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La fine

Cominciò a spogliarmi. Si spogliò. Mi tirò su di lei. “Vediamo se ti amo più di ieri, se parlerai più di ‘limitazionì”. Il suo corpo sembrò trasformato. Mi succhiò in lei, tutto. Fu una furia insaziabile, meravigliosa. “Non ti lascerò la minima possibilità di poter stare con un altra donna fino a quando sarai con me. ” E mise in atto il suo proposito, con zelo e diligenza. La licenza fu splendida. Con Carla, ci baciavamo, ci cercavamo golosamente, ma non potevo scacciare dalla mia mente il pensiero che mi assillava: ‘Come sarà? ‘. Carezze più intime che mai. Sentivo, anzi sentivamo, il desiderio, l’impulso, di fare l’amore. Lei sussurrava di aver pazienza, ci saremmo sposati dopo pochi mesi. Io annuivo con la testa ma in cuor mio bramavo, e nel contempo temevo; averla subito. E se avessi avuto la dimostrazione che… non mi amava? Se avesse avuto le stesse reazioni di Lenka e di Vittoria? Se, invece, la cosa fosse accaduta dopo sposati, come avremmo potuto rimediarvi? Se avessimo subito dei rapporti e non le fosse possibile… ? Diavolo d’una Ela, quanti ‘sè mi aveva messo in testa. Non solo. Sarebbe stata insaziabilmente possessiva come Ela o appassionatamente dolce, deliziosamente voluttuosa, come Katia? Già, Katia, nessun problema anche con Katia, perché ne avrei dovuto avere con Carla? Ma guarda quali problemi sorgevano con la propria fidanzata dopo essere stato con altre donne. La sera prima della partenza andai, con lei, in casa di amici. Ballammo stretti. La sentivo, attraverso il suo vestito leggero. E lei mi sentiva, deliziosamente turbata. Ci carezzavamo col pube, vicendevolmente. Io mi piegavo sulle ginocchia, in artificiosi passi di danza, per sentire il caldo morbido del suo sesso. Lei non parlava più, si strofinava a me. La presi per la mano e la condussi nella camera della ragazza che ci aveva invitato. Non disse nulla. Mi seguì come un automa. Le sollevai la gonna, scostai le mutandine. Mi lasciava fare, impietrita. Mi sbottonai i pantaloni che stavano scoppiando. Sembrava immenso anche a me. Lei non batté ciglio. Attese. Lo introdussi tra le sue cosce. Non volevo entrare in lei. No, non era quello il modo, in piedi, in una stanza sconosciuta, di fare l’amore con lei per la prima volta. Mi mossi lentamente. E cominciò anche lei a muoversi, un braccio intorno al mio collo, l’altra mano sulle labbra. Non riuscivo a fermarmi, e lei non voleva che mi fermassi. Sentii che s’era completamente abbandonata tra le mie braccia. La tenevo stretta, con le mani sulle sue piccole sode natiche che fremevano. Così, fino alla conclusione di quella prima, squallida, anomala e incompleta conoscenza. Quando si ricompose, mi baciò a lungo. “Grazie Giorgio. Grazie per non aver guastato tutto. Quando saremo sposati ti compenserò anche per questo. ” Il rientro fu un vero e proprio ‘ritorno in serviziò. Era la sera della domenica. Perfino Roberto sembrava contento di rivedermi. Ormai mi conosceva da tanti mesi. Avevo portato piccoli pensierini a ognuno. A Ela avevo comprato una collana di corallo, pelle d’angelo. Ero riuscita a trovarla da un compagno di scuola, Israelita, che stava vendendo tutto. Quando fummo a letto mi accorsi che indossava solo quella. La collana e la sua pelle si confondevano. Mi abbracciò tremando. “Ti ho atteso con ansia. Mi devi tutte le notti che non hai passato con me. E poi voglio qualcosa anche per domani sera, perché dovrò avere il mal di testa domani sera. Anche se non é sabato! Sei in debito, e voglio svuotare la cassa. Fino all’ultimo centesimo. ” E fu esigente, nella riscossione. Benché fossi stato molti giorni lontano da lei e da Katia, e nonostante la gioventù, non fu agevole saldare il conto fino in fondo. Il viaggio e la notte con Ela, suggerirono, nel pomeriggio, un sonnellino nella vuota infermeria ufficiali. La sera ero fresco e riposato. La cena si svolse in allegria. Ela aveva il mal di testa. Strano, non era sabato. Katia mi ospitò nel suo letto. Fu appassionata e tenera come non mai. Nei pochi momenti che riuscivo ad assopirmi restava a guardarmi, e non resisteva al desiderio di carezzarmi, baciarmi, finché non sentiva che la desideravo ancora. Meravigliosa Katia. L’indomani mattina ero sfinito, esausto. Agivo come un sonnambulo. Ero prigioniero d’una situazione dalla quale non sapevo, e soprattutto non volevo, uscire. Il sesso era divenuto una fissazione, una droga. Mi stupiva l’insaziabilità delle mie deliziose compagne, la loro fantasia erotica, la carica di passione, la voluttà, ma ancor più come riuscivo a far fronte alla loro esuberanza. Si andò avanti così per molto tempo. Era, ormai, il nostro modo di vivere con gioia, senza mai trasformare la esaltante consuetudine in noia, in monotonia. Notizie dei mariti arrivavano sempre più raramente. Poi ci furono gli eventi della Russia, i dispersi.

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