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Il Duca di Essex

Lei era li, sdraiata su un tavolo di legno, e nei suoi occhi vedeva l’orrore compiersi in tutta la sua crudeltà, non poteva muoversi, poteva solo urlare, ma le sue urla erano inutili, e la cosa peggiore era che lei stessa lo capiva, nel momento stesso in cui le uscivano dalla gola percepiva la loro inutilità e la sua impotenza.
Cercò di scacciare via i suoi pensieri ma non ci riuscì, e la sua mente iniziò a vagare all’indietro nel tempo, ai suoi giorni felici di figlia del conte di Warley, vissuti nel suo bel castello sito nello Yorkshire settentrionale, circondata d’affetto e di attenzioni. Giorni che erano finiti con l’inizio di una terribile guerra: la guerra delle due rose. Guerra che era giunta sin sotto le porte del castello, e poi le aveva varcate, tra le urla e il sangue dei suoi difensori, e che ora era giunta sin li, nella sala del trono, dove si era riunita la famiglia del duca, ovvero il conte di Warley stesso, la contessa Matilde (sua madre), e lei, unica figlia prediletta.
Gli uomini armati del Duca di Essex entrarono nella sala senza alcun rispetto.
Quello che sembrava essere il loro capo portava in mano la testa del comandante delle guardie, appena spiccata, che ancora grondava di sangue. Due dei suoi soldati la afferrarono e la trascinarono sul grande tavolo di mogano che si trovava al centro della stanza, mentre il Duca invasore ordinava ai suoi genitori di scendere le scale su cui era posto il trono. I suoi obbedirono.
* Inginocchiatevi davanti a me! — disse il Duca.
Il conte di Warley guardò verso sua figlia, trattenuta su un tavolo con una lama poggiata alla gola, e obbedì, sua moglie lo segui piegandosi a terra. Essex esplose in una risata sprezzante, poi si rivolse al conte.
* Ora se non volete che la vostra cara figlioletta faccia una brutta fine resterete così, fermo e immobile, qualunque cosa accada. -Il conte non rispose, fissandolo con sguardo carico d’odio.
* Strappatele le vesti! — urlò allora il Duca.
I suoi uomini obbedirono subito, e con le loro mani rozze e ingorde strapparono di dosso le vesti alla giovane contessina che cercò inutilmente di difendersi, lasciandola infine completamente nuda sul tavolo.
* Avete capito adesso? — urlò quindi il Duca al conte.
* Si, resterò immobile. -rispose l’uomo avvilito.
* Bene, — sghignazzò l’invasore, e poi rivolgendosi alla contessa – Alzatevi puttana! —
Lei obbedì immediatamente per proteggere la figlia. Il Duca allungò una mano, le sfiorò il bel viso, accarezzandolo, poi la prese per il mento movendo la sua testa prima a destra e poi a sinistra come per valutarla, la lasciò e per un attimo non fece nulla, quindi la scaravento a terra con un violento schiaffo.
Il conte di Warley ebbe l’impeto di alzarsi, ma davanti ai suoi occhi vide Elizabeth, la giovane figlia, nuda ed esposta agli sguardi lubrici ed infoiati dei presenti, ed esplodendo dentro di se per la rabbia, s’immobilizzò nella sua umiliante posizione.
Il Duca portò un piede vicino alle labbra della contessa, che era rimasta sdraiata a terra, e le ordinò di leccarlo. Lei lo guardò con odio malcelato, poi iniziò con riluttanza a passare la sua lingua sopra il fango e il sangue che ricoprivano lo stivale dell’uomo, che la afferrò per le lunghe trecce bionde e la tirò nuovamente su, in piedi.
* Spogliatevi milady! — le urlò in faccia dopo averla fatta alzare.
Lei, arrossendo e chiudendo gli occhi, iniziò a denudarsi, cercando di essere il meno sensuale possibile, togliendosi le sue ricche vesti. Con tutto il suo nobile orgoglio scoprì il suo corpo ancora in splendide condizioni malgrado i suoi trentasette anni, lasciò cadere ai suoi piedi tutto, e quando fu completamente nuda lo guardò altera dritto negli occhi.
