è più facile raccontare come sia nato tutto, piuttosto che capire cosa sia adesso.
Aprile ’00, villaggio sulla costa del Marocco, caldo agostano. In programma c’è una gita in pullman alla città vecchia di vattelapesca in mezzo all’entroterra, io e P. , la mia compagna 28 anni, decidiamo di andare. P. si mette un corto vestitino elasticizzato e sotto solo le mutandine dato che di mare non se ne parla ma di caldo si. Partenza prevista alle 10. 30 effettiva 11. 30, 2 ore e mezza di tragitto in un oasi di aria condizionata.
Giriamo, fotografiamo, mangiamo ma soprattutto beviamo e sudiamo. Alle 17. 00 al momento della partenza mancano 4 tedeschi, fa niente tanto siamo persi nel fresco del nostro pullman. L’autista inizia a incazzarsi spiega in un buon francese alla nostra Guida che deve riconsegnare il pullman entro una cert’ora.
Improvvisamente si rompe l’aria condizionata, la situazione diventa ammorbante, la Guida va a comprare delle bottiglie d’acqua minerale che partono subito a garganella. Quasi alle 6 arrivano i tedeschi “sorry, we was lost … ” e si parte di corsa in un afa da Bologna d’agosto.
Nei sedili alla nostra sinistra, separati dal corridoio, una giovane coppia di inglesi. Lei porta un paio di corti e aderenti shorts in jeans e una canottierina verde, mi giro a vedere come a P. , da seduta, il vestitino si sia alzato quasi completamente sino a far vedere chiaramente il triangolino bianco delle mutandine e un bel pezzo di gamba fino a sotto il sederino, mmmmh!! Non vedo l’ora di tornare!
Siamo in viaggio da quasi mezzora e l’inglese, irrequieta, borbotta qualcosa al ragazzo; lui si alza, va dalla Guida e chiede se ci possiamo fermare in una locanda per una sosta di un attimo (pipì? ), l’autista non reagisce bene alla richiesta della Guida e ribatte in tono sostenuto qualcosa in arabo ma chiaramente negativo.
La ragazza inglese non prende bene la notizia, inizia a muoversi, strizza le gambe, le incrocia, ci si siede sopra, si appoggia al suo ragazzo, cambia posizione ogni 30 secondi e bisbiglia cose quasi incomprensibili: è pipì.
Adesso è passata un ora dalla partenza e la situazione è ormai stabilmente critica: la ragazza è agitata, quasi ipercinetica, il ragazzo va di nuovo a chiedere un breve stop ma stavolta lui e la Guida incassano delle urla in sano francese riguardo ai ritardatari, al guasto da far riparare e alla chiusura di un garage. Passa un altro po’ di tempo, non saprei dire quanto, la ragazza ora cerca di rimanere immobile, i cambi posizione ormai sono rari, è rossa in viso e stringe fortemente le gambe accavallate, ogni tanto con la mano si stringe la patatina e riesco a sentire un “Oh! ” che è quasi un gemito quando il pullman salta su una buca. Sono inspiegabilmente rapito dalla situazione e maledettamente eccitato, quasi sul punto di venirmene da solo nei miei shorts; il vedere lei che trattiene la pipì e che si muove in quel modo mi stimola un sesso incredibile. Mi accorgo che io e P. non ci parliamo da quando è iniziato il gioco dell’inglesina e temo sia incazzata a vedermi così preso da un’altra; mi giro, anche lei sta guardando l’inglese e dal luccichio degli occhi mi accorgo che anche lei è eccitata, ci scambiamo uno sguardo: siamo sorpresi della situazione e del nostro eccitamento.
La piccola guerra continua tra sforzi, attimi di relax e piccoli cedimenti, a un certo punto l’inglesina emette un sospiro mozzato e apre le gambe per dare un occhiata, immediatamente le richiude e emette un altro sospirone più forte, le gambe sono serrate, si alza un poco come se volesse uscire e muove una gamba per metterla fuori, improvvisamente appoggia la fronte al sedile di fronte, ci si aggrappa e dagli short, da entrambe le gambe, esce la pipì, un torrente di pipì, sarà durata un eternità, il dietro dei corti short si tinge velocemente di blu fin quasi alla cintura, io sto per venire, l’inglese crolla sul sedile e chiude gli occhi, P. mi prende la mano, la mette tra le sue gambe, le allarga e sento un bagnato che aumenta, la mano adesso è intrisa, sento le sue mutandine sempre più zuppe, mentre muovo il dito sul suo clitoride attraverso le mutandine lei allarga di più le gambe mentre la pipì aumenta e io esplodo appena mi ci appoggia la mano. Il caldo per P, e un provvidenziale maglioncino di scorta per me ci consentono di tornare nel villaggio senza suscitare commenti.
