su cui c’eravamo stravaccati e disse che queste erano i più “recenti e sofisticati” lavori di suo marito.
Levò la stoffa, scoprendo una decina di falli…
“Vedete – incominciò ad illustrarceli lei – ognuno di questi è fatto in dimensioni e forme diverse asseconda dell’utilizzo che se ne vuole fare.
Alcuni sono intagliati in pezzi di legno altri sono delle radici di Baobab raccolte e lavorate.
Il primo da questa parte è il più grande, è dotato di un notevole prepuzio davanti mentre in fondo, vicino al manico mio marito ha voluto scolpirci una coroncina di punte abbastanza sagomate in maniera tale da solleticare il clitoride una volta inserito tutto quanto dentro… ”
“Scusa ma non si capisce molto bene come funziona – la interruppe Robert – lo sai, noi siamo clienti affezionati, mostraci meglio… così sapremo se vale la pena comprarlo.
Il mio amico qui, non è pratico della cosa, non vorrei che facesse una figuraccia con la moglie, se ne le regalerà uno… ”
Era divertente la cosa, pensavo che Robert scherzasse, soprattutto il fatto di regalare una cosa del genere a Clara…
“Come volete – continuò lei – ma se poi non me ne comprate almeno tre o quattro mi incazzo…
Lawrence fammi un favore, intanto che mi preparo prendimi quel vasetto d’argilla che vedi sullo scaffale di fronte, c’è un po’ di olio di cocco, mi servirà… ”
Nel frattempo si sedette sul divanetto vicino a Robert, si sollevò la lunga gonna che indossava e si sfilò una sorta di rustico perizoma.
Allargò le gambe e iniziò a toccarsi.
Lui le sbottonò la camicetta e le scoprì il grosso seno.
Era veramente voluminoso anche se non molto fermo, non avevo mai visto dei capezzoli così larghi e pronunciati.
“Dai Lawrence – sussurrò Safira – è meglio che fai un po’ di esperienza… segui le mie istruzioni e vedrai che imparerai a far godere una donna allo spasimo.
Allora, le vedi le grandi labbra… ecco aprimele per bene con le dita e facci scivolare dentro un po’ di quell’olio che hai in mano.
Bravo, così… non troppo però!
Non sono mica vergine.
Ora prendi quel grosso fallo che ti ho fatto vedere prima e leccalo bene, non serve perché citare una donna, ricordatelo! ”
Nel seguire le sue istruzioni mi sentivo un ragazzino alla prima esperienza; non che avessi bisogno di imparare, ma era alquanto eccitante sentirmi impartire quegli ordini per farla godere…
“Adesso appoggialo all’apertura e spingilo dentro delicatamente… arriva fino in fondo… piano piano, facendo un po’ su e giù… sei bravissimo… continuaaah.
Una volta che sei arrivato a questo punto ahh! , guarda bene, la coroncina di punte è arrivata vicino al clitoride… ora è il momento di cambiare movimento, ruota il fallo con il polso così, come se mi stessi spremendo un’arancia sulla fica… in questo modo mi solleciti in maniera stupenda.
È favoloso… devo dire che mio marito è un genio… godo proprio. ”
In quel momento suonò il cellulare a Robert…
“Ma ti sei portato il telefono fin qui? Siamo quasi nel mezzo del deserto e squilla il telefono come in ufficio, come cazzo è possibile? ” Gli chiesi sbalordito.
“è un satellitare me l’ha dato la compagnia perché mi potesse trovare sempre e se mi chiamano è per un motivo serio. Ricordati poi che siamo qui per lavoro… scusate ma adesso devo andare – rispose lui prima di uscire velocemente – resta pure ci vediamo fra mezz’ora in albergo! ”
Il primo istinto fu quello di alarmi dal divanetto e avvicinarmi a Robert, ma la Safira mi afferrò per un braccio impedendomi di allontanarmi
“Aspetta! – mi disse lei – cosa vuoi lasciare un lavoro a metà… hai tempo, non te ne andare. Altrimenti ti dovrò convincere con le buone… ”
Mi guardava con quei suoi occhi accattivanti, che lasciavano intuire quali erano le sue intenzioni.
Si sedette sul divano e mi slaccio i pantaloni; io ero fermo in piedi davanti a lei, le accarezzai la testa e tirato fuori l’uccello dai boxer glielo porsi…
“Quando Robert mi viene a trovare colgo l’occasione di fargli una specie di rito magico che ho imparato dai miei avi. Procura fecondità e ricchezza all’uomo che subisce questo sortilegio… vuoi provare… non ti costerà nulla. ”
Accennai col capo che ero d’accordo, mi fece togliere i pantaloni e stendere sul piccolo divanetto.