Lui per risposta al suo fare sprezzante le diede un nuovo schiaffo sul viso, ma stavolta lei barcollò soltanto, ma restò in piedi. Il Duca la guardò con occhi pieni di rabbia e afferrò il suo seno destro stringendolo forte per farle del male, ma dalla bocca della donna non uscì nessun grido, neanche quando l’uomo strinse ancora più forte, o quando tirò il capezzolo, stirandolo dolorosamente. Strinse le labbra e serrò gli occhi, ma dalla sua bocca non uscì un suono.
Gli occhi del Duca di Essex ora sembravano lanciare lame di fuoco per quanto era furibondo, mettendole una mano dietro la testa cercò di costringerla a inginocchiarsi. Lei si piegò, senza opporre alcuna resistenza, e restò ferma così, ai piedi del suo aguzzino.
Costui le diede un calcio in pieno stomaco, la donna si piego in due, ma dalle sue labbra non uscì un lamento. L’uomo ordinò ad uno dei suoi scudieri di aiutarlo a spogliarsi, si tolse l’armatura e il resto e poco dopo completamente nudo, con il suo corpo muscoloso e segnato dalle cicatrici di molte battaglie, si riposizionò davanti alla donna, che nel frattempo era rimasta impassibile nella sua posizione, in ginocchio, con la schiena eretta e le mani abbandonate sulle cosce.
Il Duca prese la testa della contessa da dietro la nuca e ne spinse il viso contro il proprio cazzo, la donna, per un attimo cercò di opporre resistenza, disgustata, poi si lasciò guidare docile, e quando il Duca le urlò di aprire la bocca lei obbedì senza tradire alcuna emozione, e si ritrovò in bocca il duro organo dell’uomo, che le ingiunse di succhiarlo. Lei iniziò a leccare e succhiare il cazzo del Duca, mantenendo la sua compostezza e la sua fierezza intatte, anche quando dopo alcuni minuti l’uomo le sborrò in gola, tenendole ferma la testa in modo che dovesse per forza ingoiare tutto il suo sperma. Poi le ordinò di pulire il suo membro appiccicoso, e lei esegui senza alcuna esitazione.
L’uomo vide che nonostante tutto la donna conservava intorno a se un alone di superiorità rispetto al resto, e ciò fu per lui come una frustata in pieno viso, si rivolse verso il conte.
* Quella puttana di vostra moglie sta godendo come una troia! — urlò. -è talmente assetata di cazzo che vorrebbe farsi tutto il mio esercito! —
Il conte di Warley aveva sempre davanti agli occhi la giovane Elizabeth, e restò apparentemente impassibile alle parole dell’uomo, la cui ira montò ancora di più. Allora torno a girarsi verso la contessa Matilde, che era rimasta ferma, senza nemmeno pulirsi il viso e le labbra, ancora sporche di sperma.
* Giratevi milady e mettetevi a quattro zampe come un cane! — le ordinò.
Lei esegui l’ordine senza discutere e l’uomo si appostò dietro alla donna, le afferrò i seni, piccoli e sodi, strizzandoglieli, e contemporaneamente spinse con violenza il suo cazzo dentro la vagina asciutta di lei.
La donna sollevò di scatto la testa e si arcuò leggermente, sobbalzando, ma non fiatò. Il Duca la scopò così per un po’ gemendo a ogni colpo inferto alla sua preda, che continuava impassibile nel suo silenzio, anche in questa orribile situazione.
L’uomo sempre più furibondo tirò fuori di colpo il proprio cazzo, e lo appoggiò all’ano della donna, costei capì le intenzioni del depravato e inorridì, rabbrividendo per l’orrore, ma si morse forte le labbra per non urlare, chiuse gli occhi e si preparò alla nuova violenza che stava per subire stringendo le natiche.
Lui iniziò a spingere con forza il suo organo contro il minuscolo sfintere serrato, senza cercare di aiutare la penetrazione con un po’ di saliva, e, spingendo con violenza, senti le carni della donna che cedevano al suo membro e si preparavano ad inghiottirlo. Si ritrovò dopo poco immerso per più di metà nel suo stretto budello e diede un grido di vittoria. Dalla bocca contratta della contessa uscì solo un:
* Aah… Sssss… -e fu tutto.
L’uomo spinse ancora forsennatamente, cercando di infilare completamente il suo membro nel pallido culo della donna, e quando si trovò schiacciato contro quelle natiche, iniziò a sodomizzarla con brutalità e cattiveria, senza per questo riuscire a far uscire dalla sua bocca nessun’altro grido o implorazione.
