Il castello

Forse il caso, una coincidenza, uno strano scherzo del destino ha fatto sì che i nostri sguardi s’incrociassero assaporando quel turbinio di passione che ci travolse in quella breve vacanza in cui, entrambi, eravamo esuli di vite alla deriva.
Fuggiti dalla nostra quotidianità per ritrovare quell’input che da qualche tempo ci aveva abbandonato.
Meta dell’ambita vacanza i castelli della Loira… una gita guidata alla riscoperta d’antichi sapori e tradizioni.
Tu eri con una compagnia proveniente da Nord, un tour organizzato ed io capitavo lì per caso spinta a cercare rifugio in una giornata infernale in cui nuvole nere colme di pioggia lampeggiavano alte nel cielo e un forte vento scuoteva gli alberi circostanti.
Quel castello era stato addebito ad albergo ma aveva conservato le sembianze di un tempo con enormi saloni, scale di marmo e pesanti poltrone di velluto bordò.
Consolle di vecchio legno il cui odore, ormai, si era perso fra quelle alte pareti dai grandi soffitti incastonati di vecchi travi con grosse borchie di ferro.
Armature lucidate facevano da guida nei lunghi corridoi illuminati da un susseguirsi di torce ardenti.
Grosse tende di stoffa un po’ sbiadita coprivano alti finestroni che si alternavano lasciando spazio alle varie camere.
La 409 era, la camera che mi era stata data, all’ultimo piano, sotto tetto ma ero stata fortunata visto che il vostro gruppo ed uno atteso per la serata, avevano prenotato quasi tutto il castello.
Ricordo che aprii la porta della stanza e rimasi affascinata dal gran fasto che vi era dentro, prima di allora avevo visto tante rifiniture solo nei film. Un grandissimo letto a baldacchino padroneggiava e un piccolo tavolino stile Luigi XIV° era posto proprio davanti un piccola finestra.
Il soffitto era scosceso, ricoperto di vecchi travi con al centro un gran lucernario che coincideva con i cuscini adagiati su soffici coperte.
Mi stesi e spensi la luce.
Fissavo quel gran finestrone che mi proiettava uno squarcio di cielo. Potevo vedere il susseguirsi dei lampi e il rincorrersi delle nuvole.
Una musica di sottofondo copriva, in parte, l’espandersi dei tuoni.
Accarezzavo con le mani le coperte cercando di ripercorrere la storia di quella stanza così strana e affascinante nello stesso tempo.

L’ora di cena.
Fatta una rapida doccia, ricordo che indossai un vestito lungo, nero velato sulle braccia e le spalle fino a metà seno.
Una bella collana d’oro bianco ricordante una foglia con incastonata una perla vi stava perfetto e faceva risaltare il mio volto truccato con discrezione e in modo non volgare.
Orecchini dello stesso tipo della collana mi scendevano delicatamente verso il collo dandomi un aspetto ancora più slanciato.

Sopra vi era ogni ben di Dio e ognuno poteva sedersi dove voleva secondo le preferenze culinarie.
Poteva ricordare un banchetto di una volta in cui l’oste portava ancora grandi boccali di vino e la padrona, nelle sue vesti provocanti, con corpetto stretto da stringhe che mettono in evidenza seni bianchi e tondi, serviva a tavola.
L’allegria nasceva spontanea ed era inevitabile visto la semplicità mista quasi a un sottile gioco spregiudicato.
Mi ritrovai a parlare con molte persone mentre cercavo di decidere dove sedermi osservando i piatti che si rincorrevano su quell’immenso tavolo.
Alla fine decisi per stare sui secondi attratta dal profumo di patate al forno con un susseguirsi di vari tipi di carni.

Fu lì, mentre ero alle prese con un ala di pollo, che i nostri sguardi s’incrociarono.
Sarebbe meglio affermare che le nostre forchette entrarono in collisione facendo volare sul tavolo l’ala.
Ci guardammo incerti se ridere o fingerci scocciati.
Ricordo che passò pochissimo tempo ma in quegli attimi i tuoi occhi scrutarono i miei ed io mi sentii come trasportata in un’improvvisa sensazione di benessere.
Fu la prima e l’ultima volta che mi ritrovai a ringraziare un ala di pollo.