Inginocchiata davanti a me in mezzo alle mie gambe, inizio a prendere nella sua bocca l’uccello, ora leccandone vigorosamente la cappella, ora succhiandola e premendola fra le sue labbra pronunciate.
“Per questo rito ho bisogno del tuo seme, più me ne darai più risulterà efficace e duraturo… impegnati. ”
Mi fece allargare le gambe perché potesse arrivare meglio alle palle con la sua bocca, diceva che andavano sollecitate il più possibile, come anche il mio ano, in cui lei non esitava ad affondare la lingua.
Per farmi ritardare il più possibile l’eiaculazione mi stringeva forte la base del cazzo mentre si sforzava per farselo arrivare in gola.
Mi fece poi alzare in piedi per poter più facilmente raccogliere il mio sperma in una specie di terrina, fu molto attenta perché non se ne perdesse un goccia; una volta venuto riprese in bocca l’uccello, ripulendolo e massaggiandolo con le labbra finché non perse l’erezione.
Tornando a casa pensavo che questa sarebbe stata la mia ultima giornata di lavoro prima della partenza.
Anche oggi mi ero ridotto a fare le mie dieci ore di studio sui geroglifici della tomba di un poveretto, considerato un Dio in terra soltanto dal suo popolo, morto più di tremila anni fa.
Tanta fatica solo per il gusto di essere certi che si chiamasse Tutmosi.
Questo forse era il momento migliore per me e mia moglie Clara di concederci una vacanza.
Ne avevamo entrambi molto bisogno per rilassarci, e sistemare un po’ la nostra vita sentimentale, ormai passata in secondo ordine rispetto ad altre necessità.
Anche lei negli ultimi mesi era stata molto impegnata, non soltanto era diventata irreperibile nel normale orario di lavoro, ma sempre più spesso doveva preoccuparsi di intrattenere o la delegazione di qualche museo estero o qualche pezzo grosso del ministero dei beni culturali.
Cene di lavoro, inaugurazioni, aste di oggetti archeologici e di opere d’arte, ci stavano facendo perdere di vista i valori tradizionali di una famiglia.
Anch’io lavoro nello stesso campo, ma sono un professore universitario, io l’antichità la studio, non ne faccio un commercio per musei.
Tornati a casa, la sera non avevamo né la voglia né la forza di farci le coccole, di giocare con i nostri corpi come eravamo abituati a fare fino a poco tempo fa.
La sensazione più strana e infelice era sicuramente quella che era cambiato qualcosa; non che i nostri sentimenti fossero mutati l’uno nei confronti dell’altro, ma l’affiatamento che avevo con lei in tutto ciò che riguarda il sesso, come atto liberatorio di una giornata stressante o come gesto d’amore che rinforzasse la nostra unione, era ormai spento.
Si stava affievolendo pian piano la voglia di fermarci a pensare, persi uno nello sguardo dell’altro, a come e quanto potesse essere sconvolgente lasciarsi andare l’uno nelle braccia dell’altro.
Tutto questo sdolcinato ripensamento non era altro, caro mio vecchio uccello, la confessione di averti trascurato troppo, forse a causa della mia
carriera o della mancanza di nuovi stimoli… speravo di rimediare presto.
Quella stronza di Clara non era ancora tornata a casa, speravo che avesse fatto almeno la sua valigia, lo sapeva benissimo che l’indomani mattina non avremo avuto tempo.
Mi servii del whisky da bere nella speranza di rilassarmi un po’, prima delle partenze ero sempre un po’ nervoso, anche se si trattava di vacanze…
Senza volerlo mi ero addormentato, me ne resi conto quando sentii suonare alla porta…
Era Clara, chissà quante volte le avevo detto di non dimenticare le chiavi di casa.
“Hai dimenticato le chiavi nella serratura… – mi sento gridare da dietro la porta – almeno apri. ”
Genny avrebbe dovuto riprendere servizio una mezzora prima dell’atterraggio, in maniera da accertarsi insieme alle sue colleghe che tutte le procedure a riguardo fosse rispettate dai passeggeri.
Intanto io e Clara eravamo tornati ai nostri posti, nella speranza di riposarci un po’ da quelle dolci fatiche.
L’arrivo al Cairo era previsto per la mattina, quindi a conti fatti lo sfasamento d’orario sarebbe stato di una dozzina di ore.
