Come ogni anno, fin da quando ero ancora piccolissimo, i miei ed io con loro, ci recavamo ai primi di giugno nella nostra casa di campagna per trascorrere il periodo estivo.
La casa in questione era anticamente una fattoria di proprietà di uno zio contadino che ce la lasciò in eredità alla sua morte.
Mio padre la fece successivamente rimodernare e dotare di ogni comfort possibile ed ora era possibile abitarci senza dover rimpiangere le comodità alle quali si è abituati in città.
è situata in una zona collinare coltivata a vigneti ed è posta proprio sulla sommità di una collinetta da dove si può dominare tutta la zona circostante.
Quante ore ho passato seduto davanti alla finestra della mia cameretta a guardare il lavoro dei contadini, delle massaie che accudivano ai vari animali da cortile mentre tenevano a bada marmocchi dispettosi o piagnucolanti.
Anche ora passo delle ore seduto a rimirare il paesaggio immerso nei miei ricordi, ma i contadini non ci sono più, rimangono solo i vigneti che vengono curati da persone che giungono da lontano.
Di tutta la vita che ferveva fuori e che ancora ho viva nei miei ricordi non è rimasto più nulla se si esclude un piccolo convento di monache che sorge a qualche centinaio di metri sulla destra della casa.
Dopo tanti anni comincio a sentire il peso di quello che ai miei occhi non è più un luogo di villeggiatura, ma solo un eremo noioso per la monotonia della vita che vi si può condurre.
Ora ho diciannove anni ed anche a me piacerebbe passare le mie vacanze nei posti dove vanno a divertirsi i miei amici, conoscere ragazze con le quali andare in discoteca e magari fare del sesso.
Invece nulla di tutto questo, per motivi economici sono costretto a seguire i miei genitori e crepare d’invidia pensando ai miei coetanei che se la stanno spassando sulle spiagge della Romagna o della Versilia.
Sono immerso in questi foschi pensieri che mi stanno deprimendo quando la mia attenzione viene attratta dal movimento di alcune persone che in gruppo stanno passeggiando sul prato in fondo alla piccola valle che si domina dalla mia camera.
Per mia natura non sono curioso, ma quello che vedo è l’unico movimento di vita di tutta la zona e mi metto quindi ad osservare con una certa attenzione ciò che accade.
Prendo il mio binocolo e mi apposto alla finestra mettendomi comodo in osservazione.
Che delusione sono solo sette od otto ragazze che giocano controllate da una monaca, forse vengono dal vicino convento, ma sono l’unica forma di vita che rompe l’atroce monotonia che mi pesa sul cuore e mi soffermo ad osservarle a lungo.
Anche la monaca gioca con loro e anche questo aiuta a far crescere dentro di me il nervosismo causato dall’infantilità dei loro giochi, ma come è possibile alla loro età fare ancora cose così stupide come rincorrersi o lanciarsi cerchietti di legno?
Avranno almeno la mia età o poco meno e mi fa rabbia vedere come sprecano il loro tempo, ma d’altra parte io stesso non sto sprecando il mio in maniera ancora peggiore?
Sommerso da tutti questi pensieri continuo ad osservare seguendole col cannocchiale, ora si sono sedute dividendosi in un paio di gruppetti, chissà cosa si stanno raccontando?
Voleranno forse anche loro sulle ali della fantasia come facciamo noi maschi raccontando di chimeriche avventure o impossibili desideri?
Chissà!
La monaca nel frattempo ha preso sottobraccio una di loro e passeggiando le sta parlando con aria confidenziale.
Quale sarà mai l’argomento della loro conversazione?
Le altre ragazze continuano intanto i loro giochi ruzzolando nell’erba e a volte mi giunge all’orecchio l’eco delle loro grida, sono come rintocchi argentini di una campana che accrescono la mia invidia per la loro felicità.
Si le invidio, perché loro almeno hanno qualcuno della loro età con cui scambiare le proprie opinioni mentre io mi sento frustrato nella mia solitudine.
Interrompo le mie congetture perché non vedo più la monaca e la ragazza con la quale stava passeggiando, dove se ne sono andate?
Attraverso il binocolo faccio scorrere lo sguardo su tutto il prato, ma non ne vedo traccia.
Una ventina di minuti dopo eccole riapparire alla vista, stanno uscendo dal bosco di noccioli che delimita il lato più in basso del prato e mi prende uno strano prurito dettato dalla curiosità.
Che ci sono andate a fare nel boschetto da sole?
A fare la pipì?
No non credo ci sono rimaste troppo a lungo, che siano andate a lesbicare?
