Un compagno di scuola mi aveva confidato che per cercare approcci femminili lui si prestava a portar fuori all’imbrunire il cane dello zio; infatti il compito di portare i cani a sollazzarsi nello spargere i loro bisognini contro gli alberi di Circonvallazione a Monte ed a farsi il naso prima del pasto serale era generalmente compito delle signore e signorine. Ora i cani tendono ad annusarsi, bisognava trattenerli ed i loro approcci consentivano agli accompagnatori rapide conoscenze. In questo campo ero inesperto, perché in casa mia c’erano solo gatti che non abbisognano di svaghi stradali, per cui volli appurare cosa ci fosse di vero e la sera stessa, finiti i compiti, lo accompagnai nella sua escursione di cinofilo. Vari incontri si dimostrarono infruttuosi perché il cane dello zio sceglieva cagnette sfornite di eleganti accompagnatrici e solo Giorgio aveva trovato interessanti gli incontri dimostrando di essere uno di bocca buona. D’altra parte non mi potevo aspettare molto da uno che la prima storia d’amore la aveva avuta con la figlia del contadino che curava la cascina di suo padre.
Ero deluso e decisi di ritornare verso casa, Giorgio volle accompagnarmi ed avevamo appena raggiunto il portone successivo al suo, quando uscì una signora assai elegante che avevo già notato in quanto la avevo vista passeggiare in centro con Juliette, la mamma di Giorgio. La signora, che stava scendendo in città, ci chiese, dato che c’era l’oscuramento, se la accompagnavamo sino all’ascensore che da spianata Castelletto portava a Portello, cosa che noi accettammo di fare tanto più che anche io dovevo utilizzare quel mezzo per andare a casa, durante la strada la signora con molta non nonchalance si appoggiò al mio braccio ed io ritenni che lo avesse fatto perché, pur coetaneo di Giorgio ero più alto e sembravo un vero uomo. Arrivati all’ascensore ci fermammo ad attendere la cabina e la signora si premurò di congedare Giorgio dato che sua madre Juliette era già a casa. Ma appena Giorgio se ne fu andato la signora mi propose di salire con lei sul terrazzo sovrastante dove c’era un caffè, dato che era in anticipo all’appuntamento con suo marito e desiderava sedersi li ove si godeva una vista stupenda.
Sedutici ed ordinato un aperitivo, non appena il cameriere si fu allontanato, la signora mi disse di chiamarla per nome, Pauline perché, anche se ci eravamo incontrati per la prima volta, lei tramite Juliette, a casa della quale io bazzicavo da tre anni, da quando cioè Giorgio era diventato mio compagno di banco, mi conosceva assai bene, io risi schernendomi e dicendo che difficilmente delle belle signore così affascinanti potevano perdere tempo per interessarsi ad uno studentello. Ma lei mi precisò che spesso e volentieri quando con la sua amica Juliette uscivano il sabato pomeriggio si erano fermate a guardarmi mentre facevo eseguire evoluzioni in modo molto marziale a due squadre di Balilla. Ed aggiunse che secondo loro assomigliavo ad un attore americano: Tyrone Power, io risi e dissi che speravo veramente di non essere apparso ridicolo mentre mi esibivo a comandare in modo marziale, ma Pauline replicò immediatamente, « Non sei ridicolo, sei molto attraente, tanto è vero che pur non essendo delle ragazzine ti trovammo entrambe molto interessante e decidemmo che alla prima occasione ci fosse capitata avremmo fatto amicizia con te. »
Pauline aggiunse che Juliette era affascinata dalla mia conoscenza della storia della rivoluzione francese e che lei come vera francese avrebbe voluto convincermi che la Francia non era solo la patria della rivoluzione ma anche quella dell’amore, e forse per trasmettermi meglio il suo pensiero aveva allacciato le dita della sua mano con quelle della mia. Mi recitò una poesia di Verlaine, il cosiddetto poeta maledetto, poesia che esaltava i piaceri sessuali generalmente proibiti che io avevo assaporato grazie alla sensibilità di qualche amica.