Continuò a incularla con violenza, dandole crudeli spinte e strattoni, per un bel po’: il precedente orgasmo gli aveva dato una maggiore resistenza. La donna non gridò, non si agitò, subì passivamente quello stupro oltraggioso, non urlò il suo dolore, malgrado le scoppiasse dentro la voglia di farlo, solo le lacrime che le scendevano silenziosamente sul viso nascosto fra le braccia, testimoniavano la sua enorme sofferenza.
Ma quando il Duca, ormai sul punto di venire, la trasse a se con forza, dandole contemporaneamente un’ultima spinta di inaudita violenza che lo portò a conficcarsi fino in fondo a quel culo violato, la donna gettò un lungo urlo di agonia che si alzò altissimo e fu per lei come una specie di liberazione.
L’uomo eiaculò abbondantemente dentro il suo intestino, facendola rabbrividire per lo spasimo e la vergogna, poi tirò fuori da lei il suo cazzo, e restò per un momento immobile, senza dire o fare nulla.
Poi con un gesto della mano ordinò a uno scudiero di porgergli i vestiti che si era tolto prima,
* Jonas? — chiese mentre si rivestiva.
* è di guardia, milord. -intervenne prontamente un soldato.
* Andatemelo a chiamare, subito! —
Ci fu trambusto mentre alcuni soldati si allontanavano, alcune panche vennero spostate grattando le stuoie, e qualcuno si dileguò in fretta.
Il Duca guardò sogghignando il conte di Warley ancora inginocchiato e sorrise ironico.
* Avete gradito il trattamento che ho riservato a vostra moglie milord? — gli chiese continuando a sorridere sornione.
* Siete un vigliacco e un depravato, solo le bestie agiscono come fate voi. -ebbe il coraggio di mormorare l’uomo prostrato.
* Risparmiate il fiato, milord, che fra poco ve ne servirà parecchio! — rispose irato il Duca.
* Avete bisogno di me, milord? —
Era arrivato Jonas, infine. Il Duca di Essex si voltò verso di lui con un sorriso che non prometteva niente di buono.
* Ho una sorpresa per te. Qualcosa che gradirai di sicuro… —
Jonas, un uomo robusto ben più alto della media, fissò la giovane donna dall’aria sconfitta che giaceva ancora nuda e inginocchiata e rise.
* Ma come, milord, voi vi volete burlare di me! … Il bocconcino potrà risultare gustoso ai giusti palati, eppure dovreste sapere che sono ben altri i piatti che mi allettano. –
Il Duca scosse la testa senza cessare di sorridere.
* Hai frainteso, non è lei che ti sto offrendo. Come puoi giudicarmi così privo di tatto e buona creanza? Stà sicuro che ti piacerà, il tuo dono. -poi volgendosi ai suoi uomini esclamò. -Portatemi qui l’impavido conte di Warley! —
La contessa Matilde aveva ascoltato in silenzio. Ora guardava, confusa, l’uomo che stava afferrando suo marito. E d’un tratto sussultò, perché era tremendo quello che, all’improvviso, le era parso di capire.
* Non avete intenzione di farlo sul serio… vero? — chiese con voce strozzata.
* Io? Certo che no, non ho intenzione di fare un bel niente, IO. -rispose il Duca sorridendo.
* Ma… Mio marito non è un invertito! —
* Jonas però sì, quindi non vi preoccupate, sa benissimo cosa fare. –
* Spregevole. Maledetto. -bisbigliò la contessa. – è con me che siete arrabbiato perchè non vi ho dato soddisfazione, è me che volete punire! Lasciatelo in pace, e rifatevela con me! —
* Qual nobiltà d’animo! è tanto importante per voi la verginità del culo di vostro marito, o siete così ansiosa di prendere qualcuno dentro che vi offrite con gioia per interpretare il ruolo della martire? —
* è ignobile! è ingiusto! — la frustrazione ora la soffocava. -Non capite quanto è ingiusto tutto ciò? —
Il Duca di Essex rise.
* Siete ingenua o stupida, milady? La giustizia l’amministro io adesso. è giusto quello che io ritengo tale, semplicemente. –
Con la coda dell’occhio la contessa vide suo marito che veniva fatto piegare su uno dei tavoli, la faccia premuta contro il legno irregolare. Jonas, dietro di lui, esitava, sconcertato.