L’idea mi solletica la mente e mi tornano i ricordi di vecchi racconti e fantasie su come una volta si amava passare il tempo nei conventi; mi piace pensare che i miei dubbi possano essere la realtà.
Di li a poco la comitiva se ne va e spinto da una bruciante curiosità mi precipito sul luogo cercando chissà quali tracce lasciate dalle due.
Perlustro il boschetto in lungo e in largo, ma me ne torno a casa pieno di delusione per non aver trovato niente.
Il giorno dopo sono ancora alla finestra in febbrile attesa per vedere se ricompaiono le ragazze e dopo un po’ le vedo giungere dalla stradina che porta al convento.
Si ripetono noiosamente i giochi del giorno prima, ma la mia attenzione oggi è concentrata sulla monaca, non la perdo di vista un attimo e la mia pazienza viene ricompensata.
Come il giorno prima prende sottobraccio una delle ragazze e le vedo scomparire nel boschetto.
Ripeto a me stesso la domanda che mi martella dentro da ieri: cosa ci andranno a fare?
La curiosità è insopportabile e sto friggendo dall’impazienza di sapere, ma non escono più?
Quanto tempo rimangono là, nascoste al resto del gruppo!
Bisogna che sappia, devo scoprire quello che fanno.
Finalmente eccole!
Sono rimaste appartate ancora almeno venti minuti, un po’ troppi per essere andate a fare pipì.
Devo mettere a punto un piano per scoprire se è vero quello che sospetto e l’idea mi giunge facile quanto improvvisa.
Il giorno successivo, con discreto anticipo sulla solita ora di arrivo della comitiva, mi reco nel boschetto armato della mia telecamera e perlustro la zona cercando di capire dove vanno ad appartarsi.
Penso di aver localizzato il punto giusto perché vicino ad un paio di cespugli la poca erba sembra calpestata e mi apposto nascondendomi dietro un arbusto in paziente attesa.
Il tempo sembra non passare mai, le ragazze sono arrivate da tempo perché le sento ridere e scherzare, mi manca solo di veder apparire le mie prede e l’impazienza mi attanaglia lo stomaco.
Un fruscio di foglie smosse e un leggero bisbigliare mi fanno battere il cuore all’impazzata, eccole, stanno arrivando e spero solo che si vadano a mettere dove credo siano già state il giorno prima.
Si appartano proprio lì, osservo i loro movimenti attraverso la telecamera che ho messo in funzione, la suora sta stringendo fra le braccia la ragazza e mentre la bacia dolcemente sul viso la sento mormorare:
“Come sei bella Rita, mi piace tutto di te, i tuoi occhi, la tua bocca, hai due labbra così carnose e piene che mi viene sempre voglia di morderle. ”
La bacia sulle labbra e a tratti riesco a vedere la sua lingua saettare nella bocca della ragazza, anche la suora è carina e giovane, ma non riesco a darle un’età per come è coperta dall’abito monacale.
Si accarezzano i seni, la suora sbottona la camicetta di Rita e le mette a nudo le mammelle piccole e sode, le tiene con le mani a coppa mentre si abbassa a suggerne i capezzoli.
Li aspira rumorosamente con le labbra e si sente lo schiocco come di un bacio ogniqualvolta le sfuggono di bocca.
Rita ansima mentre si dà da fare col sottanone della religiosa e finalmente riesce a raggiungerla fra le gambe inguainate dalle calze autoreggenti scure.
Le accarezza le cosce tornite e piene scivolando piano, piano con le dita sulla fica.
Come sente il contatto delle dita la suora emette un gemito:
“Si, si… accarezzami, fammi godere con la tua mano, infilami dentro le dita e muovile! ”
Dopo poco lentamente si sdraia nell’erba sollevando le vesti, attira la ragazza su di sè, le sfila le mutandine e le bacia voluttuosamente il sesso.
Davanti all’occhio della mia telecamera appare invece in tutta la sua bellezza la vulva della suora che Rita ha cominciato a percorrere con la punta della lingua, è di colore bruno scuro con le piccole labbra sporgenti e carnose, un vello folto e riccio ricopre tutto il pube.
Il pene mi preme dentro i pantaloni dove ha raggiunto una violenta erezione, lo sento pulsare anelante di essere messo in libertà e lo accontento subito.
Mentre continuo a riprendere l’amplesso delle due donne in amore mi sbottono i pantaloni e lo libero da ogni impiccio della biancheria.
