Ultimi racconti erotici pubblicati

Toilet

Dal diario della schiava Anna:

Sono già le quattro del mattino. Questa sera è stata molto lunga e difficile per me, e mi sembra un miracolo potere essere qui, inginocchiata allo scrittoio, a fare il mio dovere.

Sapevo che questo sarebbe stato un giorno difficile già da tempo, perchè avevo notato una particolare eccitazione nella Padrona e, durante i miei lavori quotidiani di cameriera, la avevo sentito fare nei giorni scorsi parecchie telefonate agli amici. Quello è un segno sicuro dell’arrivo di una festa, una di quelle terribili serate in cui i miei divini Padroni invitano qui i loro amici e si scatenano nell’inventare torture ancora più intense del solito, per farli divertire.

Io, da troietta viziosa che sono, le attendo sempre con molta paura ma anche con tantissima eccitazione, perchè mi piace essere esposta a degli sconosciuti e fare felici i miei preziosi Padroni mostrando a tutti la mia obbedienza e sottomissione. In questi casi so già che alla fine della serata mi ritroverò completamente sfondata e piena di lividi su tutto il corpo, ma non mi aspettavo proprio quel che era stato preparato per me questa volta.

I Padroni si sono fatti servire la cena prima del solito, ma questa sera non hanno messo niente nella mia ciotola a lato del tavolo. Mentre stavo sparecchiando nella mia uniforme da camerierina sexy, il Padrone mi ha fatto ingoiare una pillola. Mentre mandavo giù, mi ha fatto uno dei suoi sorrisi cattivi, e ha detto: “è un antiemetico. Ti sarà molto utile”. Poi i Padroni hanno riso forte, e sono andati a cambiarsi.

Li ho raggiunti come mi era stato ordinato nella camera delle torture, dove mi hanno fatta spogliare (anche del collare) e mi hanno fatto infilare in testa un cappuccio di gomma strettissimo, con un foro per il volto. Il padrone poi ha preso una confezione di silicone liquido, di quello che si usa per turare le perdite nei bagni, e me ne ha spalmato una grande quantità sul collo, sotto il cappuccio. Poi ha tirato giù il cappuccio e ha stretto, per fare aderire la gomma al silicone. Mi sembrava quasi di soffocare, ma lui ha continuato e poi ha aggiunto un nuovo strato di silicone all’esterno del cappuccio, tutto attorno al collo.

La Padrona poi ha portato un foglio di plastica trasparente, che formava un tubo lungo una quarantina di centimetri. Il Padrone ha spalmato a un’estremità dell’altro silicone, e la ha infilata con qualche difficoltà sotto il bordo del cappuccio attorno alla mia faccia. Mentre lui continuava a mettere silicone attorno a tutto il bordo esterno, io mi sono ritrovata con questo strano tubo floscio davanti alla faccia, e sulle prime non ho capito a cosa servisse. I Padroni mi hanno lasciato sola in ginocchio nella camera delle torture per molto tempo, poi sono venuti a riprendermi e finire di prepararmi. Il silicone dall’odore pungente si era quasi tutto asciugato, e mi aveva sigillata la testa all’interno del cappuccio. Sapevo che toglierlo non sarebbe stato comunque troppo difficile, e non mi sono preoccupata. La Padrona poi mi ha fatto sdraiare per terra, e mi ha legata agli anelli che sporgono dal pavimento, stirandomi a “X”. La tensione mi ha fatto bagnare tutta, e mi sono eccitata ancora di più quando il Padrone mi ha fatto scivolare sotto il sedere un qualche supporto, che mi ha sollevato il bacino rendendo ancora più accessibile la mia inutile figa e il fetido buco del culo.

La Padrona poi mi ha immobilizzato la testa con uno strumento nuovo, formato penso da un’asse che mi ha fatto scivolare sotto il corpo, bloccandola col mio stesso peso. A un’estremità c’era una cinghia, che mi è stata stretta attorno alle tempie. La Padrona mi ha ordinato di muovere la testa, e vedendo che riuscivo a spostarla un po’ ha stretto ancora la cinghia, premendomi il cranio in maniera molto dolorosa. Ero completamente immobilizzata, con i capezzoli durissimi per l’eccitazione, ma la preparazione non era finita.

