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La sorellastra

Gianni rientrò dalla solita partita di pallone del sabato pomeriggio tutto sudato, e si infilò nella doccia, senza neanche curarsi se era solo in casa o se c’era qualcuno. Viveva in una grande villa nella periferia della città, circondato da ogni lusso e ogni agio. Suo padre è un famoso chirurgo internazionale, sotto le sue mani erano passati i migliori calciatori in circolazione, e ogni intervento veniva ricompensato profumatamente, a tal punto che la loro famiglia era diventata in poco tempo una delle più ricche della città. Il padre aveva sposato una sua collega, e da lei era nato Gianni. Gli anni dell’infanzia trascorsero nel lusso e nella felicità di un nucleo familiare giovane e ben affiatato, fino alla tragedia familiare. Consumata da una malattia tanto fulminea quanto letalte sua madre morì in pochi mesi lasciando Gianni solo a otto anni, e suo padre in preda ad un forte dolore. La vita di Gianni cambiò, sulla sua faccia non si leggeva più la felicità di un tempo ma traspariva un senso di velata tristezza, che peggiorò quando, otto anni dopo suo padre gli annunciò in una calda giornata estiva le sue prossime nozze con una nuova donna. Marta, questo il suo nome, era una modesta attrice di teatro, non più giovanissima, la cui bellezza stava ormai lasciando il segno a piccole rughe, segno del trascorrere del tempo e figlie di un doloroso divorzio, che la aveva gettata nella povertà insieme all’unica figlia Silvia.
Le nozze furono accettate da Gianni in maniera passiva da Gianni, che dopo otto anni di solitudine non vedeva certo di buon occhio una nuova presenza femminile nel letto della mamma, ma non poteva farci niente, e quindi si limitò a fare buon viso a cattiva sorte, cercando di non intralciare i piani di suo padre, che troppe volte aveva sentito rientrare a casa a notte fonda ubriaco e disperato per il dolore della prematura scomparsa della moglie.
La cosa più difficile sarebbe stata la convivenza con la nuova famiglia, non tanto con Marta, persona semplice, povera e innocua di bassissime origini che mai avrebbe osato contraddirlo; il difficile era accettare la presenza in casa di una sorellastra più grande di lui, e che quindi, nonostante fosse una femmina, gli rubava lo scettro di “persona responsabile della casa in assenza dei genitori”. I due si evitavano, per quanto potevano, diversi in tante cose. Lui, cresciuto nelle migliori scuole private, al liceo classico sommerso dalle versioni di greco e dalle insufficienze che caratterizzavano il suo scarsissimo rendimento scolastico. Lei, diciannove anni appena compiuti con un’educazione nelle scuole povere della città, fresca di diploma con, orgoglio della madre, il massimo dei voti, si apprestava ad entrare nel mondo universitario certa del personale successo negli studi dovuto alla notevole intelligenza di cui era provvista. I due si limitavano alla fredda frequentazione che potevano avere nelle enormi sale da pranzo della villa o in giardino, fermo restando che le loro rispettive stanze erano di dominio privato e nessuno dei due sarebbe mai entrato nella stanza dell’altro. Gianni sapeva molto poco di lei; anzi, sembrava molto timida visto che non gli aveva mai detto niente di personale della sua vita passata.

L’acqua scorreva calda e sotto la doccia colavano rigoli di fango dalle gambe di Gianni, intento a lavarsi fischiettando una canzone. Sempre intonava sotto la doccia quel motivetto ed aveva associato ad ogni punto della canzone la parte del corpo da lavarsi. Il ritornello era destinato alla pulizia del pene, operazione spesso gradita a Gianni. Anche quel giorno arrivato al ritornello prese del sapone, si scappellò il pene flaccido e iniziò a massaggiarlo con il sapone alternando precisi tocchi di mano ad ampie spugnate. Ora con una mano lo teneva tutto scappellato e con l’altra ripuliva la cappella, poi passava alla parte tra le palle e il buco del sedere, la zona più sensibile per Gianni, la cui pulizia gli causava sempre trionfali erezioni, e anche quella volta il suo pene adolescente si stagliò fiero ritto in avanti e pulsante. Gianni si guardò e se lo prese in mano, iniziando una morbida sega sotto la doccia. Ma non finì, era troppo stanco e tutto quello che voleva era distendersi e dormire. La sborra accumulata avrebbe potuto aspettare, pensò, così ancora in erezione chiuse l’acqua ed uscì dalla doccia. Non aveva ancora sentito nessun rumore dalla casa, e così, credendo di essere solo si asciugò e si diresse, nudo su per la scale verso la sua stanza.