Mi masturbo lentamente in preda ad una voglia crescente di poterlo infilare in una delle due vagine e in un attimo sento il piacere montarmi su dalle reni e gonfiarmi i testicoli.
Col corpo percorso da incessanti brividi smetto di masturbarmi e stringo forte il pene con le dita per evitare di eiaculare troppo presto.
A poco, a poco con una sensazione sgradevole, quasi di dolore, sento scemare l’orgasmo e la mente si fa più lucida.
Suggestionato dalle effusioni amorose delle due donne, sento prendere corpo sempre più concretamente un’idea che mi è venuta lì per lì, la sento crescere dentro di me e farsi più insistente anche se contrasta con la paura delle conseguenze di quello che vorrei fare.
Non posso dire di aver preso una decisione, ma mi muovo così, istintivamente, e come sospinto da una volontà che non sembra appartenermi esco dal mio riparo col pene turgido proteso in avanti e in bella evidenza.
Un grido soffocato di paura accoglie la mia entrata in scena, la suora rovescia di fianco la ragazza mentre freneticamente cerca di coprirsi.
Rosse in viso cercano di ricomporsi balbettando parole che non capisco, sono così terrorizzate che non si sono nemmeno accorte della mia nudità, ma solo della mia presenza.
Mi avvicino alla suora e le accarezzo un seno, lei rapida cerca di colpirmi in viso con la mano aperta mentre fa un passo indietro, il colpo va a vuoto e in quel momento si accorge del mio pene tutto proteso verso di lei.
Con un grido soffocato afferra per un braccio la ragazza e le fa scudo col proprio corpo, mi guarda in viso e implora:
“La prego, non ci faccia del male… ”
“Non ho nessuna intenzione di farvi del male, mi piacerebbe però partecipare ai vostri giochi, far l’amore con voi, vieni vicino senti come è duro il mio cazzo… prendilo in mano toccalo… ”
“No, no! Non voglio! Per chi ci ha preso, non vede che sono una religiosa? ”
La ragazza intanto comincia a piangere e si strige alla suora con forza, è a questo punto che entra in azione la parte peggiore del mio piano: il ricatto.
“Lo so che sei una suora, però ho anche visto i vostri giochi… ti ho visto far l’amore con lei e vi ho anche filmato, non pensi che ti convenga essere più remissiva e farlo anche con me? So essere discreto e potremo divertirci senza che nessuno lo venga a sapere, ma se non vuoi… ”
Lascio volutamente la parola in sospeso per far sentire tutto il peso della mia minaccia anche se, in cuor mio, so per certo che mai avrei il coraggio di sputtanare pubblicamente quelle due poverette.
Si guardano terrorizzate e non rispondono alle mie parole, mi avvicino di più, prendo la mano della monaca e la porto sul membro sempre più turgido.
Per un po’ la devo costringere al contatto col pene, ma poi la mano si schiude per stringersi leggera intorno all’asta eccitata.
La guido con la mia per iniziarla al movimento di va e vieni.
“Così brava, accarezzalo, senti come ha voglia di te! ”
“No, non oggi, non abbiamo più tempo, le altre ragazze ci aspettano… non possiamo fermarci. ”
“Va bene, ci ritroviamo domani per stare insieme di più, ma ora finisci così, fammi godere con la mano. ”
Mentre la suora mi masturba con sempre maggiore sicurezza, attiro vicino a me Rita per baciarla sulla bocca.
Appoggia entrambe le mani sul mio petto e cerca di tenermi lontano, ma la stringo con forza maggiore mentre con la lingua cerco di penetrare fra le sue labbra che si ostina a tenere chiuse.
“Non ti piace baciare? Su apri la bocca e lasciati fare! ”
Riaccosto il viso al suo e questa volta è più disponibile, guizzo dentro di lei assaporando il suo sapore di donna giovane, bevo la sua saliva e le do da bere la mia mentre le nostre lingue giocano e si intrecciano con movimenti rapidi e continui.
Il piacere sale in un crescendo continuo e finalmente do sfogo alla mia libidine godendo nella mano della suora che negli ultimi attimi della masturbazione cerca di indirizzare gli schizzi di sperma verso terra per evitare di sporcarsi le vesti.
Ha la mano tutta imbrattata e non sa come fare, le porgo il mio fazzoletto e l’aiuto a pulirsi.
“Domani non pensare di fare la furba non facendoti più vedere, ricorda che ho filmato il tuo rapporto con Rita e potrei cedere alla tentazione di mostrare il filmato ai miei amici! ”
Si fa ancora rossa in volto quando mi risponde
“Saremo qui alla stessa ora… ”
La interrompo per baciarla sulla bocca e timidamente la sento rispondere al bacio, poi mi giro verso la ragazza che sta cercando di infilarsi le mutandine e bacio anche lei mentre le appoggio una mano sulla fica.