Il Padrone ha portato sopra la mia testa una specie di struttura di metallo simile a un tavolinetto, molto basso. Poi ha preso l’estremità libera del tubo di plastica davanti al mio volto e, mentre armeggiava con la struttura, ho finalmente capito. Il tubo è stato infatti fissato alla struttura, rimanendo perfettamente teso e aperto: dalla mia posizione vedevo direttamente il soffitto della camera, attraverso un foro grande come il tubo e la mia faccia, praticato attraverso la struttura.

I Padroni mi hanno lasciata lì, con i dilatatori piantati nei miei luridi buchi vogliosi, e sono andati a ricevere i primi ospiti. All’improvviso ho capito perchè negli ultimi giorni era stata data tanta importanza al mio addestramento come cesso, e mi sono un po’ preoccupata. Bere la pipì infatti mi è sempre piaciuto, ma imparare a ingoiare tutta la divina cacca dei miei padroni mi risulta ancora difficile, e certe volte quasi non ce la faccio a trattenermi dal rimettere. Poi, mentre ancora nutrivo la speranza che i miei Padroni avessero pietà, sono entrati gli ospiti, tutti insieme.

Con il cappuccio facevo fatica a capire esattamente cosa dicessero, ma ogni tanto sentivo una mano palparmi, pizzicarmi i capezzoli o giocare con le mie intimità. Dopo pochi minuti, poi, sul mio volto è comparso il bacino di una amica dei Padroni. Si è allargata le labbra della vagina con le mani, e un fiotto di pipì è caduto dall’alto su di me. Sapevo cosa dovevo fare e ho aperto la bocca per bere tutto, ma la pipì è rimbalzata sul tubo ed è schizzata ovunque, cadendomi negli occhi e a lato del volto. Quando finalmente sono riuscita a ingoiarne un po’, avevo la faccia sommersa dal piscio, da cui spuntava solo il naso. Ho provato ad aprire gli occhi, ma il liquido caldo me li ha fatti bruciare, e ho richiuso subito le palpebre.

Piano piano, ho mandato giù quanta più pipì ho potuto: spalancando la bocca, usando la lingua per raccogliere le gocce… Intanto le mani degli ospiti continuavano a giocare col mio corpo immobilizzato, eccitandomi come una cagna in calore. Nonostante tutto il silicone, la pipì è colata lentamente all’interno del cappuccio, infiltrandosi fra la gomma e la mia pelle. Nell’arco di qualche minuto il mio volto si è quindi liberato dal liquido, e ho potuto riaprire gli occhi. Ero passata da una forma di isolamento a un’altra: la pipì si era infatti accumulata attorno alle orecchie, e mi era difficilissimo sentire cosa accadesse nella stanza. In compenso, attraverso la plastica del tubo, ho visto qualcuno accovacciato di fianco a me, intento a osservarmi. Per tutta la serata, ho poi “sentito” la sua presenza vicina. Non ne sono sicura, ma penso che si trattasse di uno schiavo incaricato di controllare che non soffocassi.

Per qualche tempo, forse un quarto d’ora, non mi è stato fatto niente altro. Ogni tanto qualcuno si avvicinava per torcermi i capezzoli, muovere i dilatatori che mi sfondavano o strizzarmi le tette, ma niente di più. Poi, a chissà quale segnale, è cominciato il supplizio vero e proprio.

Improvvisamente sono stata risvegliata dal torpore in cui ero caduta dall’impatto bollente di altra pipì sulla mia fronte. Automaticamente ho aperto gli occhi e la bocca, e ho visto due cazzi sporgere dall’imboccatura del tubo che puntava su di me, poi il bruciore dell’orina negli occhi mi ha costretto a chiuderli. Ho ingoiato subito una sorsata di piscio, poi un’altra, e senza che me ne fossi resa conto, mi sonno ritrovata immersa nella pipì. Avevo anche il naso sommerso!