* Però, milord… qui? … Davanti a tutti? … –
* A questo punto, non so cos’altro potrebbe riuscire ad imbarazzare i gentili signori presenti. Oppure è a te che la cosa crea qualche problema? — rispose il Duca.
* No… beh, no. –
Quando la contessa vide che cominciava a calarsi le brache voltò la testa, atterrita. Sua, era colpa sua, tutto questo che ora stava succedendo era colpa sua e con queste colpe avrebbe dovuto imparare a convivere. Avrebbe urlato se il Duca l’avesse costretta a guardare, ma non lo pretese.
Di sentire, però, la donna non poteva impedirselo. Udì il grido lacerante, ed il grugnire ritmato, in perfetto accordo col cadenzato scricchiolio del legno, i gemiti che le giungevano come fitte dolorose attraverso le risa e gli ironici incitamenti degli astanti…
* Ecco, guardate il vostro bel consorte adesso. Lo ritenete ancora un valido difensore? – la voce del Duca grondava sarcasmo.
E la donna guardò.
Il conte di Warley, suo marito, il busto premuto sul tavolo, mordeva con forza uno degli avambracci ripiegati sotto al volto, mentre Jonas, una mano sul collo di lui a tenerlo giù, stantuffava con vigore nel suo retto. Aveva il volto arrossato, il conte, gli occhi lucidi, e gocce di sudore gli adornavano la fronte di perle. I suoi lineamenti si contraevano per la sofferenza ad ogni spinta che doveva subire, e nell’insieme lei ne ebbe una tale impressione di vulnerabilità che sentì il proprio cuore sciogliersi per lui.
* Allora? Vi piace così, è questo che desideravate? Capite adesso chi comanda ora in queste terre? – la schernì il Duca rialzandola e spingendola avanti.
La contessa allungò una mano a toccare il volto di suo marito, catturò lo sguardo che voleva sfuggirle.
Gli sorrise.
* Non sei mai stato più bello. – gli sussurrò e qualcosa di profondo e sincero passò dagli occhi di lei a quelli di lui, un legame che li unì, un segreto condiviso che li portò l’uno all’altra, a compenetrarsi, a scambiarsi due vite nell’arco di un secondo.
Il conte parve rilassarsi e socchiudendo gli occhi gemette, un lungo gemito da animale ferito; la moglie gli sorrise, un sorriso dolcissimo, e si chinò verso di lui, schiuse le labbra umide preparandosi a baciarlo, desiderava baciarlo… ma la brusca stretta del Duca la tirò indietro, la spinse contro il suo corpo solido. L’allontanò dal calore, e di nuovo si ritrovò chiusa in una morsa di gelo. Fra le sue braccia, solide ed inflessibili come le sbarre di una prigione.
Non era contento Essex, era evidente. La contessa non gli aveva dato la soddisfazione che voleva e la sua ira era stata rinfocolata come se fosse stato gettato legno secco su fuoco vivo. La donna se ne rallegrò e ne ebbe paura al tempo stesso. Era consapevole che adesso soltanto su di lei sarebbero potute ricadere le conseguenze della sua rabbia… o su sua figlia. Eppure era soddisfatta, soddisfatta che lui fosse scontento malgrado tutto fosse stato fatto secondo la sua volontà. Non era onnipotente, quell’uomo! Al momento aveva il potere, e poteva ordinare, punire… ma non li avrebbe ridotti tutti a bambocci striscianti ai suoi piedi!
L’uomo parve averle letto nel pensiero, perchè l’allontanò da se con una spinta che la mandò a ruzzolare per terra. Jonas, intanto, aveva finito e si stava riaggiustando la calzamaglia e il giustacuore.
Il conte stava ancora prono sul tavolo con le brache abbassate e gemeva.
Quindi il Duca si girò verso i due soldati che ancora tenevano ferma la contessina e ordinò:
* Lasciatela. -I due obbedirono immediatamente, e Elizabeth, dopo un attimo di smarrimento corse verso sua madre, e le si gettò addosso.
Il Duca guardò il conte e gli disse che poteva alzarsi, il conte di Warley si alzò, ma restò fermo, malfermo sulle gambe, senza muoversi verso la sua famiglia. La situazione restò statica per alcuni momenti, con un irreale silenzio che riempiva la sala, fu il Duca a rompere il silenzio.
