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Consuelo

E ci volle un ditale lunghissimo che le procurò una serie quasi ininterrotta di orgasmi per placare le smanie della ragazza che, con un lungo arretrato dovuto all’inettitudine del suo fidanzato, si era eccitata come una maiala in quei tre quarti d’ora di motocicletta, serrata tra Manuel ed il suo amico. E, per poter prendere sonno, ci vollero un paio di robuste pippe anche per quest’ultimo che, seppure agitato dai suoi perenni sensi di colpa, sgattoiolò nel bagno dopo che la sorella ne era uscita per procurasi, frugando nel cesto della biancheria sporca, le di lei mutandine, annusando e leccando le quali, si fece, una dietro l’altra, due colossali sborrate. L’indomani era un sabato e Manuel, che aveva combinato con l’amico di andare al mare, chiese alla sorella di unirsi a loro. Cercando di non farsi beccare dalla polizia tornarono, sempre in tre sulla sgangherata Honda, alla spiaggia della Principessa dove trascorsero una bellissima giornata nuotando, prendendo il sole, conversando e giocando con la sabbia come tre bambini. I loro corpi, coperti solo dal costume da bagno, suscitavano l’ammirazione, l‘invidia ed il desiderio dei gitanti che affollavano la spiaggia. Non c’era uomo che, vedendo le forme giovani, piene e sinuose di Consuelo, non desiderasse possederle almeno per una volta e non c’era donna, giovane o vecchia, che, di fronte ai corpi agili e muscolosi dei due ragazzi, non provasse pensieri maliziosi. Dopo il tramonto la spiaggia si svuotò e quando vide che anche i suoi due compagni si apprestavano a levare le tende, Consuelo li bloccò. – Perché non ci fermiamo – propose – abbiamo avanzato un sacco di roba da mangiare. Potremmo cenare qui e fare il bagno di mezzanotte. I due ragazzi si guardarono, interdetti. – Eh dai! – li incalzò lei – non fate gli impiastri. Accontentatemi! E da un sacco di tempo che non faccio il bagno di notte. Stanotte ci sarà la luna piena, sarà bellissimo! – D’accordo – acconsentirono entrambi. – Bisognerà avvertire casa – fece Manuel. – I miei genitori sono partiti oggi per le vacanze – disse Antonio. – Papà e mamma sono fuori a cena – aggiunse Consuelo – non c’è bisogno di avvertirli che non rientriamo Quando diventò buio accesero un bel falò e cenarono intorno al fuoco, ridendo, scherzando e divertendosi come, da tempo, nessuno dei tre aveva più fatto. Finito di cenare e bevuta l’ultima birra, Consuelo propose di buttarsi in acqua. – OK, buttiamoci – disse Manuel. – Tutti in acqua – gli fece eco Antonio. – Allora – fece Consuelo di rimando – via i costumi. I due ragazzi, ammutoliti, si guardarono nuovamente in faccia. – Non vorrete mica fare il bagno di notte col costume – scoppiò a ridere la ragazza – il bagno di note si fa rigorosamente nudi. Forza! bando alle ciance! E, davanti allo sguardo esterrefatto degli altri due, si slacciò il reggiseno e lo gettò sulla sabbia, seguito, subito dopo, dagli slip. Alla vista dello splendido corpo nudo di Consuelo, illuminato a giorno dalla luna piena, ai due ragazzi quasi prese un colpo. Quel seno candido, pieno e maestoso, quel pube piatto appena adombrato da un velo di sottile peluria bruna e quel culetto alto, rotondo e sporgente, con quelle due mezzelune perfettamente arrotondate, carnose e dall’aria soda, ben separate da un solco profondo, li lasciò letteralmente senza fiato. – Come vado? – chiese lei ridendo e facendo un mezzo giro su se stessa come a voler meglio mostrare la propria merce. – Uno schianto – balbettò Antonio cercando di riprendersi. – Sei bellissima – convenne Manuel. – Adesso tocca voi, forza! Levatevi quei maledetti costumi. Quando i due ragazzi si sfilarono finalmente i boxer, la ragazza scoppiò a ridere vedendo i loro membri quasi completamente irrigiditi. – Ei ragazzi – disse ridendo – andateci piano con quegli arnesi. – Accipicchia – aggiunse poi, valutando le proporzioni decisamente notevoli di entrambe quelle attrezzature – certo che madre natura è stata parecchio generosa con voi. Hai capito il fratellino! Adesso, finalmente, ho fatto la conoscenza con quel grosso coso duro che mi preme da dietro quando siamo sulla motocicletta! E, mentre la sorella e Antonio scoppiavano a ridere, il povero Manuel, sentendosi avvampare dalla vergogna, pensò di cavarsela buttandosi in acqua, subito seguito dagli altri due. Dopo un lunghissimo e bellissimo bagno si asciugarono, rivestirono e, spento il fuoco, risalirono sulla motocicletta diretti in città. Dopo poche centinaia di metri Consuelo, avvinghiata come sempre ad Antonio, gli infilò le mani dentro la camicia. – Ti dispiace? – gli disse in un orecchio per superare il rombo del motore – quest’aria notturna mi fa sentire freddo alle mani. – Figurati – disse lui, che non gli pareva vero di sentire le mani della ragazza a contatto della propria pelle – fai pure. – Grazie.