“Ti prego, non ci tradire! Fallo soprattutto per lei che è ancora così giovane!
Volevo anche pregarti di un’altra cosa, mi riferisco sempre a Rita… dovrai avere dei riguardi particolari con lei, è ancora vergine e non voglio che le succeda un guaio… la famiglia l’ha affidata al convento e siccome è gente facoltosa ne verrebbe fuori uno scandalo enorme, passeresti anche tu un sacco di guai. ”
Le guardo allontanarsi per uscire dal boschetto e quando sono abbastanza lontane mi incammino anch’io verso casa facendo un lungo giro inverso per evitare incontri non desiderati.
Appena arrivato mi rinchiudo subito in camera mia, collego la telecamera al televisore e mentre rivedo le scene girate poco prima mi masturbo il pisello proiettando il pensiero all’incontro dell’indomani; c’è però una cosa che non mi sta bene: il breve tempo disponibile per consumare il rapporto.
Sarebbe bello trovare l’opportunità di poter prolungare l’incontro, fare le cose con calma, senza fretta e mi riprometto di riparlarne con loro per vedere insieme quello che si può fare.
Le mie riprese durano solo pochi minuti, spengo il video e la telecamera e mi affaccio alla finestra speranzoso di vedere ancora le due donne, ma il prato è vuoto, le ragazze sono già rientrate al convento.
Solo in quel momento mi rendo conto che non conosco ancora il nome della suora, abbiamo parlato e fatto un po’ di sesso, ma non so ancora il suo nome, né mi è venuto in mente di chiederglielo; so solamente che la ragazza si chiama Rita perché l’ho sentita chiamare così.
Penso all’appuntamento del giorno dopo e comincia a crescermi dentro una certa ansia per come mi sono comportato, il mio non è stato certamente un atteggiamento da gentiluomo e mi viene la paura per l’eventualità di futuri carichi giudiziari, ma non credo che abbiano interesse a denunciarmi alla polizia, sarebbero le prime a doverne patire le conseguenze.
Quest’ultimo pensiero mi tranquillizza e l’ansia viene sostituita dall’eccitazione, ho voglia di vederle nude darsi da fare su di me, chissà se la ragazza ha già avuto esperienze con un uomo anche se è ancora vergine?
Avrei preferito che non lo fosse… lentamente il pensiero diventa sogno e mi addormento anelando il fatidico momento.
In casa abbiamo terminato il pranzo da poco e i miei sono andati a trovare un vecchio amico che abita una cascina ad una mezzora di macchina, meglio così, nessuno noterà i miei movimenti.
Verso le due esco per andare ad appostarmi nel boschetto di noccioli dove attendo le due donne con ansia crescente, devo aspettare parecchio, ma alla fine sento le voci allegre delle ragazze che stanno raggiungendo il prato, ancora un po’ di attesa e poi finalmente eccole all’appuntamento.
“Hai visto che siamo venute?
Spero che tu non sia andato a raccontare tutto agli amici del bar! ”
è la prima preoccupazione della monaca, buon per me, significa che teme veramente di finire sulla bocca di tutti e quindi starà al mio gioco.
Parliamo sottovoce per il timore di essere sentiti e le chiedo subito il suo nome:
“Suor Letizia, ma il mio nome di battesimo è Addolorata anche se tutti mi chiamavano Ada. ”
“Ti chiamerò così! Ada mi piace di più che chiamarti col nome di religiosa. C’è una cosa Ada che mi preme sapere: c’è la possibilità per incontrarci in altri momenti o luoghi così da avere un tempo maggiore a disposizione? ”
“Non lo so, non credo… sai è la prima volta che mi trovo in questa situazione, non ho mai avuto la necessità di dover ritagliare spazi particolari nelle mie giornate… ci penserò e ti darò una risposta. ”
Mi inginocchio fra le due donne e faccio scivolare a terra le mutandine di Rita, le sollevo la gonna e raggiungo la fica con la lingua.
La lecco aspirando voluttuosamente il buon profumo del suo sesso e contemporaneamente infilo una mano sotto le sottane di Ada, scivolo sotto le sue mutandine e le accarezzo le natiche piene e sode.
è restia quando cerco di toccarle la vulva, ma le forzo le gambe e riesco nel mio intento infilandole dentro due dita.