Fremevo dal sapere quale fosse effettivamente la nostra destinazione ultima, sapevo solo il giorno del rientro, dato che la mia prima lezione a Yale era ormai fissata e improrogabile.
Poco prima dell’atterraggio decisi che era il momento di farmi chiarire i dubbi a proposito.
Ma nel momento in cui capì quale argomento volessi toccare, Clara mi anticipò dicendo: ” … a proposito, Genny mi ha lasciato il numero di telefono!
Si fermerà un paio di giorni al Cairo… magari avremo occasione di rincontrarla… mi ha lasciato anche le date in cui la potremo trovare a New York ! ”
“Bene, mi fa molto piacere… – le dissi sorridendo – ma quello che ti volevo chiedere riguarda la nostra vacanza, insomma… ora puoi dirmi dove trascorreremo queste due settimane! ”
“Ho una buona notizia da darti… – proseguì – Non sarà proprio una vacanza… almeno, non una tradizionale… diciamo che in cambio di un paio di incontri diplomatici che dovrò fare prossimamente… abbiamo tutto il viaggio pagato! ”
“Mi basta questo, non aggiungere altro. È per lavoro che sei qua… chi ti ha ingaggiato questa volta? ”
Le chiesi, ormai preso dallo sconforto più totale.
Ora potevo pure dire addio al tanto sospirato riposo…
“Il London Museum – continuò lei – ma non è tutto… ho dato la mia parola che avresti dato la tua consulenza tecnica su dei resti romani che sono stati ritrovati in Sudan… sarà quella la nostra destinazione finale.
Appena saremo arrivati ripartiremo con un volo privato, organizzato dalla compagnia che ha preso in gestione gli scavi, questo ci porterà a Wadi Halfa al confine fra Sudan ed Egitto.
Dopodiché il campo base dista due o tre ore di jeep, si trova in un’oasi non lontano dal Nilo, sulla riva sinistra. ”
“Mi hai fregato per bene – mormorai sconsolato – spero almeno di godermi un po’ il sole… tutto sommato sarà una bella esperienza, cercherò di divertirmi lo stesso… però ti avverto, le spese che non verranno pagate dalla società le pagherai tu, non dubito… adesso voglio brindare. ”
Mi alzai e, recatomi dallo steward più vicino, mi feci dare una bottiglia di champagne.
Porsi a Clara il bicchiere pieno, brindammo alla nuova avventura che stavamo per iniziare e aggiunsi: “… a breve verranno a chiederti la carta di credito, mi raccomando fatti rilasciare la nota spesa… mi dispiacerebbe che non ti rimborsassero… ”
L’atterraggio non fu uno dei più morbidi, infatti mi sbrodolai un po’, bevendo a canna, del bicchiere ormai ne facevo a meno.
Con una mano al bagaglio e l’altra alla bottiglia, mi misi poi in coda per scendere.
Chissà cosa pensava di me la gente che mi vedeva in quello stato… poco sicuro sui miei passi e olezzante di vino.
Mia moglie intanto mi seguiva a distanza, quasi facendo finta di non conoscermi.
Arrivato alla fine della scala mi venne incontro un uomo che stentai a riconoscere, alto e biondo, con gli occhiali da sole e un vestito completamente bianco panna, come il cappello.
“Lawrence! – rivolgendosi a me – vecchio maiale! Come sta il mio caro amico archeologo? Vedo già che ti stai ambientando… cosa bevi? Buono, buono… ”
Mentre lui mi abbracciava per salutarmi, impietrito pensavo che tutto ciò fosse soltanto un incubo e speravo di svegliarmi il più presto possibile…
“Hai visto caro chi c’è venuto a prendere?
Il dott. Snore! – sentii mia moglie da dietro – Da quanto tempo non vi vedevate? Saranno passati alcuni anni penso… vedi caro è lui il sovrintendente agli scavi a Sulb, andremo con lui fin lì. ”
Il dott. Snore, Robert Snore, era un mio vecchio compagno del liceo, con cui mantenni i contatti fino alla fine dell’università, dopodiché ci perdemmo di vista, probabilmente a causa del lavoro.
Non mi dispiaceva rivederlo, ma in quel momento il pensiero di doverci convivere per due settimane, era molto sconfortante.
Era un tipo molto vivace, forse troppo.
Gli piaceva scherzare, anche quando non era il caso e fu per questo che a volte evitavo di vederlo.
Non l’avevo più sentito dall’ultima cartolina in cui mi augurava una buona Pasqua, dove vi era la foto di un grosso porco che si montava una pecora. Cartolina spedita al mio ufficio, in università.