Tornando sull’argomento da me preferito della rivoluzione francese mi chiese come avrei evidenziato l’impronta borghese della Rivoluzione; replicai come non vi fosse nulla di più borghese di un regime in cui politica, amore, affari avessero come palcoscenico un salotto elegante ed aggiunsi una battuta scherzosa : a quei tempi quale uomo di origine nobile avrei potuto a ragion veduta dirle senza mentire: « Signora per lei sto perdendo la testa! » Controllato rapidamente che non ci fosse nessuno si avvicinò, mi diede un bacio e posò la mano libera verso qualcosa che aveva visto rizzarsi e mentre tratteneva la sua mano, con mio alto gradimento, e l’altra rimaneva allacciata con la mia, replicò a bassa voce: « Magari fosse così cittadino: perché mi piaci molto. »
Guardò l’orologio e disse « Però adesso devo scendere », aveva fatto cenno al cameriere ma io prontamente provvidi a pagare gli aperitivi.
Scendemmo la rampa, la cabina era al piano, e prendemmo posto, in pochi minuti arrivammo in basso, poiché eravamo entrati tra i primi uscimmo tra gli ultimi, lei si appoggiò al mio braccio e camminò lentamente come se avesse voluto allontanarsi abbastanza dagli altri, mi chiese se Juliette mi avesse già parlato del loro desiderio di frequentarmi e se con Juliette io fossi già entrato in intimità. Feci finta di non capire, e precisai che vedevo spesso Juliette in quanto andavo a studiare dal figlio, e alla sua perplessità a questa mia affermazione aggiunsi che si, ci davamo del tu perché eravamo diventati amici chiacchierando di argomenti culturali ma che non c’era nulla di più. Lei rise, dicendomi che, pur giovane era un vero gentiluomo, perché la sua amica le aveva confidato che mi aveva messo in condizione di farmi prendere delle libertà e che mi ero comportato veramente da uomo e che era sicura che di me ci si poteva fidare senza pericolo di chiacchiere anche se la cosa fosse andata avanti. In realtà Juliette, come vedremo dopo, aveva provato un approccio e mi aveva consentito qualcosa di più che una semplice confidenza ma purtroppo non eravamo riusciti a trovarci da soli e la cosa, sino a quel momento non aveva avuto un concreto seguito.
Vedendo la mia riservatezza sull’argomento pur sapendole amiche, e Pauline accentuò, « Intimamente amiche » lei aveva apprezzato maggiormente il mio modo di comportarmi; eravamo nel tratto terminale della galleria che conduceva a Portello e c’erano vari sbarramenti di sacchetti di sabbia che servivano di protezione quando veniva usata quale rifugio antiaereo, lei si diresse nella zona di penombra provocata da uno di questi e mi abbracciò, io che sapevo come erano stati costruiti gli sbarramenti la presi per la vita e la trascinai in un angolo, lei a quel punto si avvinghiò al mio corpo facendomi sentire la sua calda presenza. Portava una larga mantella che mi consentì senza rischio di sollevarle il vestito e di accarezzare i suoi glutei tondeggianti, lei rise lasciò fare e mi disse che purtroppo non c’era molto tempo ma che se lo avessi desiderato l’indomani nel tardo pomeriggio mi avrebbe atteso a casa sua per poterci conoscere meglio e fare qualcosa di molto più sexy. Mi ripagò delle carezze ai suoi glutei con una prolungata carezza della sua mano al mio membro che grazie al contatto le stava presentando le armi in segno di saluto, come si conveniva alle tradizioni militari di famiglia.
Il giorno successivo mi recai in corso Firenze, dove abitava, mi venne ad aprire una cameriera francese che sembrava uscita da un film o dal palcoscenico di un teatro di prosa, bellissimi capelli corvini molto curati, un musetto intelligente, belle forme inguainate in un grembiule nero di seta elegantissimo e cortissimo, calze nere, grembiulino bianco, scarpe nere col tacco alto.