Rita intanto comincia a fremere e vibrare tutta sotto l’azione della mia bocca, avverto il suo piacere divenire più forte fino a trascendere nell’ansito finale.
Gode gemendo piano e con la coda dell’occhio mi accorgo che sta baciando Ada sulla bocca.
Porto a termine il suo orgasmo poi mi alzo e la bacio anch’io.
Le palpeggio le mammelle piccole e turgide da sopra la camicetta quindi porto le mani sulle sue spalle e la costringo a mettersi in ginocchio.
“Prendimi in bocca il cazzo, coraggio succhialo! ”
“Non l’ho mai fatto, non so come si fa… ”
“Aiutala – dico ad Ada – insegnale tu! ”
Non si fa ripetere l’invito e, inginocchiatasi, si affretta ad obbedire.
Mi passa la lingua sul glande per scendere poi lungo tutta l’asta, se lo fa penetrare nella bocca calda ed accogliente iniziando a pompare con consumata esperienza e mi stupisco della sua abilità, ne deve aver succhiati di cazzi la suorina!
Alla fine lo estrae dalla bocca e con la mano lo guida fra le labbra di Rita, le pilota la testa per insegnarle il ritmo, le insegna a lambirlo con la lingua dalla punta fino allo scroto e va avanti fino a quando la ragazza comincia ad agire da sola.
A quel punto faccio rialzare Ada per baciarla sulla bocca, le accarezzo i seni da sopra le vesti perché è troppo complicato metterglieli a nudo, ma le sollevo il sottanone e frugo le sue carni sotto le mutandine.
“Sei bella e mi piaci da morire. ”
Le parlo tra un bacio e l’altro, ho le dita dentro la sua fessura e le stuzzico il clitoride, lei risponde ai miei baci guizzando con la lingua nella mia bocca.
“Vieni che ti voglio chiavare, te lo voglio mettere dentro… ”
“No, no! ” Si ribella,
“Ho troppa paura, è pericoloso, se resto incinta che sarà di me? ”
Non le rispondo neppure, la costringo ancora in ginocchio ribaltandole i sottanoni sulla testa e rivolgendomi a Rita le dico:
“Mettiti vicino a noi due e guarda! ” L
e sfilo l’uccello dalla bocca per mettermi alle spalle di Ada.
“Guarda ora come la penetro. ”
Le punto il cazzo contro l’apertura della vagina ed inizio a spingere scivolando dentro di lei.
Da sotto i sottanoni Ada comincia a mugolare infarcendo i suoi sospiri con ripetuti richiami a fare attenzione, a non metterla nei guai.
“Non preoccuparti, pensa solo a godere e tu guarda come la sto chiavando, ti piacerebbe se lo facessi anche con te? Baciami… senti come gode la tua amica… inginocchiati e stai pronta, appena lo tiro fuori me lo devi prendere in bocca… ”
Ada è tutta fremente e gode in maniera sfrenata, è tutta un tremore per gli orgasmi che la scuotono mentre la sto prendendo da dietro come un animale.
Continuo a scoparla con movimenti rapidi e profondi, ha la fica tutta bagnata per la continua emissione di umori vaginali, è vero che non ho grandi esperienze, ma non mi è mai capitata una donna che si bagnasse così abbondantemente.
Sento approssimarsi anche il mio piacere e mentre do gli ultimi colpi mi accerto con la mano che la testa di Rita sia vicina quindi lo sfilo dalla vagina per metterglielo in bocca.
Mi muovo fra le sue labbra negli ultimi spasimi del coito e quando giunge il supremo momento muoio fra le sue labbra eiaculando.
Rita cerca di ritrarsi a questa per lei nuova esperienza, ma la costringo a trattenere in bocca lo sperma, almeno fino a quando ho finito di sborrare ed è a questo punto che interviene Ada; anche lei non le permette di liberarsi del seme e la bacia sulla bocca costringendola a berlo insieme.
Rita si arrende al bacio lubrico e accetta di assaporare il frutto dei miei testicoli, le loro lingue si intrecciano e succhiano lo sperma che si unisce alle loro salive, poi si sciolgono dall’abbraccio.
“Ora dobbiamo andare, le altre ragazze sanno dei rapporti tra me e Rita, ma se ci intratteniamo troppo potrebbero venire a vedere e scoprire tutto, se vuoi ci ritroviamo qui domani. ”
“Va bene però trova il modo che ci si possa vedere per un tempo maggiore. ”
Ada promette e appena si sono riassestate i vestiti, scompare con Rita per raggiungere le compagne.