Robert ci comunicò quali sarebbero state le tappe del viaggio per arrivare a Sulb, mentre con una jeep iniziammo a recarci in albergo.
L’aereo che avremmo dovuto prendere subito in mattinata, non era arrivato da Londra, quindi ci saremmo dovuti fermare al Cairo per una notte.
Eravamo accompagnati da due guardie che c’erano state assegnate come scorta armata.
Un po’ preoccupato dalla cosa, chiesi a Robert se vi era effettiva necessità delle presenza di due bestioni armati di kalashnikov e granate.
Ridendo, mi rispose che in Sudan avremmo percorso dei tragitti non proprio turistici e che quindi non dovevamo farci trovare “impreparati”… poi costavano così poco, aggiunse.
Arrivati all’albergo Gold Dune, ci assegnarono le camere, a me e mia moglie toccò la suite, come omaggio di benvenuto dalla società che aveva organizzato il viaggio.
“Penso che sarete stanchi – disse Robert prima di congedarci – quindi vi lascio, la vasca rotonda ad idromassaggio è grandiosa, l’ho provata settimana scorsa, ci vedremo più tardi per cena.
Mi dispiace non passare con voi il pomeriggio, ma ho degli impegni burocratici da sbrigare e quindi… a più tardi! ”
L’accompagnai alla porta della sua camera, mentre Clara aveva già iniziato ad ambientarsi, preparandosi a gustare tutte quelle bollicine in un bel bagno rilassante.
“Caro Lawrence – mi sussurrò all’orecchio – tutte le volte che vengo al Cairo, da due anni a questa parte, mi vedo con una studentessa del posto… è stupenda, mora coi capelli a caschetto, tu devi vedere come è calda.
Mi sembra di trombare con Cleopatra… veramente, le assomiglia! ”
“Ho capito quali sono i tuoi impegni burocratici – gli dissi – ma almeno è maggiorenne? ”
“Certo, è una studentessa universitaria… – mi rispose – la incontrai al museo di storia egizia, stava facendo una ricerca per un esame.
La portai in uno degli scantinati, sai… quelli adibiti al restauro in cui spesso non c’è anima viva e le feci esaminare qualche reperto.
Dovevi vederla, le luccicavano gli occhi dalla felicità, quando le feci indossare un monile d’oro posseduto da Nefertiti e poi… non fu molto difficile farle capire che mi avrebbe fatto piacere aiutarla di più.
Bastarono pochi complimenti per il suo grazioso visino e per il suo prominente seno per farla sciogliere.
Mi avvicinai a lei, le presi una mano e le feci sentire quanto ero già eccitato… prima glielo misi in mano, poi… ”
“Senti caro Robert, sono contento per te che te la scopi, ma dei particolari posso pure fare a meno… piuttosto dimmi quali sono i programmi per questa sera o hai altri impegni burocratici? ”
“Bene, bene… – aggiunse lui – ci vediamo per le otto, ceniamo al ristorante qua sotto, è il più rinomato qua in città a proposito.
Dopodiché mandiamo a letto la tua mogliettina e poi… in giro per i migliori night! ”
Ritornando verso la porta della mia stanza, lo congedai frettolosamente: “Va bene per la cena, poi… vedremo. ”
Non ricordo bene cosa sia successo dopo quell’incontro imprevisto, molto probabilmente fui aiutato anch’io a raggiungere l’albergo da una delle nostre guardie.
Riuscii a malapena a svestirmi e sdraiarmi sul letto affianco a Clara, per affondare semi tramortito in un sonno poco tranquillo tanta era la pesantezza di stomaco.
Mi svegliai qualche ora dopo, una luce accecante entrava dalle finestre aperte.
Sentivo scorrere la doccia in bagno e una melodia di Glenn Miller, che proveniva dalla radio sul comodino.
In uno stato di torpore generale cercai di rimettermi in piedi, di ricompormi il più possibile prima di vedere mia moglie.
Notai che la sua valigia era già pronta, vicina
alla porta, mentre sul letto vi era il completino che avrebbe indossato.
Mi affrettai allora a sistemare i mie vestiti, aspettando che la doccia si liberasse.
Poco dopo Clara uscì dal bagno…
“Buon giorno amore! – le dissi dandole un bacio – Dormito bene? ”
“Io si… e tu invece? Hai dormito o stai tornando adesso dalle tue scappatelle notturne? ” Mi rispose freddamente.
