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Angela Angela

Quel pomeriggio, Matteo, diciottenne, stava guardando la televisione in salotto, mentre la madre Angela si riposava nella propria camera da letto.

Era quasi estate: la donna si era tolta i vestiti e si era stesa sul letto con indosso solo la biancheria intima.

Angela è una bellissima donna: quando era più giovane, era stata una ginnasta ed aveva anche vinto alcuni concorsi di bellezza; dopo il matrimonio aveva abbandonato queste attività,
ma continuava a curare il proprio aspetto frequentando regolarmente la palestra.

Le sue forme, un po’ abbondanti, le avevano procurato tra i vicini il soprannome di “Serena Grandi” e qualche spiritoso, vedendola passare, l’aveva anche chiamata con il nome dell’attrice.

Stava stesa sul letto, con le minuscole mutandine ed il reggiseno della quarta che conteneva a fatica le sue meravigliose tette, il tutto rigorosamente nero, il suo colore preferito.

Sebbene fosse pomeriggio, la televisione stava trasmettendo un film piuttosto spinto con Edvige Fenech, la classica commedia all’italiana con un po’ di anatomia femminile in vista.

Suonò il telefono e Matteo rispose: era Patrizia, un’amica della madre.

Si alzò e, dal corridoio, la chiamò:
“Mamma, telefono per te: è Patrizia”.

Angela si infilò velocemente la vestaglia e si diresse verso il salotto.

“Grazie” disse a Matteo, e si diresse alla cornetta, mentre Matteo si risistemò sulla poltrona, vicino a lei, e riprese a guardare la televisione, leggermente eccitato dalle performance della Fenech.

Patrizia stava raccontando l’ennesima delusione subita la sera precedente, quando un presunto principe azzurro con il quale era uscita aveva dimostrato di essere interessato solo a scoparla e nient’altro.

La donna parlava così forte che anche Matteo riusciva a sentire i suoi discorsi che, nonostante l’ingloriosa conclusione, erano esilaranti in bocca ad una donna prossima ai quarant’anni che continuava ad approcciare gli uomini con i metodi di una ragazzina, prendendosi le immancabili fregature.

Matteo prese a fare le boccacce alla madre, commentando spiritosamente i passaggi più “impegnativi” della telefonata.

Anche ad Angela veniva da ridere, ma doveva trattenersi per non ferire l’amica: l’atteggiamento di Matteo le rendeva molto difficile astenersi dal fare una fragorosa risata.

Indispettita, alzò una gamba, la tese in avanti e, con il piede nudo, diede una spinta a Matteo, facendogli segno di smettere.

Nel fare il gesto, la vestaglia si era aperta davanti, fino alle mutandine, ed aveva scoperto le sue splendide gambe.

Matteo vide quello spettacolo e, un po’ per scherzo, un po’ perché già eccitato dalle scene del film, le afferrò il piede e la costrinse a stare con la gamba alzata, bloccata tra la cornetta del telefono e le mani del figlio.

Angela gli fece delle smorfie per farlo smettere, ma Matteo, ridendo, cominciò a solleticarla sotto il piede.

La donna resistette alcuni secondi, poi “Scusami Patrizia, ma devo andare, bussano alla porta”.

Salutò l’amica e tentò di afferrare Matteo
“Ti ammazzo, delinquente” esclamò con il viso a metà tra l’arrabbiato ed il divertito.

Matteo fuggì in corridoio e poi si infilò nella prima camera, quella dei genitori.

Angela lo inseguì e lo raggiunse:
“Disgraziato, viene qui che ti devo dare una lezione”.

Matteo salì sul letto cercando di scendere dalla parte opposta per aggirare la madre, ma lei fu più svelta, saltò sul letto e lo acciuffò.

Lo teneva premuto contro il letto, poi tentò di sculacciarlo, ma Matteo si divincolò e cominciò una specie di incontro amichevole di catch con la madre.

La afferrò da dietro cingendola ai fianchi e riuscì a stenderla sul letto, a pancia in giù.

“Adesso ti sculaccio io” e cominciò a colpirla leggermente sul sedere, la cui forma traspariva perfettamente dalla vestaglia leggera.

Angela, scherzosamente infuriata, si girò, lo strinse in mezzo alle gambe e ribaltò la situazione.

“Allora, chi è il più forte? ” esclamò soddisfatta e si sedette a cavallo del bacino del figlio.

Matteo la guardava e non riusciva a dire nulla: la lotta aveva completamente aperto la vestaglia della donna e si vedevano il reggiseno e le mutandine: lo stare così accosciata sopra il figlio le rendeva le cosce ancora più piene e desiderabili.

Angela abbassò gli occhi e guardò i pantaloni elastici di Matteo: erano gonfi e tesi.

Sorrise, con un’ espressione a metà tra il compiaciuto ed il comprensivo:
“Che succede qui” disse indicando il pube di Matteo
“sbaglio o è il tuo pisellino? “.

Matteo era diventato paonazzo, ma Angela insisteva nello scherzo:
“Povero caro, ti fa molto male? ” disse con un sorriso canzonatorio e malizioso.