A proposito, hai delle bellissime orecchie. Mi verrebbe voglia di leccartele. Quelle parole, unite al fatto che le dita della ragazza gli stavano distrattamente stuzzicando i capezzoli, gli fecero quasi perdere il controllo del mezzo. Quanto a Manuel, la ragazza gli stava facendo patire le pene dell’inferno sistemandosi sul sellino in modo da mantenere sempre il più stretto contato possibile con la sua mazza dura e approfittando di ogni più piccolo sobbalzo della strada per strusciarcisi contro, apparentemente senza accorgersene. Dopo alcuni, inutili, tentativi di ritrarsi, il fratello lasciò che le cose andassero per il loro verso e cominciò a muoversi in sincronismo con la sorella, tanto che ci mancò poco che non si venisse nei calzoni. Giunti in città i due amici proposero di andare in un locale a bere qualcosa. – Ci sarà un casino tremendo – si lamentò la ragazza – è sabato sera. – In spiaggia hai detto che i tuoi sono partiti – aggiunse rivolgendosi ad Antonio – perché non andiamo a casa tua? – Volentieri, ho il frigorifero pieno di birra. Seduti in soggiorno conversarono, bevvero birra ed ascoltarono musica. – Che mortorio – fece ad un tratto la ragazza – fatemi ballare. Dopo qualche ballo veloce misero dei lenti e i due ragazzi si alternarono per far ballare Consuelo, la quale se li stringeva appassionatamente al proprio corpo facendo loro sentire il turgore del proprio seno ed aspirare il profumo del proprio corpo e dei propri capelli e ricevendone, in cambio, la percezione delle loro mazze, ormai dure da scoppiare, che premevano contro le sue cosce e contro il suo ventre caldo. Aveva voglia, la bella Consuelo, una voglia pazza; era assolutamente intenzionata a farsi quei due bei ragazzi e se anche uno dei due era suo fratello, beh, chi se ne fregava! Che male c’era in fondo, a divertirsi un po’! Sentiva che anche loro avevano voglia, lo sentiva da come la stringevano ballando, come aspiravano il suo profumo, come cercavano il contatto col suo seno ed il suo bacino. E poi, c’erano quelle mazze! Quelle mazze dure che premevano contro di lei e le trasmettevano un desiderio, quasi doloroso, di farsi possedere da loro. Quel desiderio era nell’aria, lo si poteva quasi toccare, lo si riscontrava nei gesti eccessivi dei tre ragazzi, nelle loro risatine quasi isteriche, nei loro volti arrossati, nel tremolio delle mani che reggevano il bicchiere. E il desiderio, la libidine, la voglia di fare sesso, chiamatelo come volete, venne finalmente allo scoperto. – Ma insomma – sbottò ad un certo punto Consuelo, dopo l’ennesimo ballo lento nel corso del quale il ballerino di turno le si era strusciato contro come un bassotto in calore – quei due grossi affari che vi penzolano tra le gambe, ce li avete per figura o per farne qualcosa? Possibile che non riusciate a capire quando una donna ha voglia di farsi sbattere? Era incazzata Consuelo, o forse solo infoiata, e li trattò davvero male quei due ventenni imbranati che non riuscivano a prendere l‘iniziativa. – Consuelo – cercò di protestare Manuel, peraltro senza troppo convinzione essendo ormai, anche lui, arrapato come una bestia – io sono tuo fratello! – Al diavolo! – s’incazzò ancor più lei – se è così, spiegalo anche al tuo uccello chi sei. ! è tutta la sera che me lo strofini contro! Non sono mica di ferro, cosa credi! Dopo quella sfuriata e qualche secondo di assoluto silenzio, durante i quali la tensione presente nella stanza si sarebbe potuta tagliare col coltello, scoppiarono tutti e tre a ridere. – Scopatemi ragazzi, ve ne prego, scopatemi! è la prima volta in vita mia, ve lo assicuro, che mi capita di dover pregare qualcuno per farmi scopare, e mi tocca farlo con due ragazzini imbranati! Senza più dire una parola, i due amici la sollevarono di peso e la portarono nella camera dei genitori di Antonio, dove, dopo averlo liberato da coperte e cuscini, la adagiarono sul grande letto matrimoniale. – L’hai voluto tu – riuscì solamente a dirle Manuel mentre l’amico, con mani tremanti, le stava sfilando la maglietta. Poi, mentre Il fratello le sfilava i sandali e le abbassava la cerniera dei jeans, l’amico le tolse il reggiseno liberando il suo splendido seno. Quando, dopo averle tolto i jeans, il fratello si apprestò ad abbassarle le mutandine, gli tremavano talmente le mani, che la ragazza dovette aiutarlo. Era nuda, adesso completamente nuda. – Fatemi godere, ragazzi, fatemi godere tanto, ne ho proprio bisogno.