Mi disse che la signora stava telefonando e mi accompagnò in salotto. Notai su un lato la finestra che dava sul giardino del mio amico che abitava al pian terreno del palazzo vicino, ero curioso di vedere la sistemazione che avevano appena terminato per consentire a Juliette di andarla a trovare passando per una veranda coperta ed una rampa che raggiungeva la terrazza di Pauline.
La cameriera per farmi vedere la sistemazione si prodigò ad aprire la finestra, quindi lo sportello della persiana che era chiuso trattandosi di una finestra non importante per la luce, dato che il sole entrava nella stanza da una grande portafinestra che consentiva l’accesso al balcone che dava su corso Firenze. Nell’eseguire queste operazioni, il corto vestito si sollevò lasciando intravedere l’orlo superiore delle calze e si rigonfiò, dato che era molto attillato, mettendo in mostra la prorompente rotondità della cameriera. Mentre procedeva, disse « Fisso lo sportello e poi le lascio il posto per consentirle una veduta migliore, Signorino » sorridendo risposi che avevo già avuto una veduta ottimale e che essendo più alto di lei avrei visto anche se fosse rimasta lì, anzi la pregai di rimanere ferma dove si trovava. Mi prese in parola sorridendo ed io mi avvicinai a lei, formalmente per vedere ma in pratica per sentire.
Era piccola di statura ma proporzionata, i suoi glutei erano sodi ma nel contempo morbidi e sentendomi vicino a lei li aveva spinti verso di me tanto da farmi dimenticare che la signora poteva entrare da un momento all’altro e che potevo rovinare tutto per quel gesto inconsulto, ma la cameriera continuava a muoversi dolcemente in un modo così gradevole che non riuscivo a decidermi a togliere il contatto. Come temevo la signora entrò e per usare un termine sportivo mi colse in fallo, ma a differenza degli arbitri fece finta di nulla, ordinò alla cameriera di portarci il caffè, solo dopo aver preso il caffè mi disse che era opportuno riprendere il discorso dal punto ove lo avevamo lasciato la sera prima, io mi avvicinai, la abbracciai e ripetei la scena della sera precedente con la differenza che quando le dita violarono il confine rappresentato dalle culottes mi chiese di togliergliele, cosa che feci e di incrementare le carezze che facevo alle sue rotondità con altre più intime. Sentendo il mio indice iniziare l’avanzata soggiunse: « Data la posizione è meglio il medio», nel contempo le accarezzavo la gattina, mentre lei faceva intendere di gradire questa doppia manovra rientrò la cameriera, al che mi bloccai per un attimo, ma Pauline mi rimproverò, « Non puoi mostrarti imbarazzato per la sua presenza, perché ti eri già preso in mia assenza delle libertà con Charlotte, che sembrava gradirle molto. »
Mente io riprendevo ad accarezzarla, ordinò a Charlotte di cominciare a spogliarmi quindi si fece spogliare lei; mi sentivo buffo, nudo nelle parti basse ma indossando ancora giacca, camicia e cravatta, ma a questo punto Pauline mi interruppe e completò lei l’operazione, mentre Charlotte si era impadronita del mio membro e lo teneva gradevolmente tra le sue mani quasi volesse verificarne il funzionamento. Quindi passammo in camera da letto. Per prima cosa Pauline fece mettere in ginocchio sul letto Charlotte con la testa molto abbassata, le sollevò la gonna ed apparvero le sue rotondità nude perché vi erano solo calze e giarrettiere e sentenziò che doveva essere sculacciata avendo cercato di attrarre il mio interesse in sua assenza. Iniziò lei a farlo e sembrava che a Charlotte piacesse molto, poi precisò che toccava a me e mentre opponevo dei dinieghi ordinò a Charlotte di liberarsi del vestito, fu la stessa Charlotte a pregarmi di farlo perché desiderava essere sculacciata da me. Nel frattempo Pauline, sedutasi sul letto, si impadronì di un seno della cameriera stringendolo tra le labbra e cominciò ad accarezzarle la gattina. Charlotte era estasiata, muoveva il suo posteriore in un modo gradevolissimo forse perché le mie sculacciate molto