Silvia, che ascoltava la musica in cuffia pigramente distesa sul letto non si era accorta del ritorno del fratellastrò nè dei rumori da sotto la doccia. Chiusa nella sua camera ascoltava Vasco Rossi, Albachiara. Anche lei iniziò a fare pensieri strani, sola dentro la stanza e tutto il reso fuori, e furtivamente si avvicinò una mano al pube. Un brivido la attraversò tutta, come percorsa da una scarica elettrica, ma la canzone finì e con lei il lato della cassetta. Subito ritrasse la mano, guardandola a lungo contro il bianco del soffitto. Si tolse le cuffie ed avvertì un po’ di fame, così che decise di farsi uno spuntino. Mai e poi mai si sarebbe immaginata quello spettacolo che Gianni inconsapevolmente le stava per offrire.
Uscita dalla camera Silvia camminava a passi lenti e stanchi il corridoio quando dalle scale spuntò Gianni, ancora un po’ bagnato ma totalmente nudo, e con il pene ancora un po’ duretto, in quello stato comatoso in cui rimane per un po’ dopo l’erezione prima di alzare definitivamente la bandiera bianca. Silvia lo fissò per un attimo, che sembrava non finire mai, posando la sua attenzione su quel torace fresco e con una rara peluria e su quel cazzo che gli penzolava giù tra le gambe. Svegliata come da un sogno esclamò
“Scusa, non credevo che fossi in casa” e si girò verso la parete. Gianni rosso per l’imbarazzo si affrettò a coprirsi con una mano il pube e a borbottare, pieno di vergogna
“Cazzo, potresti anche badare più attenzione a chi entra in casa. Questo non è il monolocale dove sei nata, ci sono quadri e soprammobili preziosi. E se fosse entrato un ladro? E poi la mia privacy? Ora per colpa tua non posso più neanche girare nudo per casa” e così dicendo si allontanò in fretta ed andò a vestirsi.
La cosa sembrò finire lì, nessuno dei due citò più l’argomento per giorni, e per giorni i due si evitarono ancora di più di quanto avessero fatto in precedenza. Finché una sera, colto dal rimorso Gianni si presentò con una rosa rossa alla porta della stanza della sorellastra. Bussò ma nessuna risposta, così lasciò la rosa nel corridoio davanti alla porta e se ne tornò nella sua stanza a leggere la solita Gazzetta dello Sport. Silvia ovviamente era in casa ma nella sua stanza stava facendo della ginnastica ascoltando la musica nelle cuffie e neanche questa vola si accorte di niente. Stanca degli esercizi per gli addominali si alzò e si guardò al grande specchio che occupava tutta una parete della camera. Indossava una tuta da ginnastica corta grigia, bagnata qua e là da chiazze di sudore. Non era una bellissima ragazza ma aveva veramente un bel corpo, e ben mantenuto. Alta, più di Gianni, e slanciata. Le gambe lunghe e affusolate mettevano in risalto uno splendido culetto sodo e tonico che abbracciava il suo ventre, bianco e piatto. Le sue spalle larghe erano sovrastate da un abbondante seno da IV misura. Aveva i capelli rossi, ma non tini, di quel rosso naturale tendente all’arancione tipico delle persone irlandesi, (anche se in lei non c’era niente di irlandese) e la pelle straordinariamente bianca. Due occhi neri e scurissimi che guardavano il mondo dietro un paio di occhiali. E tanti nei, nei ovunque, sul naso, sulle guance e sulla schiena. Ma i suoi nei preferiti erano quello sul seno destro, e quello che aveva vicino alle grandi labbra sul pube, nascosto da una rada e chiara peluria.