Facemmo subito amicizia ma la mia sensazione e, penso anche la tua, era come se ci conoscessimo da sempre!
La cena non finiva mai e il vino, poi, più ne bevevo e più ritrovavo il bicchiere colmo fino all’orlo.
D’un tratto un lampo illuminò quasi completamente la sala da pranzo seguito poco dopo da un boato fortissimo.
La luce svanì in un istante.
Vi fu un crescente e continuo crescere di voci e un susseguirsi di accendini che si adoperava nell’accendere lunghe candele che erano state messe prontamente sulla lunga tavolata.
Il dolce.
Il caffè.
Ancora un buon bicchiere di whisky invecchiato con cura.
La luce non accennava a tornare ed io decisi che era il caso di andarmene in camera ma volevo andarci con te.
Non mi sembrava il caso di dirtelo apertamente quindi sarebbe toccata a te la proposta ed il mio si, pronto e in fervente attesa, non si sarebbe fatto attendere.
Ti guardai fisso negli occhi e capii subito che il mio desiderio era anche il tuo.
Non ci fu bisogno di parlare, le nostre mani si trovarono unite mentre, salutati gli altri, ci allontanavamo dalla sala… come fummo soli, in quei lunghi corridoi, te mi stringesti forte baciandomi con tale desiderio da farmi girare quasi la testa.
Mi ritrovai, così, stesa sul letto della mia stanza, ma se dovessi dire come ci ero arrivata… non saprei proprio!

Le tue mani accarezzavano il mio corpo.
La pioggia ticchettava violenta sul vetro del lucernario ed era bellissimo sentire le tue braccia che mi stringevano forte mentre un lampo illuminava i nostri corpi.
Mi ritrovai stretta a te con un armonia che sembrava appartenerci da sempre.
Lentamente incomincia a baciarti il petto fino a ritrovarmi su di te.
Mi muovevo spinta dalle tue mani e sentivo crescere il piacere ogni istante di più.
Fu come se tutto sparisse intorno a me lasciando solo il tuo corpo, la tua bocca… lasciando solo te a colmarmi di gioia e di piacere.
Era un trasporto che non conosceva le barriere del pudore, un trasporto guidato unicamente dall’istinto e, quella notte, i nostri istinti volevano solo sesso, amore, passione.
Sentivo la tua bocca salire e scendere sui miei fianchi, le tue labbra morbide baciarmi la pancia… la tua lingua giocare con il mio ombelico e scendere più giù fino a farmi inarcare verso di te e sussurrare parole di piacere.
Il tuo petto sui miei seni, il tuo muoverti dentro di me provocandomi immenso piacere.
E poi ancora, la tua lingua sulla mia schiena, le tue mani accarezzarmi le cosce.
Sentirti nuovamente in me… i tuoi fianchi sui miei glutei spingere forte… il tuo ansimare, ridere, buttare indietro la testa… rotolarsi in quel gran letto nella continua ricerca di piacere, sempre nuovo, diverso…
Ritrovarsi, poi, addormentati, mano nella mano, sudati, felici… uniti in una notte folle ma colma di emozioni fortissime.

I pullman si muovono lentamente nel piazzale sottostante…
Te sei scivolato dal mio letto, un tenero bacio a voler dire grazie, ciao… o forse, addio…
Anch’io mi sarei dovuta rimuovere e preparai lentamente la mia valigia.
Chiusi alle mie spalle la porta della stanza…
Sentii un senso di vuoto…. La macchina mi attendeva, un ultimo sguardo a quel castello, un saluto alla favola di una notte e via… verso nuove mete, nuove scoperte…. Ma te eri ancora in me e… chissà se mai ti avrei rincontrato? FINE

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