Maledetta me… Mi ritrovo a lamentarmi del caldo e dei vestiti che ti si appiccicano alle cosce: lo ho bramato per un anno intero, ed ora che è finalmente arrivato…. E si che sarei una fautrice della “stagionalità”: giusto che in inverno se fa freddo lo faccia veramente; che ci si la neve e la nebbia e il gelo. Giusto che l’estate se fa caldo ti faccia far fatica, sudare e appiccicare, muovere intorpidita…. Giuste le arance e i mandarini di inverno e le angurie in estate… Mi piace aspettare, mi piacciono le scansioni. “Non ci fossero più le mezze stagioni” cerco di onorarle con dei riti come “castagne e ribolla” a settembre, le ciliegie a primavera; adoro la prima violenta e breve fioritura degli alberi al primo caldo adoro le cose che quando nascono profumano, esplodono si fanno sentire e poi devi aspettare un altro lungo anno per rivederle…L’odore dell’asfalto incandescente bagnato dalla pioggia in primavera, l’idea di correrci e sentirla come una benedizione e sentirla addosso… L’odore della terra morbida arata dai vomeri la voglia di stendermici nuda e mescolare le mie linee alle sue…L’odore dell’erba tagliata… Di recente anche i ritmici spruzzi delle pompe che innaffiano di notte i campi di granturco, andare in “camporella” lungo i sentieri disegnati di pozzanghere che riflettono il mondo come uno specchio illuminato dai fari della macchina che non sai se sia più reale del reale…. In tal caso se il tuo riflesso reale se ne andasse stufo di specchiarsi saresti tu a scomparire… Amo farmi montare selvaggiamente, rabbiosamente sotto quei getti, tra il caldo ed il fango, mettermi a quattro zampe e sentire il mio uomo spingere, farmi sudare e urlare a squarciagola, combattere senza pensare quella guerra di piacere… Mi piace pisciare nei campi, accovacciarmi e sentire i suoni, il vento, i profumi della terra…
Non importa cosa o quanto hai fatto durante l’anno: arriva agosto e in giornate come questa sei nervosa, quasi fosse ingiusto e sacrilego trovarti al lavoro in giornate dai momenti folli: intensità frenetica e lunghe inutili pause…
Non sono certo l’anello forte della produzione: in questo lavoro provvisorio devo coprire i periodi meno graditi dai titolari fissi del gioco di questa ditta, sono stata assunta proprio per permettere loro di fare le ferie….
Ufficio, amministrazione: il bello è che non sarebbe nemmeno il mio ruolo, la segretaria è un ripiego comodo se hai un minimo di titolo, delle belle cosce un bel culo e delle discrete tette su un musetto sfizioso. In questo periodo estivo rispondi al telefono, sistemi carte semplici…. La produzione ha una pausa, funzionano i magazzini per inventari…
Passano pochi giorni e negli uffici non faccio tempo a conoscere le poche persone rimaste che mi salutano: Ischia, la Grecia, Croazia, Sardegna, Ibiza… Sembra un teatro di posa svuotato per il fine settimana…
A parte delle piccole incombenze fisse, qualche lettera, il centralino, qualche dato da sistemare e riordinare a fare la carina le due orette che uno dei titolari passa qui prima di raggiungere con la moto la famigliola e la barca al mare a trenta chilometri da qui non potrei comunque fare: prendo nota mando i messaggi a memoria e rispondo gentile. In effetti credo che gli approcci appena accennati ma nitidi, le mie cosce in mostra e i miei sorrisi siano il motivo per cui sono qui e siccome costa davvero poco gioco la mia parte… Lunghe