Aveva avuto moltissimi ragazzi ai tempi in cui sua madre la lasciava tutto il pomeriggio a studiare nel camerino in teatro, non avendo altro posto dove parcheggiarla. Sempre ragazzi che apprezzavano le sue forme, e che orbitavano nel mondo teatrale, più o meno grandi. Operai, macchinisti, attori, ballerini. Mai niente di serio però, solo veloci e impersonali rapporti sessuali nei bagni del teatro, in platea, sul palco. Non amava nessuno, e voleva bene a tutti. Sua madre ne era al corrente ma i suoi scarsi costumi morali la lasciavano fare quello che voleva. E Silvia si divertiva a succhiare cazzi e a raccogliere litri di sborra mese dopo mese.
Tuttavia da quando sua madre si era risposata aveva smesso di frequentare quegli ambienti e nessuno le dava più la sua sborra. Era uscito solo una volta con un demente figlio di papà che dopo averla portata a cena fuori in un ristorante lussuosissimo mettendola a disagio per i suoi modi e la sua ignoranza sul bon-ton l’aveva portata a casa sua e in camera da letto si era da solo tirato fuori un cazzo piccolo moscio e sporco di piscio che pretendeva lei succhiasse e facesse rizzare. Fu più forte di lei, scappò via e tornò in lacrime a casa.
Silvia si ricordò di essere sudata, e decise di farsi un bagno caldo. Ma fu talmente sorpresa nel vedere la rosa alla porta che optò per una veloce doccia prima di presentarsi a bussare alla porta di Gianni.
“Sono Silvia, posso entrare? ”
“Sì entra pure, non spaventarti del disordine”
La stanza di Gianni, in puro stile adolescenziale era tappezzata di poster, c’era la parete delle moto e delle macchine, l’angolo dei calciatori e, vanto di Gianni, quello delle donne nude, in cui spiccava una Ferilli quasi tridimensionale da quanto le sporgevano le tette.
“è un tuo pensiero la rosa? ”
“Sì, volevo scusarmi per averti trattato male l’altro giorno, non dovevo girare nudo”
“Dai, non fa niente, scuse accettate, e grazie per la rosa” e avvicinatasi a Gianni gli dette un bacio sulla fronte.
“Beh, me ne torno di là, ma prima volevo farti vedere una cosa, vieni di là da me? ”
“Che cosa? ” Giunti in camera sua Silvia disse a Gianni di chiudere gli occhi
“Sai Gianni, non mi sembra giusto che io ti abbia visto nudo e tu mi abbia sempre vista stravestita, in fondo siamo fratellastri, e tra fratelli non ci devono essere pudori. Ecco, apri gli occhi, sono nuda, ti concedo di guardarmi, ma solo un minuto” Silvia era nuda davvero, ma non per pareggiare la situazione, bensì perché da giorni la vista del cazzo di Gianni la perseguitava giorno e notte, scaldandola inaspettatamente al solo ricordo di quell’immagine. Non lo aveva mai visto sotto quell’aspetto, e in fondo non erano che fratellastri. La notte passata si era svegliata dopo aver sognato quel cazzo nella sua bocca, ed era tutta bagnata. Si era masturbata selvaggiamente ed aveva deciso di passare all’azione. Gli si offriva nuda e calda.
“Ma cos’è quel gonfiore nei pantaloni? Non te l’ho guardato molto bene, ma non mi ricordo fosse così grande, fammi sentire” E così dicendo si avvicinò e strinse i pantaloni di Gianni completando l’opera di erezione che già stava giungendo a termine. Gianni era senza parole. Credeva di sognare. Aveva avuto una sola ragazza, ma si era limitata a fargli una sega nel bango della scuola, il tutto in un solo minuto perché come lo toccò Gianni iniziò a venire quasi spontaneamente, macchiando tutto il vestito di lei. Poi da quando Silvia era arrivata nella sua casa si era sorpreso più volte nelle sue seghe serali a pensare a lei, senza tuttavia avere mai il coraggio di osare una cosa simile.