Matteo era immobile, la voglia di toccarsi era tantissima, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo davanti alla madre; il suo pene pulsava e faceva muovere leggermente la stoffa dei pantaloni.

Angela aveva voglia di divertirsi un po’: quella situazione aveva un che di intrigante e, comunque, non stava facendo nulla di male.

Afferrò i pantaloni e li scostò verso il basso scoprendo la peluria nera del figlio, poi ancora più giù, mettendo a nudo il cazzo lungo e dritto di Matteo.

“Mamma, che fai? ” esclamò stupefatto.

“Via, quando eri più piccolo ti ho sempre fatto io il bagno, non crederai che ora mi scandalizzi nel vederti il pisellino! ” lo tranquillizzò Angela.

“Santo cielo” esclamò
“non mi ricordavo di avertelo fatto così grosso; è stata la Fenech a fartelo diventare così lungo? “.

Matteo stava con il cazzo di fuori e sua madre, mezza nuda, sdraiata sopra di lui a guardargli l’uccello in tiro.

Portò le mani sopra le cosce della donna e cominciò ad accarezzargliele, ma solo timidamente un po’ per l’emozione ed un po’ per pudore, guardandole intensamente le tette.

“Ti piace il mio seno? ” gli fece lei, con un fare innocente e materno.

“Guardalo meglio! ” e si tolse del tutto la vestaglia.

Il reggiseno nero, fatto di pizzo finemente lavorato, tratteneva a stento le tette prorompenti di Angela: i seni, rigonfi e sodi, erano compressi dalle coppe dell’indumento ed un meraviglioso piccolo solco li separava l’uno dall’altro.

Angela sfiorava con la punta delle dita il membro di Matteo:
“Dimmi caro, davvero non ti fa male, così duro? ” chiese premurosa.

Matteo disse di no con la testa; ritrovò un po’ di coraggio e le fece:
“Però così non si vede se ti stanno su da sole o se le tiene su il reggiseno. I ragazzi dicono che quando le donne hanno le tette grosse presto gli diventano “flaccide””.

“Ah! , è così! Dunque pensi che tua madre abbia le tette “flaccide”. Beh, dà un po’ un’occhiata”
Portò le mani dietro la schiena, slacciò il reggiseno, lo sfilò dalle spalline e lo gettò sul letto.

Matteo dovette ammettere che non erano per nulla “flaccide”, anzi era il più bel paio di tette che avesse mai visto, grosse e rotonde stavano su da sole, trionfanti.

“Allora, che ne dici? ” volle sincerarsi Angela.

“Una meraviglia” esclamò Matteo, in estasi. “Posso toccarle? “
“Che sporcaccione! Ma ti rendi conto che sono la tua mamma? Già non ti ho detto nulla che mi stai palpeggiando le cosce, adesso vorresti mettermi le mani anche sulle tette? Va bè, per questa volta, ma … non raccontarlo a nessuno”
Matteo appoggiò le mani su quella carne meravigliosa, accarezzò le tette e poi le strinse, mentre Angela rideva divertita.

Si soffermò sui capezzoli, li premette un pochino e glieli fece divenire duri.

“Hei, porcellone, che intenzioni hai, vuoi far eccitare tua madre? “
Impugnò l’asta del pene del figlio e gliela strinse delicatamente
“Ma guarda come ti è venuto duro! ” e cominciò a muovere leggermente la mano in alto ed in basso, mentre Matteo cominciava ad ansimare;
“Dì un po’, ma che ti sei messo in testa, eh? ” gli fece, maliziosa.

Matteo continuava a toccarle le tette ed Angela doveva sforzarsi per non farsi scoprire che si stava eccitando, anche se dentro di sé si sentiva bagnata.

Fece scivolare le mani sui fianchi della madre, poi più giù, fino a toccarle il culo.

Gli piaceva stringere quella carne piena e soda; insinuò le dita sotto il pizzo delle mutandine, andando a cercare il buchino in mezzo alle chiappe.

“Questo è troppo! ” sbottò Angela, lasciò la presa del pene e si scostò di fianco, decisa ad interrompere quel gioco troppo spinto.

Si alzò carponi, quasi nuda (le erano rimaste solo le mutandine), con l’intenzione di scendere dal letto.

Matteo la afferrò da dietro e la fece cadere di nuovo sul letto: si azzuffarono tutti e due per qualche minuto.

“Smettila, stupidino” esclamava Angela, cercando di allontanare dalle parti intime le mani troppo intraprendenti di suo figlio che continuava a palpeggiarla.

“Matteo, basta! Vuoi smetterla di toccarmi? ” lo rimproverò, seria.

Matteo riuscì a stenderla e a montarle sopra.

Se ne stava con il cazzo di fuori e dritto, seduto sul bacino di sua madre: per metterla in difficoltà, le fece il solletico ai fianchi.

Angela, che soffre moltissimo il solletico, rideva disperata e lo implorava di smettere.