Ordinò a due soldati di prendere la contessa e di legarla e lo stesso fece fare col conte che venne anch’egli legato con le mani dietro la schiena accanto alla moglie ancora nuda. Quindi legarono anche Elizabeth anch’essa nuda.
Poi il Duca uscì dalla sala lasciando due soldati di guardia e quei tre poveretti a interrogarsi sulla loro sorte. Dopo circa un’ora entrò una loro vecchia serva di nome Betty con del cibo che depose ai loro piedi e disse ai soldati di slegarli per permetter loro di sfamarsi. Da fuori giungevano urla e risate.
* Cosa sono tutti questi schiamazzi? — chiese Elizabeth mentre raccoglieva da terra la tunica che le avevano strappato qualche ora prima, per coprire le sue nudità.
* Oh, quelle. -Betty arricciò le labbra. – Stanno frustando Eleanor, la cameriera di vostra madre, giù in cortile, e lo spettacolo pare stia riscuotendo un gran successo. –
Elizabeth si bloccò nell’atto d’infilare la veste dalla testa, il fiato che le si mozzava in gola.
* La frustano? — balbettò quando affannosamente riuscì a riemergere dalla stoffa. -Ma come, perché? —
* L’ha voluto uno dei soldati del Duca. Dice che ha tentato di ucciderlo mentre dormiva, la timida Eleanor, riuscite a credere ad una cosa più ridicola? In realtà, mi ha sussurrato Miryam, pare che l’unica colpa di quella poveretta è stata di avere tanto lottato, quando quel soldato ha voluto prenderla contro natura, e questo sì è credibile. Ma comunque stiano le cose, quell’uomo ha chiesto al Duca il permesso di punirla pubblicamente e lui non gliel’ha negato. –
* Senza… senza che nessuno facesse niente? — Elizabeth la fissò con sgomento.
* Ma a chi volete che interessasse, scusate? Ai soldati invasori, ai servi? A noi donne sì, certo, ma nemmeno vostro padre ci dava ascolto, pensate che lo farebbe Essex, adesso? Probabilmente lui stesso sapeva che si trattava soltanto di una bugia, di un pretesto, ma pensate che avrebbe voluto scontentare uno dei suoi per prendere le difese di una di noi? —
* Già lo pensate proprio madamigella? – la voce del Duca rimbombò nella sala mentre entrava seguito da alcuni suoi luogotenenti.
I tre prigionieri sussultarono e si fermarono, smettendo di mangiare.
Il Duca stava fissando Elizabeth che a un certo punto arrossì per l’insistenza dello sguardo. A un tratto fece un cenno e subito due uomini sguainate le spade le puntarono addosso al conte e a sua moglie, mentre altri due afferrarono Elizabeth e la trascinarono urlante verso l’enorme tavolo che stava nel centro della sala, la piegarono a forza e le fecero appoggiare il busto sul ripiano.
* Abbiamo lasciato un conto in sospeso, milady. -esclamò il Duca avvicinandosi lentamente mentre iniziava a spogliarsi.
* Non sia mai che lasci un membro di questa famiglia insoddisfatto della mia venuta in questo castello. –
Si accostò alla poverina che gemeva, prona sul tavolo, e le rialzò la tunica, scoprendo le natiche.
* Oh milord, ve ne prego… abbiate pietà, risparmiatemi… ho solo diciotto anni e sono ancora illibata… vi scongiuro abbiate misericordia! — la fanciulla supplicava con voce piagnucolosa.
* Misericordia? Pietà? … Sono parole sconosciute per me e i miei uomini. Suvvia signorina, animo, è giunto il momento che un vero uomo vi faccia gustare le gioie del sesso! — così dicendo le carezzava distrattamente la rada peluria del pube e le labbra del sesso. Afferrò poi un ciuffetto di peli e lo strappò con forza, facendo emettere uno strillo alla povera Elizabeth che ebbe uno scatto spasmodico.
Il conte, con la punta di una spada puntata alla gola, chiuse gli occhi per non assistere allo spettacolo dello scempio della sua povera figlia, la contessa, invece, teneva gli occhi alteri puntati sul Duca che sentiva tutto il peso di quello sguardo.