Spaventata, ho trangugiato quanta più pipì ho potuto, per abbassarne il livello e riprendere a respirare. Sono riuscita appena a prendere un po’ d’aria, e subito sono tornata ad annegare negli escrementi. Non avevo tempo di provare schifo per quel che facevo, e a dire la verità essere usata così come un cesso era per me solo eccitante, ma ero davvero spaventata. Quando ho potuto riprendere a respirare, con il naso che spuntava dal liquido giallo come una specie di periscopio, ero terrorizzata all’idea che quell’aria potesse essermi tolta nuovamente, e per un attimo mi sono lasciata prendere dal panico, agitandomi tutta.

Una simile insubordinazione è stata subito interrotta dai miei eccellenti Padroni, con una violenta frustata che mi si è abbattuta sui seni. Il dolore improvviso mi ha fatto aprire la bocca per urlare, con l’unico risultato di far riversare altro piscio nella mia inutile gola.

Quasi soffocando, ho bevuto tutto e mi sono ricomposta, vergognandomi del mio stesso comportamento. Ho sentito altra pipì colare nel cappuccio, e sono diventata completamente sorda.

Quando mi è stato sfilato il dilatatore dalla figa, non mi servivano le orecchie per sapere che di lì a poco mi sarebbe stata somministrata la giusta punizione. Infatti, dopo pochi attimi, la mia intimità è esplosa di dolore: intensissimo, diverso da quello di una frustata, e non accennava a diminuire. Anzi, dopo pochi secondi la sofferenza è aumentata, e non ha smesso di tormentarmi la figa che dopo molti minuti. Prima di venire a scrivere questo diario, ho chiesto alla Padrona di cosa si sia trattato, e lei mi ha mostrato due pinze dentate lunghe cinque-sei centimetri, in metallo. Hanno una molla durissima, e sono state studiate apposta per schiacciare nella loro morsa tutta la lunghezza delle grandi labbra di una schiava: vengono dall’Austria, come regalo di una sua amica. Il pensiero che mi vengano applicate di nuovo mi fa morire di paura.

Tornando al resoconto della serata, la mia tortura non era certo finita così. Dopo che mi sono state tolte le pinze e il sangue ha ricominciato a scorrere nella mia povera figa, anzi, è cominciata sul serio.

Prima è arrivata altra pipì, che ho bevuto come se si fosse trattato del liquido più buono al mondo. Poi, come avevo temuto, è stato il momento della cacca. Uno stronzo grosso, pesante, che mi si è abbattuto sul naso come un mattone. Era caldo, con un odore fortissimo, ma ero ormai eccitata al punto che avrei fatto di tutto per mangiarlo come la migliore delle latrine. Mentre allungavo la lingua per raggiungerlo, un altro pezzo di merda mi ha preso in piena bocca: sentivo attorno a me gli ospiti dei Padroni che mi osservavano per godere della mia abietta sottomissione, e sono stata felice di ingoiare quella cacca senza problemi.

Poi, è cominciata la parte veramente difficile. Non so cosa sia successo esattamente: penso che gli ospiti si siano messi in fila per usare il loro nuovo cesso, o qualcosa del genere. La cacca e la pipì hanno cominciato a piovere in un flusso continuo, che mi sembra sia durato delle ore. Sommersa e soffocata dagli escrementi, ho iniziato a ingoiare tutto in una foga parossistica, terrorizzata dall’idea di rimanere senz’aria. Presto il materiale scaricato nel tubo si è trasformato in un unico liquame caldo, in cui non potevo più distinguere (e forse è meglio così) i due sapori di quelli che sono gli unici giusti nutrimenti per una schiava. Di tanto in tanto uno stronzo arrivava galleggiando, o cadendo direttamente, nella mia bocca aperta, ed ero costretta a masticarlo almeno in parte per poterlo ingoiare. Questo non mi faceva schifo, ma anzi ero felice ed eccitata di non poter sfuggire a quel pasto: l’unico mio problema era essere sufficientemente veloce da non permettere che il livello degli escrementi salisse sino a soffocarmi.