pause. A volte non mi passa più. Solita zona industriale dispersa tra i campi mal coltivati di un paesone come ce ne sono tanti… A volte mi piace star sola coi miei pensieri; mi piace gironzolare per gli uffici vuoti, farmi un’idea sulle persone che ci lavorano tutto l’anno da piccoli oggetti e modi di incollare le cartoline o piccoli messaggi…. Mi piace tenere la musica bassa col caldo e entrare come in trance con le voci della radio…Oppure alzare il volume e canticchiare “Llego el Concodrillo Y superchango/toda la playa de Maracaibooo” o “Me gustas tu”( il mio sviscerato amore per ManuChao, Mano Negra e Radio Bemba sfiora la mania in questo periodo e, fresca di corso salsa y merengue, mi ritrovo ad adattare i passi e ballare da sola a volte in maniera sin sfrenata mentre “gorgheggio”, stonata, a squarciagola…). A volte mi diverte lasciarmi andare e masturbarmi; magari sotto l’effetto rilassante di un qualche tiro di sigaretta aromatizzata…
A pranzo non vado a casa: troppo un’ora di macchina col caldo e prepararmi qualcosa, poi mi verrebbe sonno…. E mio marito non è a casa che la sera… A volte un messaggino in chat ad Hawk per vedere come procede la costruzione del nostro buffo sito-caffè di interminabile progettazione…O uno squillo a Zobeide per sentire come vanno le loro giornate…Un bacio al telefono a Marcolino mio…
Mi tengo il mio “gamellino” preparato la sera con un po’ di cibo e qualcosa da bere e spesso scendo in reparto produzione e mi unisco al poco personale addetto agli inventari. Pur se piccola la ditta è impostata in modo classicamente arcaico: gli uffici finestrati danno sui capannoni ed i titolari ci tengano la direzione resti stizzosamente separata dagli operai, probabilmente per una sorta di idea che la “piramidalità” dei ruoli sia una sorta di stimolo rispettoso a chi da il lavoro, che la separazione gerarchica serva a mantenere chiara l’organizzazione e la deferenza…. Mah!!!
Sta di fatto che verso l’una i pochi macchinari in moto si fermano e cala finalmente il silenzio: quel rumore cui non facevi caso lo scopri fastidioso ed è una liberazione quel sibilo calante che ti regala il suono del sole e dei grilli…
Allora scendo in capannone e mi unisco ai superstiti, all’inizio un po’ stupiti…In effetti il mio abbigliamento è “da segretaria” quasi come una divisa: minigonna, tacco alto, camicina… Ma credo abbiano capito: in capannone l’odore del legno e della colla mi piace, mi piacciono i macchinari, ridono delle mie domande ma quando vedono che in effetti mi interessa perché la mia “arte”, il mio usare i materiali, al di fuori del “mestiere per vivere” mi porta a usare quei mezzi… Beh, la cosa li interessa, li fa ridere e si divertono a farmi usare la pialla o il tornio e a sentire le mie domande o piccole richieste per pezzi di legno che vorrei usare per le mie cose: una forma che mi ispira, un colore, una matericità… Sono per lo più uomini, un paio di ragazze e certo lo so, le gambe, il culo e le trasparenze le guardano, dopo i primi tempi prendono confidenza e mi chiedono di me, fanno battute sul capo che mi si vorrebbe fiondare, complimenti sul mio corpo, pettegolezzi sui “colletti bianchi” che non ci sono. In fondo mi piace. So che siamo differenti come abitudini e tante cose, non voglio” essere una di loro”; sono quello che sono. Io non parlo il dialetto ed ho un modo di fare, di vestire, un odore diverso; sinceramente se “mi usano” per le loro fantasie mi diverte anche. Sono gentilissimi con me… Mi adottano: divertente bere un bicchiere di vino nero seduta su un bancone con alle spalle un calendario classico da officina meccanica e due bocce così in bella mostra su sorrisi di plastica…. So che un po’ sono provocazioni cui li diverte mettermi di fronte, un po’ sono io una proiezione di quel calendario su scala locale… Sto alla parte di buffa-carina…