Sono mesi che non godo come dico io. Nonostante la manifesta inesperienza, i due ragazzi, ben guidati dalla bella Consuelo che di esperienza, invece, ne aveva parecchia, fecero del loro meglio per soddisfarla e, naturalmente , per soddisfarsi. – Mioddio che belle mazze – fece Consuelo quando anche i due maschi si spogliarono e la raggiunsero sul letto, con i loro ceri ritti che puntavano orgogliosamente la testa, ancora incappucciata, verso l’alto – e voi ve li tenevate nei calzoni, brutti stronzi! – Venite, avvicinativi, non mordo mica, sapete! Antonio, preso coraggio, si sdraiò al suo fianco, subito seguito da Manuel che, oramai arresosi all’ineluttabilità del destino, non riusciva a capacitarsi del fatto che stava, finalmente, dopo tanto averlo agognato, per godersi quel pezzo di figa della sorella. E così, rotti gli indugi, partirono, come si suol dire, le danze. Nei successivi venti minuti i due amici, che non riuscivano ancora a capacitarsi di quanto stava loro avvenendo, si dedicarono ad esplorare meticolosamente quello splendido corpo femminile che potevano, finalmente, avere a loro completa disposizione. Dal canto suo la bella Consuelo, che di cazzi, peraltro, ne aveva già presi in gran quantità, ma sempre in dosi singole, nel sentirsi così desiderata da quei due giovani maschi, così belli e così infoiati, si predispose per farsi una goduta memorabile, da vera maiala e ripromettendosi di soddisfare, oltre ai propri, tutti i desideri, anche i più incoffessabili, di quei due giovani stalloni di cui bramava, con una libidine quasi dolorosa, le nerchie dure e ben tornite. E i due, bisogna dirlo, si comportarono al meglio. Dividendosi i compiti come una squadra già ben affiatata, le toccarono, carezzarono, palparono, baciarono, leccarono e succhiarono ogni centimetro di pelle, dalla testa ai piedi. La baciarono in bocca, leccandole e succhiandole la lingua, le labbra, il palato e scambiando con lei le loro salive. Come due lupacchiotti affamati, si tuffarono su di lei a leccarle il viso, gli occhi, il collo, le orecchie. Mentre l’uno si dedicava alle sue meravigliose poppe, candide e dure come di marmo, leccandole e ciucciandone i piccoli capezzoli rosati, l’altro le leccava e ciucciava i piedini per poi risalire a leccarle le caviglie affusolate, le ginocchia ben fatte, le splendide cosce. E quando, fattala adagiare sulla pancia, l’uno le leccava la schiena diritta e morbida ed il collo lungo e fine, l’altro le leccava il dietro delle cosce per risalire, delizia delle delizie, fino alle sue meravigliose chiappette, tonde, piene, sode e al tempo stesso burrose. La ragazza, completamente concentrata con tutta se stessa sul proprio godimento, si lasciava fare da quei due giovani montoni di cui sentiva le mani e le lingue scorrere affamate lungo tutto il corpo. Si sentiva come bruciare dentro e desiderava, come mai prima di allora, farsi montare per placare quella passione struggente, quel desiderio di maschio che la lacerava; ma, al tempo stesso avrebbe voluto che i e non smettessero mai di baciarla, di toccarla e di leccarla. Quando Manuel, fattala nuovamente girare sulla schiena, le spalancò le cosce e si sdraiò, a pancia in giù, col viso a pochi centimetri dalla sua apertura, potè finalmente ammirare l’oggetto dei suoi desideri, il soggetto di tante sue fantasie, ciò per cui aveva riversato tanti fiumi di sperma sfinendosi di pippe. Era bella, davvero bella quella giovane fighetta; appena scurita da un sottile velo di peluria morbida e sottile, le labbra gonfiate dal desiderio e l’apertura spalancata, madida di umori il cui profumo, forte e dolce al contempo, gli sollecitava così piacevolmente le narici. Ne percorse coi polpastrelli il contorno trovandolo morbido come seta, poi ne carezzò il clitoride, già indurito, che rispose al suo tocco con una quasi impercettibile vibrazione che strappò un gemito alla ragazza. Poi allungò il collo e cominciò a leccarla delicatamente con la punta della lingua.. Lei gemette. Mio dio che sapore divino! Si protese in avanti con tutto il corpo e ci si tuffò quasi dentro, con tutto il viso, e cominciò a leccarla, a succhiarne le labbra, il clitoride, ci infilò la lingua, sembrava volesse mangiarsela. Dovette fermarsi perché sentiva di essere prossimo all’orgasmo. Leccare in quel modo la figa della sorella lo stava facendo letteralmente impazzire e non voleva venire in quella maniera. Soprattutto, non voleva venire.

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