“Va bene” acconsentì Angelo
“ma ad una condizione: devi toglierti le mutandine e farmi vedere il sedere”.

“Porco! Ti dò una sberla che te la ricordi! “
“Allora continuo” e riprese a solleticarla sulla pancia e ai fianchi.

“Oh Dio, nooo! Ti prego, basta! Okay, okay, mi tolgo le mutande, contento? “.

“Parola? ” si sincerò Matteo.

“Parola! Sporcaccione” assicurò Angela.

La lasciò libera.

Angela si alzò in piedi sul letto, inviperita: si abbassò lentamente le mutandine fino a metà coscia, poi le lasciò cadere ai piedi.

Si girò con le spalle rivolte a suo figlio e, stando in piedi, con le gambe un po’ divaricate e le mani poggiate sui fianchi gli mostrò il culo che troneggiava superbo sopra le cosce; disse con tono seccato:
“Soddisfatto? Va bene così? ” .

Matteo era steso sul letto: l’immagine della madre, totalmente nuda e vista dal basso, era strepitosa.

La guardava senza dire nulla, le uscì soltanto un
“Mamma, sei bellissima”.

Angela lo fissò, il suo sguardo si fece più dolce.

Si sedette di nuovo a cavallo del pube di Matteo, come aveva fatto in precedenza, con la differenza che questa volta lei era completamente nuda e, sedendosi, era andata un pochino più avanti di prima ed il pene di Matteo le sfiorava la figa.

“Allora, sei orgoglioso della tua mammina? ” gli chiese amorevole.

“Vediamo un po’ se il pisellino è migliorato”.

Gli prese in mano il cazzo: era sempre durissimo e rosso.

“Guarda qui, non vorrai mica restare in queste condizioni per tutto il pomeriggio! Vediamo se riesco a calmarti un po’.

” Strinse un poco la presa e cominciò a masturbarlo.

Per facilitare lo scorrimento della mano, gli aveva preso il cazzo in bocca insalivandogli la cappella.

Matteo le aveva di nuovo appoggiato le mani sul culo e glielo stava palpando, ma ora Angela non si ribellava.

Dopo qualche minuto, dal pene paonazzo uscì un grosso fiotto di sperma, accompagnato da un sospiro più intenso.

“Caspita! ” esclamò Angela
“Che sborrata! “.

Ormai Angela si era eccitata: si stese di fianco al figlio stringendosi le mani in mezzo alle cosce e tenendole premute sulla figa; poi gli disse:
“Sii bravo, Matteo. Adesso, per favore, aiutami tu a calmarmi un po’”.

Gli prese la mano e la guidò verso la passerina:
“Sai come fare, vero? “.

Matteo annuì, si sistemò seduto di fianco a lei e cominciò ad accarezzarle le labbra della figa; poi si fece strada con le dita andando a cercare la clitoride:
“Adesso te la faccio diventare lunga come un pisellino” disse scherzando, mentre gliela masturbava.

Angela ansimava e godeva:
“Dentro, mettimelo dentro” disse con una voce calda ed intensa.

Matteo pensò che volesse sentire le sue dita dentro di sé e la penetrò con l’indice ed il medio.

Angela si alzò, lo stese sul letto e gli montò sopra.

Prese in mano l’asta nuovamente dura del cazzo di suo figlio e la tenne ferma, mentre con il bacino si sistemava sopra di essa, poi si abbassò e si fece penetrare.

Si muoveva su e giù, con foga, ansimante e sudata.

Afferrò le mani di Matteo e se le portò all’altezza delle tette: il ragazzo gliele strinse subito.

“I capezzoli” lo supplicò Angela
“passami i polpastrelli intorno ai capezzoli e poi stringimi bene le tette”.

Raggiunsero l’orgasmo quasi contemporaneamente.

Rimasero stesi sul letto per qualche minuto, esausti, Angela per la poderosa cavalcata appena compiuta e Matteo perché era la seconda volta che veniva.

“Avevi proprio voglia di vedermi il culo, vero? ” chiese Angela.

“Si, mi piace da morire. Hai il più bel culo del mondo! ” rispose con tono da intenditore Matteo.

“Allora, voglio farti un ultimo regalo, poi dimenticheremo per sempre quello che abbiamo fatto oggi! “.

Si mise a novanta gradi, in ginocchio sul pavimento, appoggiata al letto.

“è tutto tuo” disse a suo figlio.

Matteo scese dal letto, si mise dietro la madre e ricominciò a palparle il culo accuratamente; il cazzo gli era tornato lungo, ma non osava fare di più.

“Coraggio, tesoro, appoggia il pisellino in mezzo al mio sedere”.

Matteo obbedì: sentiva con la punta della cappella il buchino del culo della madre mentre il cazzo affondava in mezzo alla carne dei glutei.

“Ora spingilo dentro, delicatamente”.

La inculò con dolcezza, inserendoglielo tutto fino alle palle, poi cominciò a scoparla.

Godettero di nuovo e, come promesso, non parlarono mai più di quello che era accaduto quel meraviglioso pomeriggio.

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