“Ma quali scappatelle… sei arrabbiata perché ieri ho fatto un po’ tardi? – Le risposi preparandomi ad entrare in doccia – Piuttosto… fra quanto ci dobbiamo trovare con gli altri? ”
“Prima ha telefonato Robert, ha detto di essere pronti per le nove.
Quindi… abbiamo una ventina di minuti, sbrigati! ”
Mi urlò Clara dall’altra parte della camera.
In fretta e furia raggiungemmo Robert nella stanza adibita alla prima colazione, anche lui aveva una faccia non molto riposata.
Con gli occhiali scuri e abbastanza spettinato, al nostro arrivo faceva finta di essere assorto nella lettura del Wall Street Journal.
Dopo un caffè e una brioche ci dirigemmo all’aeroporto, sempre accompagnati dalle nostre instancabili guardie.
All’arrivo fummo accolti da una giovanissima hostess, che ci fece strada verso un piccolo jet privato.
Chissà quanti soldi aveva dovuto spendere la compagnia per affittare uno di questi giocattolini.
Salimmo sulla piccola rampa di scale che ci portò all’interno, giusto vicino l’ingresso vi erano alcune file di posti, poi l’ambiente si allargava per fare spazio ad una specie di piccolo salotto dotato d’ogni comfort.
Vi erano un paio di divanetti in pelle, disposti uno di fronte all’altro, attorno ad un basso tavolino in marmo, giusto nel mezzo della saletta.
L’hostess, facendoci accomodare, ci augurò una piacevole permanenza e ci assicurò la sua completa disponibilità per ogni nostro tipo di esigenza…
“Spero non ti vengano in mente strani passatempi”
Sussurrai all’orecchio di mia moglie.
“Non ti preoccupare… sembra se ne stia già occupando Robert – mi rispose lei – guarda le sta baciando la mano per salutarla… e poi penso sia troppo giovane per un incontro a tre, non trovi? ”
“Allora ragazzi, vi do gli ultimi aggiornamenti sul viaggio – disse Robert, richiamando la nostra attenzione – fra circa un’ora e mezza o due atterreremo al piccolo aeroporto militare di Kerma, ieri sono riuscito ad avere l’autorizzazione dal governo del Sudan.
Questa è una buona notizia perché da lì Sulb è più vicino, sarete ancora più contenti di sapere che sono riuscito ad avere via fax la trascrizione di un pezzo del papiro che hanno ritrovato nella zona archeologica.
Si tratta a prima vista di uno scritto latino del terzo – quarto secolo dopo Cristo… come potete constatare non è cosa molto comune ritrovare un certo tipo di documenti a questo parallelo.
Tieni Lawrence, leggicelo ad alta voce… ”
Prima o poi avremmo dovuto iniziare a parlare di lavoro, me ne ero quasi scordato. Inforcai i miei occhiali da presbite e inizia a leggere in latino…
“De Momento Avis – prima pars
Omnitempore in schola magister meus suas discipulas propter earum corporis virtutem laudat.
Admodum iuvenes puellae imprudenter crura cunnumque mostrant magna cum semplicitate, quia saepe ipsae vestes non indunt.
Casu magistri manus prossimus vulvae restat sed puella non amovet ea quia id non comprehendit.
Postea magister fabulam dicit ut eius diligentiam advertat ita suam vulvam excitat sine eas penetrare. ”
“Aspetta un attimo… – disse Clara – spiegami meglio… da quello che ho capito un ragazzino scrive che il suo maestro ha degli atteggiamenti non proprio… “educativi” nei confronti delle sue compagne di classe, affermando che mentre le istruisce approfitta di loro e le masturba come se niente fosse… ”
“Aspetta – continuai – non è finito:
Puellae maiores aetatis natu comprehendunt momentum avis nam saepe ipsae antea tangunt magistri avem magno corpore, postea iuvant possideri et penetrari.
Eodem modo ipsae magnifice gaudent avem in suis oribus abeant.
Utcumque Magister meus duo sunt quae faciat: irrumat aut futuit.
Ma è veramente grandioso! Chissà quando verrà pubblicato, diverrà un classico della letteratura latina!
Senti caro Robert – continuai io – perché invece di fare l’archeologo, se così ti si può reputare, non ti dedichi alla prosa latina!
Vedrai che con un po’ di pazienza e di maggiore attenzione riuscirai a far pubblicare qualche tua porcheria… questa oltre che essere di pessima qualità stilistica, contenere svarioni dal punto di vista sintattico, è abbastanza oscena.
Non so quanti sarebbero disposti a comprare un “romanzo” che tratta di pedofilia.