più dolci di quelle che le aveva dato Pauline assomigliavano più alle carezze eseguite da uno che intendesse appurare come era fatta; io ero eccitato a dovere. Pauline che agiva da direttore d’orchestra a questo punto disse a Charlotte « lo hai stuzzicato prima che io entrassi col tuo culetto, adesso devi donarglielo ». Charlotte, inginocchiata come era sul letto, spostò una mano per rendere la via più agevole, Pauline, che si era portata al mio fianco mi fece avvicinare e collaborò acciocché la penetrazione fosse ottimale, dopo di che si distese davanti a Charlotte con le gambe allargate in modo che questa le potesse baciare profondamente la gattina. Intravidi anche una mano di Charlotte che si infilava sotto le rotondità di Pauline e mi venne da pensare che voleva farle provare un piacere simile a quello che lei provava con me.
Quando finimmo queste complesse congiunzioni, Pauline mi baciò a lungo e mi strinse a lei e abbracciò pure Charlotte che si avvicinò a noi e che sembrava particolarmente felice per aver partecipato alla nostra seduta amorosa tanto che ringraziò Pauline e mi chiese se avevo gradito la sua prestazione, perché da parte sua la aveva trovata assai appagante. Glielo confermai. Ovviamente dopo questa prima volta Pauline e Charlotte mi consentirono di ripassare tutte le esperienze che già avevo avuto con l’ingrediente supplettivo di essere in intimità con due donne che anche tra di loro praticavano sesso.
Erano trascorsi ormai due mesi di questa accademia di acrobazia sessuale. Per Pauline, sposata a uno di quei personaggi che allora si definivano pezzi grossi, non c’era problema ad incontrarmi. Sia perché il marito era molto impegnato fuori città, sia perché nell’enorme appartamento ove abitava vi era il suo appartamentino privato in cui veniva solo Charlotte, cameriera privata che come abbiamo visto si poteva definire tuttofare.
Le variazioni che praticavamo a tre erano molto eccitanti ma per la mia età erano assai impegnative per cui ebbi un calo nello studio. Alla sera mi addormentavo presto, al mattino arrivavo a scuola tra i primi per copiare i compiti dai compagni. Ma ormai qualche uscita con la signora era stata individuata dagli altri studenti per cui ero assai invidiato anche perché a quei tempi buona parte dei giovani il sesso lo conosceva solo in quanto autoerotismo. Così un giorno per invidia mi diedero riassunti di una lezione che non era stata ancora spiegata, in questo modo io si che parlai brillantemente e riassunsi un intero capitolo del libro ma il professore capì che non sapevo neppure a che punto erano le sue lezioni, durante le quali, se certo non dormivo, era altrettanto vero che non ce la facevo ad ascoltare. Il professore si rese conto che qualcosa non andava, non so se mi avesse notato lui stesso, ma decise di intervenire per evitarmi di perdere l’anno. Un bel giorno, o meglio un brutto giorno, mi tagliò la strada mentre passeggiavo con Pauline e rivolto a lei disse « Scusi signora se la importuno, ma volevo avvertirla che suo figlio adesso, non so per quale motivo, studia poco ». Ella promise di porre rimedio ma restò evidentemente scioccata del fatto di esser stata presa per mia madre. Fu così che Pauline pensò che fosse opportuno per lei trasferirsi, prima dell’estate, nella villa di Recco, confinante con quella della madre di Giorgio da cui mi avrebbe fatto invitare finito l’anno perché voleva assolutamente passare un periodo di vacanza con me di cui mi diceva essersi innamorata. Ero rammaricato per questa sospensione della mia storia ma mi rendevo conto che era l’unica soluzione possibile per non perdere l’anno. Segnavo su un calendario come fanno i militari in servizio di leva i giorni che mancavano per la fine delle scuole, perché le uniche comunicazioni che io e Pauline ci eravamo consentito erano lunghe telefonate che mi facevano paragonare la nostra sofferenza a quella provata da Abelardo ed Eloise con l’unica differenza, in meglio, che a me non avevano tagliato niente..