Un’altra sorpresa si aggiunge alle precedenti, così le ragazze sono a conoscenza del rapporto lesbico tra la suora e Rita, probabilmente anche tra di loro esistono rapporti saffici e nel gruppo deve regnare una certa omertà per tutelare i loro peccatucci.
Sono ormai alcuni giorni che ci vediamo nel boschetto, ma sono sempre più insoddisfatto di questi incontri fugaci e brevi.
Possibile che non ci sia la possibilità di avere uno spazio maggiore a nostra disposizione?
Quel pomeriggio decido, a costo di non fare altro, di parlare con le donne per vedere quello che si può fare e affronto l’argomento appena ci ritroviamo.
Siamo seduti sull’erba e mi accarezzano i genitali mentre a mia volta ho le mani infilate sotto i loro vestiti e sfioro con le dita i loro sessi vellutati.
“Ada dobbiamo trovare il sistema di vederci con maggiore comodità… ”
“Ma come fare? Non abbiamo altro tempo disponibile da dedicarti se non quello che già stai avendo. ”
“Ma nelle altre ore della giornata che cosa fate? ”
“La scuola con le ragazze, dobbiamo prepararle al matrimonio, ad educare i figli, sono tutte ragazze in età da marito e di ceto alto, le loro famiglie pretendono un’educazione… diciamo all’antica, ricamo, cucina, comportamento… e poi l’educazione religiosa. ”
“Quindi questo del pomeriggio è l’unico periodo di libertà che avete. E la sera cosa fate? A che ora andate a dormire? ”
“La sera, come in ogni famiglia, si guarda il televisore o ci si dedica alle letture preferite, poi alle dieci tutti a dormire, ognuna nella propria cella. ”
“Anche le ragazze? Non dormono in camerata? ”
“No, sono adulte ed anche loro hanno la loro cella personale. ”
“Non è possibile uscire dal convento più tardi, diciamo verso le undici, quando tutti dormono e senza farvi notare? ”
“No, all’ingresso c’è una suora, una di noi che a turno deve fare servizio di guardia. ”
Sono perplesso, sembra non esservi via d’uscita e sono immerso nei miei pensieri quando Ada si appoggia alla mia spalla, sta godendo sommessamente sotto la manipolazione delle mie dita che non hanno mai cessato di accarezzarla.
La sua mano impugna il mio bastone e lo accarezza con delicatezza, invito Rita a prenderlo in bocca, cosa che ormai fa senza repulsione.
Dopo le prime volte ormai sembra piacerle quell’atto e mi succhia volentieri, mi viene da ridere pensando a quello che mi ha appena detto Ada, brava Rita continua così che ci penso io a prepararti bene al matrimonio!
Poi una nuova idea:
“So che dietro al convento avete gli orti e una piccola vigna, non è che potete recarvi lì? Io potrei raggiungervi scavalcando il muro di cinta. ”
“Ma è pericoloso, se ti vedessero sai che sconquasso? ”
“Se mi vedessero penserebbero che sono entrato per rubare, è un rischio che corro io, ovviamente non vi tradirei mai. Pensaci! è un’occasione da non perdere, potremo trovarci e stare insieme a nostro piacere, anzi fissiamo subito l’ora ed il posto esatto dove incontrarci. ”
“No, no ho paura! Non è possibile… ! ”
è a quel punto che Rita rompe il suo silenzio.
“Si che possiamo farlo! L’anno scorso Antonella, prima di lasciarci alla fine del corso, ci ha raccontato che si trovava spesso nella vigna col suo ragazzo, dentro il capanno degli attrezzi, potremmo vederci lì anche noi. ”
Presa tra due fuochi la monaca non ha più parole, ma quanta agitazione dovuta alla paura traspare dal suo modo di fare.
“Ho paura, ho paura! ”
Continua a ripetere senza riuscire a trovare altre parole, balbetta e respira affannosamente.
“Basta, smettila di tormentarti, se i due ragazzi sono riusciti a farla franca per tutto lo scorso anno non vedo perché non possiamo farlo anche noi usando magari una maggiore prudenza. Ci vediamo questa sera stessa alle undici, a quell’ora dovrebbero dormire tutti. ”
Le aiuto a rialzarsi e mentre se ne vanno con tutte le loro preoccupazioni, faccio il solito lungo giro per evitare di farmi vedere.
Manca poco all’ora dell’appuntamento, ho attraversato le vigne di non so chi per avvicinarmi di soppiatto al muro sul retro del convento.