Il Duca si afferrò il membro, lo strofinò un paio di volte sulle labbra della fessura che sporgeva fra le cosce serrate della ragazza, poi lo inserì fra di esse e diede una stoccata violenta, infilandosi per un buon tratto nella vagina intatta della giovane e lacerandole in un colpo solo il fragile velo della verginità.
Elizabeth lanciò un urlo straziante e fece una specie di salto in avanti, bloccata però subito dai due uomini che la tenevano per le braccia piegata sul tavolo.
L’uomo diede un’altra spinta sadica che lo fece sprofondare fino in fondo, andandole a colpirle la bocca dell’utero e poi iniziò a fotterla duramente, incurante degli strilli e dei lamenti della ragazza.
La contessa guardava la scena in silenzio, fissando il loro aguzzino con occhi carichi di odio. In quel momento avrebbe dato dieci anni della sua vita per potergli cavare gli occhi con le sue unghie affilate. Vedeva sua figlia tentare di sottrarsi debolmente allo stupro e lamentarsi per il dolore degli affondo del pene nella sua vagina deflorata, un po’ di sangue le colava all’interno di una coscia. Poi vide il Duca voltarsi a guardarla con lo sguardo allucinato, per un attimo si fissarono, odio contro odio, lo vide estrarre il pene e appuntarlo sullo sfintere di Elizabeth. Chiuse gli occhi e rabbrividì ricordando l’incredibile dolore che lei stessa aveva provato appena qualche ora prima.
Elizabeth aveva capito le intenzioni dell’uomo alle sue spalle e iniziò a tremare come una foglia per la paura. Lo sentì premere in maniera dolorosa, strinse istintivamente le natiche e un attimo dopo spalancò la bocca per urlare a squarciagola sentendosi penetrare da qualcosa di incredibilmente grosso nell’ano. Strattonò con violenza le braccia tentando di liberarsi dalla presa dei suoi carcerieri, mentre urlava a più non posso e intanto si sentiva penetrare sempre più quel palo dentro il culo.
La contessa aveva trattenuto il fiato nel momento dell’introduzione, soffrendo insieme alla figlia, e ora allibita, vedeva quel mostro stantuffare con crudeltà nel sedere della giovane Elizabeth che si contorceva come un’anguilla e gridava come impazzita sbattendo la testa sul tavolo. Glielo infilava viziosamente fino in fondo con sadica violenza, infischiandosene della giovane età della sua vittima.
La donna seguì istante per istante l’agonia della figlia sodomizzata con furia animalesca da quella belva in veste d’uomo, fino all’istante in cui lui le si incollò alle natiche e le spruzzò dentro il suo seme malefico.
Il Duca si tirò fuori dal culo violentato e indietreggiò di qualche passo, rimirando soddisfatto lo scempio compiuto. Elizabeth non si muoveva più, era semisvenuta, anche se dei brividi la scuotevano ogni tanto, lo sperma e il sangue le colavano sulle cosce e aveva l’ano dilatato, arrossato e pulsante.
Il Duca si riscosse e si voltò ordinando ai suoi uomini di prendere degli stracci per vestire la famiglia del conte. Poco dopo il conte, la contessa ed Elizabeth erano vestiti come dei servi.
Il Duca li fece condurre fuori dai suoi soldati, poi mandò uno dei suoi uomini a prendere un cavallo dalle scuderie del conte, lui stesso lo consegnò ai tre, che ancora non capivano cosa stesse accadendo.
* Andatevene, e non fatevi più rivedere in queste terre, la prossima volta non sarò così generoso. –
Si voltò, ignorandoli e salì sulla torre del castello, da dove osservò il piccolo gruppo allontanarsi lentamente dalla costruzione, le due donne a cavallo, e l’uomo al loro fianco, a piedi.
Al suo fianco c’era il suo fido consigliere, Hasting, che lo guardava incredulo.
* Perché li hai risparmiati? – gli domandò. -Avevi detto che avresti sterminato tutta la famiglia per evitare rivendicazioni future del titolo e delle terre, anche da parte dei successori. –
* Lo so, quello che ho fatto potrebbe causare in futuro dei problemi… –
* E allora perché? —
* Non lo so, è stata colpa di quella donna, la contessa, dentro di lei c’è una tale forza che non sono riuscito a piegarla, a vincerla. Non ce l’ho fatta a sconfiggerla e non me la sono sentita di ucciderli. – FINE

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