Con uno di loro lego poco: strafottente, molto “macho style”, piuttosto greve… Mi mette a disagio. Altri mi coccolano. Con me fa il duro quasi a dimostrare agli altri non si sa cosa… Lo evito se posso…
Arriva un giorno di afa insopportabile: riduco al minimo i movimenti, “energy saving”… La giornata passa in catalessi e verso le sei so che passerà di qui mio marito che si è liberato prima e si va a bere qualcosa assieme per poi andare a sentire un concerto all’aperto…
Qui staccano alle cinque di questa stagione, io stasera ho tempo in più, cazzeggio un po’, chiudo gli ingressi degli uffici quando mancano venti minuti alle sei e mi avvio ad uscire dal capannone, passo per il magazzino e girovago un po’… Mi viene da ridere a pensare a Renza, l’operaia più carina, che un giorno ho vista infrattata dietro le casse con uno dei ragazzi con un sorriso come stesse mangiando un gelato, divertiti, giocare, prendersi… Guardo un po’ di oggetti sui banconi e poi vado nei bagni del personale a fare pipì… Quando esco trovo lui. Credo si sia fermato a sistemare i caricabatterie dei “muletti”, non me ne ero accorta. Mi si para davanti. “Cosa fai ancora qui? “. Rispondo, non so perché, impacciata come una bimba sorpresa a rubare biscotti, per giustificare, gli spiego il motivo dell’attesa. “Eri nel bagno dei maschi, cosa c’è, ti eccita l’odore? “. Non me ne ero accorta: nello spogliatoio ci sono due blocchi ma non è indicato…. Non so perché ma non riesco a rispondere se non nervosa, da “più debole”. Mi sta addosso ma non a contatto. “Ti piace far sbavare eh…? Ma all’atto pratico la dai solo a chi ha i soldi…”. Vorrei uscire ma mi blocca il passo: è a torso nudo, maglietta in mano, sigaretta in bocca, brilla di sudore. Bel corpo, muscolare, sui 35 anni, barba tre giorni, bei lineamenti ma stronzo da far paura. “Dai, non ti faccio uscire se non mi mostri cosa hai sotto, se indossi qualcosa…. “. Ho una pulsione di rabbia. Lo guardo sprezzante, tiro su la mini, sotto ho un perizoma bianco da brividi… “Girati”. Lo faccio, gli mostro il culo. “Notevole, li vali tutti i soldi che ti pagano per fartelo, ma riescono a farti godere? …”. Mi si avvicina e mi appoggia un bacio sulla bocca. Sa della birra fresca appena sorseggiata di fronte a me direttamente dalla bottiglia, con cui mi struscia l’interno della coscia… Sempre con quella mano mi passa due dita a risalire sulla spacca, sopra gli slip, preme a farla schiudere come un frutto di mare da aprire, poi le porta alla bocca…”Stai colando come una lumaca troietta…”. Passiva. “Hai fatto? Posso andare…? “. “Se ti va si…”. Esco, vado verso la macchina con la rabbia agli occhi, ci salgo…
Non so perché, a volte mi si cancellano i pensieri. Prendo il telefonino, lo chiamo… Gli dico che ho qualche pratica da espletare in ufficio, che lo raggiungerò di li a poco direttamente al concerto… Plausibile. Ritorno sui miei passi con mille parole e minacce da urlare, entro nei servizi.