“Ascoltami – mi interruppe Robert, quasi soffocato da una crisi di riso – lo so, può sembrare uno scherzo… mi dispiace, non è così.
Questa trascrizione rappresenta l’inizio di un documento che è stato ritrovato nella tomba di un patrizio romano a Sulb.
La cosa strana oltre ai contenuti, è il fatto che sia stato ritrovato insieme a ciò che era il tesoro di famiglia, da quanto abbiamo rinvenuto si presume fosse molto ricca, ma non siamo finora riusciti a capire perché fu mandata in esilio.
Sono state ritrovate delle tavolette con altri importanti scritti ma il tempo non è certo stato clemente, infatti sono poco leggibili.
Sembra al contrario che il proprietario della tomba tenesse in modo particolare a questa pergamena, che era custodita quasi meglio degli ori e degli oggetti in ambra ritrovati. ”
“Mi assicuri che questo non è uno scherzo? – continuai io – Cioè… se è vero ciò che dici, questo scritto ci potrebbe far risalire al motivo per cui è
stato bandito ai confini dell’impero… dovremo costruire un puzzle con gli elementi che raccoglieremo sul posto, ora si possono fare soltanto astratte congetture.
Magari è stato scritto quando il soggetto era ancora in giovane età e poi conservato perché ricco di significati… o perché fu proprio la causa del suo esilio… come stronzata mi sembra avere un senso. ”
Rimasi per un po’ assorto nei miei pensieri. In fondo avrei preferito che non fosse vero… invece pian piano realizzavo che quelle righe potevano rappresentare la denuncia di un ragazzino contro alcuni soprusi sessuali di cui era venuto a conoscenza o di cui era stato vittima personalmente.
Il viaggio durò un paio d’ore come ci aveva annunciato Robert, ore che passarono alquanto velocemente.
Eravamo stanchi non soltanto per aver fatto tardi la sera prima, ma anche per il lungo viaggio da New York che avevamo ancora sulle spalle, per non parlare poi del fuso orario.
Comunque quegli stupendi divanetti così comodi ci conciliarono un breve riposo.
Tutt’altra cosa fu il tragitto dall’aeroporto di Kerma al piccolo centro di Sulb.
Infatti anche se impiegammo lo stesso poco più di due ore, fu decisamente pesante.
Anche se un po’ soffocati dalla polvere e accecati da raffiche di vento misto a sabbia dato che la jeep era semi scoperta, percorremmo quel tratto di strada quasi completamente assorti nell’ammirare lo stupendo paesaggio che ci circondava.
Costeggiando il Nilo era straordinario fermarsi a guardare la folta vegetazione che ne arricchiva la rive, senza dimenticare la grande varietà di volatili e altri animali che avevo finora visto solo in documentari sulla natura.
Per tutto il viaggio avevo pensato che Sulb non fosse altro che una piccola cittadina, semi deserta, quasi disabitata se non da gruppi di studiosi o simili.
Una volta arrivati a destinazione, fui veramente stupito di constatare quanto invece questo piccolo posto potesse essere così ricco di vita… quasi frenetica direi.
Ci trovammo infatti come nel mezzo di un grande mercato, le vie che percorremmo per l’Hotel brulicavano di bancarelle e venditori.
Chi un casco di banane, chi qualche paio di sandali, sembrava che tutti fossero coinvolti nello scambio o nella vendita di qualche oggetto o qualche genere alimentare.
Ben altro aspetto avevano quegli stranieri che si trovavano come noi si trovavano un po’ frastornati in questa confusione, ne notai un gran numero.
Robert mi spiegò che Sulb era diventata conosciuta da poco tempo, negli ultimi tempi erano stati effettuati dei ritrovamenti di grande valore storico, che avevano attirato un gran numero di turisti e di studiosi, come potevo ben notare.
Ci sistemammo in un grazioso albergo, era il meglio che si potesse trovare in città, naturalmente avremmo dovuto fare a meno di aria condizionata, servizio in camera e magari anche dell’acqua calda.
Il campo organizzato per gli scavi distava un quarto d’ora di jeep o poco più e si trovava completamente in mezzo al deserto.
I collaboratori di Robert ci aspettavano lì prima che del tramonto, in modo da tornare in città con loro.