Mi avvicino al punto che nel pomeriggio avevo individuato come il più facile da scalare e aggrappandomi ai pezzi di mattone dove il muro si sta rompendo, mi isso non senza difficoltà sulla sua sommità.
Mi lascio cadere dall’altra parte e mi guardo intorno cercando dove diavolo può essere il capanno, ma non vedo niente.
C’è un buio pesto e vado sistematicamente a sbattere contro i filari che mi intralciano la strada.
Mi sembra di aver imboccato un sentiero e cerco di percorrerlo senza far rumore, scende verso il convento e da qualche parte dovrà pur condurmi, con un tuffo al cuore mi fermo aguzzando le orecchie colpito da un rumore che ho sentito proprio davanti a me.
è proprio vero che la fortuna a volte aiuta gli audaci perché noto due forme scure che si stagliano contro la macchia più cupa dei filari.
Dopo aver scrutato le due ombre per qualche istante, mi rassicuro perché
le sento bisbigliare, non possono che essere le mie amiche però mi avvicino con prudenza.
Quando sono certo che sono loro le chiamo sottovoce prima di raggiungerle.
“Bene, dove è il capanno? Raggiungiamolo alla svelta, non restiamo qui allo scoperto! ”
Fanno strada e in fondo al viottolo vedo apparire una casupola, la porta è chiusa con un saliscendi di legno che Ada si affretta ad aprire ed entriamo velocemente.
“Ci deve essere l’interruttore della luce da qualche parte. Il capanno è senza finestre e possiamo accenderla. ”
A tentoni trovo il pulsante e si accende una lucina fioca al centro del soffitto, é poca luce, ma più che sufficiente per quello che dobbiamo fare.
Dopo tante paure, ora che sono lì, sorridono felici e ci abbracciamo mischiando le nostre lingue in un unico bacio licenzioso.
Mi guardo intorno, oltre ad un tavolo, dei sacchi e i soliti attrezzi del contadino.
Mi spoglio rapidamente per dare l’esempio.
“Anche voi, voglio vedervi nude. ”
Rita si spoglia velocemente ed aiuta Ada a togliersi il velo e l’abito monacale, sono nude completamente e le osservo a mio agio, Ada ha un corpo stupendo il seno sodo e alto, la curva dei fianchi piena e sensuale, ma come ha fatto a rinchiudersi in un convento una donna così?
“Sei bella come una dea, vieni voglio prenderti subito. ”
La sdraio sul tavolaccio sul quale abbiamo steso dei sacchi vuoti, che misero giaciglio per un corpo così bello!
Le apro le gambe mettendo in evidenza il sesso coperto da un morbido pelo scuro e invito Rita a leccarla.
è brava in questo atto saffico, molto di più che nel succhiarmi il pene, la guardo mentre lambisce la fica dell’amica con la punta della lingua, la fa scorrere per tutta la lunghezza del taglio e poi penetra all’interno della vagina per succhiarne il nettare che come al solito Ada emette in abbondanza.
Mi accosto alle spalle di Rita che è in piedi davanti al tavolo e per la prima volta le appoggio il sesso sulla vulva solleticandola fra le grandi labbra.
Per un attimo si volta verso di me con un sospiro di piacere poi divarica maggiormente le cosce perché possa muovermi con maggior agio sulla sua intimità.
Ada si è accorta dei miei maneggi e si raccomanda.
“Stai attento a non entrare… ricorda che è ancora vergine, non rovinarla. ”
Non le rispondo e comincio a muovermi fra le cosce di Rita sfregando il cazzo lungo tutta la fessura, lo impugno con una mano per guidarlo meglio e faccio in modo che la punta le frizioni il clitoride che si è eretto come un piccolo pene.
Rapidamente la porto all’orgasmo poi, dopo averla scostata salgo in ginocchio sul tavolo fra le cosce di Ada.
Mi sta aspettando impaziente e mi invita a penetrala.
“Chiavami… ne ho tanta voglia… è tanto tempo che non faccio più l’amore con un uomo, ahh Rita… come è bello sentire un maschio dentro la fica… ”
Il linguaggio libertino della monaca mi stupisce come mi stupisce che sappia scopare così bene, i suoi movimenti sono quelli di una donna esperta nell’arte dell’amore, asseconda le mie spinte con slancio e si abbandona senza remore ad ogni mia iniziativa.
Non scopa come una timida educanda, ma si concede con l’ardore di un’amante smaliziata.
Ha saputo scatenare i miei sensi e la sto penetrando con colpi rabbiosi che sconvolgono sempre più la sua libidine repressa, ha perso infatti ogni prudenza e gode urlando senza timore di essere udita.