è appoggiato alla parete piastrellata, nudo, mi guarda sorseggiando un’altra birra come una pubblicità… Sorride sarcastico, con l’altra mano se lo mena, lo ha davvero grosso il bastardo e lo esibisce. Ha un culo perfetto…
Istanti. Non penso. Mi spoglio di fronte a lui, resto nuda e vado sotto la doccia… “La troia è venuta a prendersi la sua dose di cazzo? “. Rispondo di si, di farmi vedere cosa sa fare, gli prendo la birra di mano, la bevo a canna, poi la porto tra le gambe e guardandolo sprezzante sposto una gamba e pian piano faccio scivolare il collo della bottiglia dentro, mi masturbo… Poi gliela ripasso. Il suo sguardo cambia… Non è il più forte, non più, lo fa arrabbiare, ma non lo temo. Mi gira faccia al muro, sento l’acqua addosso; mi spinge la bottiglia, ma dietro e senza attenzione. Fa male ma mi mordo appena le labbra e lascio che mi scivoli nel culo, mi inarco, fa dentro fuori appena…A occhi chiusi dico “Chiavami”. Mi rigira, mi si butta addosso, baci selvatici, scende sui seni e affonda il viso tra le cosce, la apre con le dita, greve, la lecca avido, continua sino a separarmi con le mani le natiche e leccarmi il buco del culo inframmezzando con un “Lo sapevo …Troia… Vacca… ecc. ecc…”. Gli struscio il culo sul grosso cazzo durissimo, poi mi giro, mi butto in ginocchio e gli dimostro quanto sono brava con la bocca e gli accarezzo i muscoli del corpo. Vibra, spiazzato. Impeto di rabbia. Mi prende, mi inforca: non c’è altro termine. Urlo, fa male. Mi avvinghio con le cosce e sento la figa piena di cazzo, la pancia. Pompa violento. L’acqua della doccia non basta a portare via il sudore dai nostri corpi. Sento tra le mani i muscoli del suo culo, perfetti. Cerco di penetrarlo con un dito, si irrigisisce. Continua a sparare bordate tremende, sento il rumore di lui sbattermi addosso. Non la scopata della vita ma lo sento molto, sono eccitata, vengo, lo graffio, ma non smette, continua e mi riaccendo in un lampo: voglio vincere io. Lo spingo via, mi giro, non lo guardo nemmeno: “Spaccami il culo”. In piedi, gambe e mani divaricate, ben appoggiata al muro. Titubante. “Dai bastardo, fammelo o hai paura di non farcela? …”. Lo fa. E questo lo fa divinamente bene. Sa far male. Ma sa i tempi. Da come me lo tocca facendolo sento che lo fa impazzire. Poi mi prende i capezzoli tra pollice, indice e medio. è crudele, perfetto… Lo sento vibrare, si sfila… “Girati, voglio fartela addosso…” …Mi lascio scivolare, una volta girata, lungo il muro, sorrido, ansima di fronte a me, il cazzo in mano. Gioco al gatto col topo… Lo lascio appena calmare, gli levo le mani dall’uccello, gli lecco le gambe, il culo, mi alzo a baciargli le braccia, le ascelle, il petto, l’addome e poi lo prendo in bocca a fondo…. Lo masturbo. Non lo guardo… “Fammela in bocca…” …Mi prende la testa, mi scopa in bocca, lo sento tremare ed esplode, copioso, mando giù ma poi apro e mi arrivano ancora getti sul naso, sui seni…. è sconvolto… Resto seduta a terra sotto il getto della doccia dritto sul mio viso, sto li un po’… Mi piace. Trovo la birra, ne bevo un sorso, lo guardo…
Mi lavo, si lava, mi rivesto, classica sigaretta, Niente parole.
“Puntata unica immagino”. Sorrido e dico di si…Sorride anche lui. Per la prima volta trovo rispetto nel suo sguardo. “Ora vado”. “Posso avere gli slip? “. “Come trofeo? “. “Non da esibire, comunque si: non ne ho mai avuta una come te, anche se ho sentito che sei di un altro mentre lo facevi…”. Li sfilo, glieli passo, lenta e sorniona. Mi chiede come è stata. Vorrei dire rabbiosa, necessaria ma non straordinaria come col mio uomo. Gli manca qualcosa… Non abbastanza bastardo, non abbastanza seducente, non abbastanza leale ma…. Gli rispondo “Incredibile”; sa che non è così ma gli fa piacere. Non so se passerò nel reparto leggende aziendali ma non credo: i modi dei giorni successivi erano quelli di un giardino privato da tenere per se: sentiva lo studiavo, orgoglio di finto eroe da “fronte del porto”… Dimostrare che lo teneva per se. O forse come è più tattico… Dal momento che con me era diventato un signore lasciare capire e non capire agli altri…
Scherzi del caldo… FINE