“Mentre sistemate le vostre valigie – ci disse Robert – io devo andare ad avvertire del nostro arrivo i responsabili della compagnia che ha organizzato la spedizione, sono in città ad aspettarci, ci vediamo fra un oretta o poco meno… ”
“Ascolta Lawrence, perché non vai anche tu? – aggiunse Clara – è meglio che inizi a farti vedere, magari anche un po’ interessato, da chi ci ha pagato il viaggio… ”
“Buona idea – continuò Robert – vieni dai, sbrighiamoci. ”
Prendemmo la jeep e come al solito una delle guardie si mise al posto di guida, Robert si sedette dietro con me.
Durante il tragitto mi spiegò che
doveva andare a trovare una sua conoscente, la storia dei responsabili della compagnia era tutta una balla, come immaginavo.
Questa ragazza gestiva un piccolo negozietto di artigianato locale diverso dai soliti, infatti il marito si divertiva a scolpire e modellare dei falli in legno, mentre lei li vendeva ai turisti.
Robert disse che naturalmente ci avrebbe riservato un trattamento di riguardo dato che aveva un piccolo debole per lui, non si trattava di sconti precisò, ma di un qualcosa di più intimo… non volle aggiungere altro, solo che sarebbe stata una bella esperienza.
Impiegammo una buona decina di minuti, non era facile muoversi in quelle stradine così intralciate dal viavai di automezzi e non solo… trovarsi a fare la fila ad un incrocio tra cammelli da un lato a cavalli dall’altro di certo non capitava tutti i giorni, almeno non a New York.
La guardia ci lasciò davanti ad una piccola baracca, sulla porta d’entrata non vi era alcuna insegna di “artigianato”…
Robert busso energicamente con entrambi i pugni; non dovemmo aspettare molto che una ragazza sulla trentina d’anni ci venne ad aprire.
“Ma che cavolo! , me la volete buttare giù sta porta… Robert sei tu!
Che bello rivederti – disse lei abbracciandolo e salutandolo affettuosamente – presto entrate, mio marito non c’è, fate come se foste a casa vostra. ”
Il fatto che avesse puntualizzato subito che non c’era il di lei consorte, mi faceva capire quale sorta di amicizia ci fosse con Robert, comunque il pensiero di trovarmelo davanti armato di machete, pronto a sventrarci se non peggio, non mi permetteva di mettermi a mio agio.
All’ingresso guarda caso vi era tutta una serie di coltelli, accette e quant’altro servisse per intagliare oggetti in legno, posti alla rinfusa su un grezzo tavolo da lavoro pieno di trucioli e polvere.
Safira, questo era il nome della ragazza, ci portò in una specie di salotto non molto grande a alquanto spoglio.
Vi erano soltanto delle poltrone ricoperte con pelli di animali, un tavolo in legno e alcune mensole alle pareti.
Spiccava in quell’ambiente per me così esotico un grosso frigorifero, mi soffermai a guardarlo stentando quasi a riconoscerlo.
“è un regalo di Robert – mi disse, accortasi dello stupore sul mio viso – da queste parti non è molto facile trovarne di così belli e funzionali… lo tengo come il tesoro di famiglia.
A proposito tu sei un suo amico?
Gli amici di Robert sono anche miei, soprattutto se sono così affascinanti. ”
“Ascolta cara, non abbiamo molto tempo da dedicarti… facci vedere cosa hai di nuovo, ti ho portato un nuovo cliente apposta! ”
Le suggerì Robert, che intanto prese due birre fresche da quel bel frigo.
Safira ci portò un grosso vassoio coperto da un panno di stoffa, l’appoggiò sul tavolino vicino alle poltrone su cui c’eravamo stravaccati e disse che queste erano i più “recenti e sofisticati” lavori di suo marito.
Levò la stoffa, scoprendo una decina di falli…
“Vedete – incominciò ad illustrarceli lei – ognuno di questi è fatto in dimensioni e forme diverse asseconda dell’utilizzo che se ne vuole fare.
Alcuni sono intagliati in pezzi di legno altri sono delle radici di Baobab raccolte e lavorate.
Il primo da questa parte è il più grande, è dotato di un notevole prepuzio davanti mentre in fondo, vicino al manico mio marito ha voluto scolpirci una coroncina di punte abbastanza sagomate in maniera tale da solleticare il clitoride una volta inserito tutto quanto dentro… ”
“Scusa ma non si capisce molto bene come funziona – la interruppe Robert – lo sai, noi siamo clienti affezionati, mostraci meglio… così sapremo se vale la pena comprarlo.