Il suo agitarsi nella frenesia di essere finalmente posseduta è tale da coinvolgermi e portarmi agli eccessi della passione, è un attimo raggiungere le vette del piacere e godere dentro di lei.
Quando mi alzo facendo uscire il pene dalla sua vagina, un rivoletto di sperma le cola sulle cosce.
Ansimando si passa una mano sulla fronte a coprire gli occhi:
“Mio Dio cosa abbiamo combinato! Che guaio se rimango incinta! ”
“Non preoccuparti, vedrai che andrà tutto bene… vieni Rita, vieni a bere nel suo calice… bella maialina bevi, succhia la nostra passione… ”
Si appoggia le gambe di Ada sulle spalle, le cinge le cosce con le braccia fino ad arrivare con le mani all’inguine e a divaricarle le labbra della vulva con la punta delle dita, poi vi immerge il viso e vi applica la bocca baciandola con la lingua in un bacio sconvolgente di lussuria.
è la prima volta che assisto alle effusioni intime di due donne e la loro passione mi eccita terribilmente i sensi, mi ripresento alle spalle di Rita e come prima l’accarezzo col pene fra le natiche.
La frizione sulla natura la eccita a sua volta e per un attimo si volta verso di me con gli occhi acquosi e pieni di lascivia.
“Prendimi, voglio provare anch’io… ”
“No, no! ” Grida la monaca.
“Si, si… lo voglio! ”
Replica la ragazza.
Per un attimo mi passano per la mente le paure delle possibili conseguenze, ma durano solo un attimo.
Sono così succubo della libidine che ha preso possesso della mia mente che dimentico ogni prudenza.
La punta del pene raggiunge in un momento la soglia della felicità ed inizia a penetrare con piccole spinte fino a toccare la barriera naturale che ne ostacola l’ingresso.
Rita si volge ancora verso di me.
“Ti voglio! Voglio sentirti dentro di me… ! ”
Mi grida il suo incitamento che è quasi un gemito, ma il suo desiderio è coperto dalla voce di Ada:
“No… no! Non farlo… ! ”
Troppo tardi per ogni ripensamento, con un ultimo colpo di reni do la spinta finale e il cazzo abbatte ogni resistenza scivolando trionfante nell’intimo più profondo di Rita.
Mi fermo un istante per assaporare meglio il mio possesso, poi inizio il coito con spinte leggere e profonde fin quando la ragazza comincia a sospirare e genere il suo piacere.
La sua vagina è stretta, mi avvolge e avviluppa il pene in un abbraccio dolce e morboso, non resisto oltre al piacere che mi ha preso i visceri e che sento montarmi senza freno ai testicoli.
Eiaculo dentro di lei che a sua volta urla il suo godimento soffocando il grido nel pelo morbido della vulva di Ada.
Le due donne giacciono quiete nell’affanno che viene dopo l’orgasmo, accarezzo le natiche della ragazza mentre il pene scivola fuori dalla sua natura impregnato dei nostri umori e mi sposto di lato per baciare la monaca sulla bocca.
è in questo momento che un rumore assordante esplode come una bomba mettendoci addosso una paura e un’ansia bestiale, sembra che il mondo ci stia precipitando addosso.
“Svelte… ce ne dobbiamo andare! ”
Rapidamente ci rivestiamo, dobbiamo filare perché qualcuno potrebbe venire nella vigna a controllare.
Apriamo la porta del capanno e usciamo frustati da un vento infernale alla luce di una serie incessante di lampi.
Sommersi dai tuoni fuggiamo sconvolti dalla paura come animali braccati, ognuno verso la propria tana, solo quando raggiungo la sommità del muro di cinta mi volto verso il convento cercando di vedere le mie amanti alla luce dei lampi che imperversano in quella guerra accecante.
Non le vedo, ma in quel momento mi sorprende lo scroscio dell’acqua che in un attimo mi inzuppa fino alle ossa, è un vero nubifragio estivo.
Corro a perdifiato tra i filari delle viti fino a raggiungere il portico di casa mia dove mi siedo sulla panca di legno che è sul fianco dell’uscio.
Ancora una volta mi giro a guardare verso il convento, ho l’affanno ed il respiro corto per la lunga corsa e sono fradicio di pioggia, ma sono felice e il mio cuore è gonfio di soddisfazione per il sacrificio compiuto sull’altare dell’amore in quella notte di tempesta.
Per l’ultima volta, prima di ritirarmi, il mio pensiero va alle due donne e vola alto nel cielo trasportato dal vento di quella notte d’estate. FINE