Una mattina, mentre facevo colazione prima di andare a scuola la domestica avvertì mio padre che c’era il mio professore che desiderava parlargli, mio padre gli andò incontro e lo fece entrare in sala da pranzo, ove stavamo facendo la prima colazione, per offrirgli un caffè. Il professore si scusò per averlo disturbato dicendo che era venuto a prendermi perché un compagno di scuola era morto nel bombardamento della sera precedente e lui aveva pensato di rivolgersi a me che ero il più maturo tra i suoi studenti per andare insieme a lui a svolgere il delicato compito del riconoscimento ed evitarlo alla vecchia madre ed alla piccola sorella. Avevo sentito poco prima alla radio che durante la notte precedente c’era stato un bombardamento aereo su Recco allo scopo di distruggere l’importante viadotto ferroviario e poiché sapevo che Pauline aveva la villa abbastanza vicina alla ferrovia cercavo di fugare le mie preoccupazioni. Ma mentre ci avvicinavamo alla stazione Brignole chiesi al professore dove andavamo, rispose « A Recco » da quel momento mi resi conto che anche stavolta una storia d’amore era finita, ma in questo caso senza la possibilità di rivedere neppure in futuro la persona amata.
La salma di Pauline, che ci fecero vedere era irriconoscibile come pure quella di Charlotte, perché erano state schiacciate dalle macerie costituenti i tre piani della villa: rimasi sconvolto non avrei mai più rivisto la diabolica ma affascinante acrobata del sesso che mi aveva forgiato alla scuola francese. Provai un odio smisurato verso il professore che mi aveva costretto a vedere come era ridotta la donna che amavo.
Successivamente essendo io andato volontario incontrai il professore che nel corso di una retata da parte di soldati tedeschi alla ricerca di disertori stava per essere rastrellato. Ebbi la prontezza di salire su una panchina e mettermi a gridare in tedesco « Ma cosa fa quel vecchio, crede di essere ancora un giovane di leva ? Cacciatelo via! » I tedeschi presero la mia battuta quasi fosse un ordine e urlando « Raus, Raus » lo allontanarono dalla zona in cui venivano caricati sui camion coloro che dovevano essere portati al comando per controllo dei documenti. Lo rincontrai solo nel dopoguerra. Egli mi venne incontro dicendomi che quando mi aveva visto in divisa, urlare in tedesco, sul momento pensò che per lui era finita, ma quando vide che lo cacciavano via ridendo, si era reso conto che come sempre la mia prontezza era stata eccezionale, ma si era reso conto anche che la sua fortuna stava nel fatto che io ero un signore e non avrei mai usato un mezzo simile per vendicarmi da quella che dovevo aver considerata una grave ingiustizia. Perciò lui si sentiva in dovere di fornirmi spiegazioni sulla motivazione che lo aveva indotto a farmi assistere allo sconvolgente riconoscimento della salma della donna amata.
Se non la avessi vista così come si era ridotta, secondo lui, forse il ricordo mi avrebbe impedito di amare di nuovo e avrebbe pregiudicato la mia vita di uomo. Egli aveva pensato che ponendomi di fronte, sia pure brutalmente all’ineluttabile, mi sarei reso conto che da una parte c’è la morte che o prima o poi ghermisce tutti ma dall’altra parte c’è la vita che, specie per un giovane, anche se con il cuore spezzato, deve continuare comunque. FINE
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