Il mio amico qui, non è pratico della cosa, non vorrei che facesse una figuraccia con la moglie, se ne le regalerà uno… ”
Era divertente la cosa, pensavo che Robert scherzasse, soprattutto il fatto di regalare una cosa del genere a Clara…
“Come volete – continuò lei – ma se poi non me ne comprate almeno tre o quattro mi incazzo…
Lawrence fammi un favore, intanto che mi preparo prendimi quel vasetto d’argilla che vedi sullo scaffale di fronte, c’è un po’ di olio di cocco, mi servirà… ”
Nel frattempo si sedette sul divanetto vicino a Robert, si sollevò la lunga gonna che indossava e si sfilò una sorta di rustico perizoma.
Allargò le gambe e iniziò a toccarsi.
Lui le sbottonò la camicetta e le scoprì il grosso seno.
Era veramente voluminoso anche se non molto fermo, non avevo mai visto dei capezzoli così larghi e pronunciati.
“Dai Lawrence – sussurrò Safira – è meglio che fai un po’ di esperienza… segui le mie istruzioni e vedrai che imparerai a far godere una donna allo spasimo.
Allora, le vedi le grandi labbra… ecco aprimele per bene con le dita e facci scivolare dentro un po’ di quell’olio che hai in mano.
Bravo, così… non troppo però!
Non sono mica vergine.
Ora prendi quel grosso fallo che ti ho fatto vedere prima e leccalo bene, non serve perché citare una donna, ricordatelo! ”
Nel seguire le sue istruzioni mi sentivo un ragazzino alla prima esperienza; non che avessi bisogno di imparare, ma era alquanto eccitante sentirmi impartire quegli ordini per farla godere…
“Adesso appoggialo all’apertura e spingilo dentro delicatamente… arriva fino in fondo… piano piano, facendo un po’ su e giù… sei bravissimo… continuaaah.
Una volta che sei arrivato a questo punto ahh! , guarda bene, la coroncina di punte è arrivata vicino al clitoride… ora è il momento di cambiare movimento, ruota il fallo con il polso così, come se mi stessi spremendo un’arancia sulla fica… in questo modo mi solleciti in maniera stupenda.
È favoloso… devo dire che mio marito è un genio… godo proprio. ”
In quel momento suonò il cellulare a Robert…
“Ma ti sei portato il telefono fin qui? Siamo quasi nel mezzo del deserto e squilla il telefono come in ufficio, come cazzo è possibile? ” Gli chiesi sbalordito.
“è un satellitare me l’ha dato la compagnia perché mi potesse trovare sempre e se mi chiamano è per un motivo serio. Ricordati poi che siamo qui per lavoro… scusate ma adesso devo andare – rispose lui prima di uscire velocemente – resta pure ci vediamo fra mezz’ora in albergo! ”
Il primo istinto fu quello di alarmi dal divanetto e avvicinarmi a Robert, ma la Safira mi afferrò per un braccio impedendomi di allontanarmi
“Aspetta! – mi disse lei – cosa vuoi lasciare un lavoro a metà… hai tempo, non te ne andare. Altrimenti ti dovrò convincere con le buone… ”
Mi guardava con quei suoi occhi accattivanti, che lasciavano intuire quali erano le sue intenzioni.
Si sedette sul divano e mi slaccio i pantaloni; io ero fermo in piedi davanti a lei, le accarezzai la testa e tirato fuori l’uccello dai boxer glielo porsi…
“Quando Robert mi viene a trovare colgo l’occasione di fargli una specie di rito magico che ho imparato dai miei avi. Procura fecondità e ricchezza all’uomo che subisce questo sortilegio… vuoi provare… non ti costerà nulla. ”
Accennai col capo che ero d’accordo, mi fece togliere i pantaloni e stendere sul piccolo divanetto.
Inginocchiata davanti a me in mezzo alle mie gambe, inizio a prendere nella sua bocca l’uccello, ora leccandone vigorosamente la cappella, ora succhiandola e premendola fra le sue labbra pronunciate.
“Per questo rito ho bisogno del tuo seme, più me ne darai più risulterà efficace e duraturo… impegnati. ”
Mi fece allargare le gambe perché potesse arrivare meglio alle palle con la sua bocca, diceva che andavano sollecitate il più possibile, come anche il mio ano, in cui lei non esitava ad affondare la lingua.
Per farmi ritardare il più possibile l’eiaculazione mi stringeva forte la base del cazzo mentre si sforzava per farselo arrivare in gola.
Mi fece poi alzare in piedi per poter più facilmente raccogliere il mio sperma in una specie di terrina, fu molto attenta perché non se ne perdesse un goccia; una volta venuto riprese in bocca l’uccello, ripulendolo e massaggiandolo con le labbra finché non perse l’erezione. FINE
