Non proprio così, speravo, perché non era possibile vivere in tale modo: lavoro, pattuglie, sesso che, per quanto delizioso e incantevole, era preteso e fatto in modo ossessivo, possessivo, esclusivo, frenetico. Ela era bella, attraente, appassionata. Anche troppo. Ma non era possibile dedicare ogni istante del tempo libero al… letto. Per qualcuno era tutto. Per me era molto, moltissimo, ma non poteva ‘essere tuttò. Sì, avevo scoperto il sesso, meraviglioso al di là d’ogni immaginazione, d’ogni attesa, ma non volevo divenirne schiavo, come un drogato che non può vivere senza. La mia gioventù esigeva la soddisfazione dei sensi, specie ora che n’aveva conosciuto il prelibato alimento che la saziava e n’aveva goduto le delizie. Ma dovevo evitare l’indigestione. Era una prigione dorata, come i capelli di Ela, ma una prigione. N’avrei parlato con Lei. C’erano anche le passeggiate, il cinema, la lettura, le amicizie. La sera sarei stato trattenuto a mensa, per una riunione di servizio, e sarei rincasato tardi. L’avevo detto alle donne. All’ultimo momento la riunione fu rinviata. Potevo fare un giretto coi colleghi, incontrare Lenka, andare al cinema con lei, giuocare al bigliardo. Invece decisi di andare subito a casa. Ela era nella sua camera, trastullando il bambino. La porta era aperta. Come mi vide pose Roberto nella culla e mi venne incontro, raggiante. Senza alcuna cautela, nel corridoio dove da un momento all’altro poteva giungere qualcuno, mi gettò le braccia al collo e mi baciò appassionatamente. “Che bello che sei qui” -bisbigliò- “lo sai che siamo soli? Mamma è dalla sorella, i ragazzi sono andati da alcuni loro amici, in campagna, torneranno domani. Non devi uscire di nuovo, vero? Saremo solo noi due, a cena. Solo noi a cena, per la prima volta. Vieni, ti aiuto a cambiarti. Scusa, sa, ma ho visto che nel tuo baule c’erano due pantaloni e alcune camicie non militari. Ho stirato tutto, potrai vestirti in borghese. Vieni. ” Con la sua solita esuberanza festosa mi condusse nella mia camera. Su una sedia erano, ben stirati, i pantaloni ‘borghesì e le camicie. In vestaglia andai a lavarmi, nel bagno. Quando tornai presi una delle camicie, ma Ela me la tolse dalle mani. “Non ora. C’è qualcosa di bellissimo che ci attende, o almeno attende me. Vieni nella mia camera. ” Mi prese per mano e mi condusse da lei. Chiuse la porta. “Quello è il letto grande nel quale vorrei stare sempre con te. Il letto grande, bracni krevet, matrimoniale. Desidero fare l’amore con te in questo letto. Spogliati, come faccio io. ” Si era completamente denudata. Il proposito di farle un certo lungo discorso fu accantonato. In un attimo fui come lei, e le andai vicino. “è bellissimo averti qui, Giorgio, perché la mia non è solo attrazione fisica, infatuazione. è passione, certo, ma anche vero amore. Giorgio, non solo ti amo, ma ti voglio bene. Come non ho mai voluto bene a nessuno. Non sorridere. Ho creduto che tu mi attirassi perché da troppo tempo non ero stata con un uomo, ho anche immaginato che soprattutto fosse curiosità, ho pensato che gli orgasmi, e così ripetuti, che prima non avevo mai conosciuto, fossero dovuti alla maturazione sessuale. Ho capito, invece, la vera ragione: per ogni donna c’è solo un uomo, ed uno solo. Gli altri, eventualmente, possono essere dei maschi che le servono per sopire, non soddisfare, il suo appetito sessuale. è meraviglioso, e credo che capiti solo a pochissime fortunate. Innamorarsi, amare, voler bene. E io sono fortunata. Ma nello stesso tempo sono triste perché non potrò donarti tutta la mia vita, come vorrei. Immagino con angoscia quando mi lascerai. Perché mi lascerai, Giorgio, vero? ” Era su di me, mi fissava negli occhi. V’era qualcosa di ieratico, di sacrale, nel suo viso nei suoi gesti, come in un rito solenne. Con tenerezza mi guidò in lei, accogliendomi con incredibile voluttuosa lentezza. Eretta, il seno proteso in turgida offerta, il bacino immobile, mentre, in lei, mi avvolgeva col caldo palpitare della sua carne. Un lento dondolio della testa accompagnava il suo dono inebriante. Perché era donarsi totalmente, generosamente, voler dare e dire tutto il suo amore, la sua passione, il suo voler bene. Prese a tremare come un ramo nella tempesta, a scuotersi come foglia squassata dal vento, in attesa di sentirmi suo e di farsi sentire mia. “Intender non lo può chi non lo pruova.” Dopo, rimase a lungo, in silenzio, sul dorso, braccia e gambe larghe, guardando il soffitto. “Credevo di morire dal piacere, amore, e sarebbe stato bellissimo. Sono tutta e completamente tua, e così sarà per sempre, qualsiasi cosa accada. Non potrò mai essere d’un altro come sono tua. “Dopo un po’, chiese? “Koliko Jesati? “Anch’io ero supino. Le domandai, incuriosito: “Cosa?” “Che ora è? “Forse il tono della mia voce era freddo quando aggiunsi: “Sono io, Ela, Giorgio. E non comprendo il croato.” Si poggiò sul braccio e si voltò versi di me. “Si, Giorgio, sei tu. Il mio dio. E quando sono felice, quando mi rivolgo a Dio, lo faccio sempre nella lingua che ho parlato prima d’ogni altra. ”
Racconti erotici Racconti erotici gratuiti etero lgbt