Siamo tornati a Milano, quanto accaduto ci torna in mente ma solo come piccoli flash “… ti ricordi come siamo venuti in fretta” o “ma quanto ci ha fatto morire M. ? (l’inglese, che poi abbiamo conosciuto)” ma nessuno di noi due fa un approccio per ripetere l’esperienza, comunque lontana, per quanto intensa, dai nostri “giochi” abituali. Provo a fare qualche ricerca su Internet, c’è molta roba , il che mi rende ancora più perplesso.
Passano forse 2 o 3 settimane, siamo ancora abbronzati, e in una fredda giornata di inizio estate andiamo a spararci a Laveno, sul Lago Maggiore.
Mentre siamo in macchina P. mi fa fermare in un Bar per fare pipì, io scherzo sul fatto che per fortuna non guido un pullman e che lei non parla inglese, P. ride.
A pranzo P. , con finta noncuranza, beve da sola forse più di un litro d’acqua e mezza bottiglia di vino, io me ne accorgo, ovviamente, ma lascio che l’incantesimo prosegua e non commento. Chi reagisce sono il cazzo, che mi si stabilizza fermamente sulla piena erezione, e le mie capacità intellettive, improvvisamente azzerate (per pagare consegno al cameriere il badge aziendale invece della carta di credito). Usciamo dal ristorante e andiamo a fare quattro passi nel paese, io non riesco a pensare ad altro che a P. e alla sua pipì. Fa quasi caldo, parliamo e scherziamo, poi le dico “P. , secondo me non arrivi alle 5 senza fare di nuovo pipì” al che lei ribatte: “Scommettiamo per le 5 e mezza? “, naturalmente ho accettato. Ci siamo fermati sul lungolago e P. ha preso una lattina di the (“le patate erano troppo salate”). Alle 4 cominciava a camminare storta e dei quadri in mostra nelle vie del paese non le importava nulla, il suo obiettivo era continuare a camminare per riuscire a tenerla, ma io volevo fermarmi per vederli da vicino, tutti. Ogni fermata era un balletto, lei che si dondolava da un piede all’altro, ogni tanto si piegava sulle ginocchia, faceva mezzo giro su un piede solo, o mi si aggrappava al braccio; io sentivo crescere la tensione e l’eccitazione a livelli da esplosione. Ci sediamo ad un altro bar e chiedo due Coke medie. P. mentre beve si allunga con le gambe sotto il tavolo nel tentativo di stringerle ancora di più, facendo così mi accorgo che il bordo delle autoreggenti spunta dalla gonna che rimane attaccata al bordo della sedia e che qualche passante butta l’occhio decisamente interessato, ma sicuramente meno di quanto lo sia io, ormai più eccitato di un carcerato dopo 20 anni di isolamento.
P. inizia ad andare in crisi, implora di spostare alle 5, mancheranno 5 minuti, ma io non ho alcuna intenzione di cedere. P. inizia a camminare con le gambe serrate, ogni tanto fa “Ah! ” oppure dice “Sto iniziando a perderla” o anche “Ho le mutandine fradice! ” tutto questo mi fa impazzire e ormai ho le palle che mi fanno male per quanto ce l’ho duro, a P. brillano gli occhi e fa venire voglia di scoparla per strada, talmente trasmette sesso. Ci diamo dei baci profondi e di sfuggita riesco a sfiorarla tra le gambe: P. ha un brivido che la scuote, ma le mutandine sono veramente zuppe! quasi vengo mentre lo scopro, P. se ne accorge e mi spinge con la mano il bozzo evidente dei pantaloni. Aaargh! momenti esplodo per autocombustione.
Ci muoviamo lentamente verso la zona alta, per andare alla bidonvia e vedere il panorama, mentre ci spostiamo c’è una strada da attraversare, iniziamo a passare, siamo in curva, arriva un macchina, dobbiamo fare 2 passi di corsa, per P. è troppo: al primo passo sento “Oh noooo! ” e poi arrivati sull’altro lato si appoggia con la schiena ad un muro, allarga un poco le gambe, con me davanti che la bacio, e si tira lievemente su la gonna mentre sento il rumore della pipì che colpisce il marciapiede. Sono accecato verso il resto del pianeta, per fortuna la gente passa sull’altro lato e sembra non notare la situazione o la pozzanghera che si sta formando. Saliamo di corsa sulla cabinovia, è ancora calda, bastano poche carezze per farla venire, mentre la tocco attraverso le mutandine bagnate e gocciolanti, le mi fa una sega, lo ammetto, 5 smanacciate sono bastate per farmi venire da sconquasso. FINE