“Sei bellissima, e hai delle tette bellissime, posso toccarle” le si avvicinò e posandole una mano sulla tetta iniziò a stringerla, come a voler staccare un frutto da un albero. Nel frattempo lei gli aveva aperto la cerniera e tirato fuori il cazzo aveva iniziato a menarglielo lentamente.
“Ora sta un po’ meglio il tuo cazzo, vero? ” Silvia era tutta bagnata, i suoi umori le colavano tra le gambe dove una mano di Gianni si stava insinuando. Arrivò a toccarle le labbra e lei sobbalzò dal piacere. Era molto caldo quel giorno, e i due stavano sudando, ma non per il calore, erano semplicemente molto eccitati. Gianni si alzò e posò le sue labbra su quelle della sorellastra, mentre lei cazzo in mano continuava la sua sega, spogliandolo con l’altra mano. Entrambi nudi si distesero sul letto. La bocca di Silvia esplorava ora il suo collo, giocando con i peli del petto e con i capezzoli duri. Poi ancora più in basso verso il il cazzo. Gianni ansimava oramai in preda al piacere, ripercorrendo con la mente le volte in cui si mastuurbava pensando a lei. Una sensazione di bagnato, il suo cazzo nella sua bocca, Silvia inginocchiata al letto e Gianni seduto con gli occhi chiusi. Iniziò leccandogli l’asta per tutta la sua lunghezza, fino a scendere alle palle, gli prese un coglione in bocca, e lo succhiava, come a volerlo staccare dal suo corpo. Con la faccia nelle palle e le mani che lo masturbavano sentì contrarsi il suo corpo. Rapida lo prese tutto in bocca e venendo avanti e indietro con la lingua lo portò velocemente all’orgasmo, lasciandosi in bocca solo la cappella, e menandoglielo all’impazzata con entrambe le mani. Fu un lampo, il corpo di Gianni si contrasse e ansimando uscirono i primi fiotti di sperma. La sua mano continuava a menarglielo, e a ogni colpo usciva sborra che rapidamente Silvia gustava e inghiottiva. Quando anche l’ultima goccia era passata nel suo esofago Silvia gli ripulì con la lingua il cazzo e gli dette un lunghissimo e appassionato bacio, facendogli assaporare il sapore dolciastro della sua stessa sborra.
“Dai, adesso tocca a te, senti come sono bagnata, fammi godere” e distendendosi sul letto invitò il fratellastro a renderle il favore. La lingua inesperta di Gianni si insinuava tra la peluria della fica. Silvia, oscenamente a gambe larghe gli aveva preso la testa e la teneva saldamente incollata al suo sesso. Non sapendo bene cosa fare trovò quelle labbra e iniziò a baciarle, come se stesse baciando una ragazza ferma e immobile. Presto si accorse che non stava poi sbagliando molto. Il respiro di Silvia era diventato affannoso e, come saliva che cola tra due persone che si baciano con troppa foga, Gianni sentiva sempre di più bagnarsi le labbra di un delizioso miele, che beveva e gustava.
“Dai, leccami dentro” Silvia staccò Gianni, con due dita si aprì la fica e invitò la lingua di Gianni a tuffarcisi dentro. Bastarono pochi colpi di lingua sul clitoride che Silvia venne urlando in maniera folle. Non ancora sazia, accortasi che il cazzo di Gianni aveva ripreso vigore lo distese sul letto e si impalò in un solo colpo, iniziando a cavalcarlo schiacciandolo sul letto. Poi si girarono e Gianni la prese nella posizione classica, muovendosi avanti e indietro. Quando la velocità si fece molto alta Silvia lo fece uscire, gli prese il cazzo in mano e si fece sborrare una sulle tette mentre con l’altra mano si portava anche lei velocemente all’orgasmo. FINE

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