Tre o quattro volte mi è capitato di dovere lottare contro lo stomaco, che si ribellava al flusso ributtante di piscio e merda, ma ci sono sempre riuscita senza troppe difficoltà. Il vero problema è cominciato quando ho sentito di essere davvero piena, di non potere più mandare giù nulla, nemmeno se si fosse trattato del cibo più prelibato al mondo. Con la lingua che mulinava pezzi di cacca appiccicosa e la gola intasata di orina, mi è tornata brevemente in mente l’immagine della tortura medievale dell’acqua, in cui la vittima viene ingozzata di litri e litri d’acqua.

Depravata e masochista fin da piccola, io la avevo sperimentata da sola da bambina, a otto o forse nove anni. Avevo preso una grossa caraffa, e mi ero seduta di fianco al rubinetto della cucina. Senza mai fermarmi, avevo poi svuotato due o tre volte il recipiente, superando la nausea e il senso di “pieno”. Mi ero costretta a bere, bere, bere anche quando sentivo la pancia scoppiare, e avevo continuato sino a non poterne davvero più. Non avevo vomitato, ma per il resto della giornata ero stata malissimo, con nausea, mal di testa, dolori ovunque. Quella volta ero rimasta arrabbiata con me stessa per non essere riuscita a bere di più, a provare più dolore: non avevo ancora scoperto le torture delle zone erogene, e anche quel terribile senso di malessere non era bastato a soddisfare il mio masochismo. Sapevo che per provare le sensazioni della vera tortura dell’acqua avrei dovuto continuare a bere ancora a lungo, ma non ne avevo avuto la forza.

Beh, questa sera, con la pancia piena di escrementi, mi sono ritrovata a pensare che finalmente avrei scoperto come si sentivano quelle vittime medievali. Mentre lo facevo, l’ennesimo fiotto di piscio mi ha sommersa, e non sono stata in grado di bere abbastanza in fretta. Mi sono sentita annegare, ho tossito, bevuto, tossito ancora, inspirato pipì dal naso, aperto gli occhi per la paura, facendoli invadere dalla merda semisciolta che mi copriva la faccia, singhiozzato e, quando ormai pensavo di non farcela più, ho finalmente ricominciato a respirare.

Avevo paura che la pioggia terribile ricominciasse, ma per caso o forse per pietà dei miei Padroni, non è più successo nulla. Con la faccia completamente coperta di cacca, ho usato la lingua per liberarmi almeno la bocca e potere inspirare delle belle boccate d’aria. Avere la bocca libera mi è servito subito, perchè dopo un attimo i Padroni e gli ospiti hanno iniziato a giocare con il mio corpo, e non sono riuscita a trattenermi dall’urlare molto.

Senza potere vedere o sentire nulla, tutto quello che percepivo era il dolore improvviso delle frustate, la stretta implacabile dei morsetti metallici sulle mie parti più delicate, la pressione di cazzi, mani e dilatatori di ogni genere sulle pareti irritate dei miei orifizi. Nonostante la nausea terribile che mi attanagliava, non posso negare di avere goduto molto di quella situazione per me nuova.

Ora che la serata è finita, gli ospiti se ne sono andati, il Padrone mi ha liberato e mi sono finalmente ripulita, sono più eccitata che mai. Mentre leccavo la fighetta meravigliosa della Padrona prima che si addormentasse, mi ha detto di essere soddisfatta di me, e che la settimana prossima organizzerà un’altra festa per proseguire il mio addestramento di cesso.

Con tutto il corpo dolorante, e la stessa nausea sconvolgente che ho provato quel giorno di tanti anni fa, sono più che mai felice di essere una schiava.

Anna FINE

About Porno racconti

La letteratura erotica ha sempre il suo fascino perché siamo noi a immaginare e a vivere, seduti su una comoda poltrona o a letto, le esperienze e le storie raccontate qui, Vivi le tue fantasie nei miei racconti, i miei personaggi sono i tuoi compagni d'avventura erotica. Buona lettura.

Leggi anche

Trattato della sodomia e delle regole per essa

L’arte della sodomia è una delle pratiche più antiche e discusse della storia. Chi non …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *