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Lo studio fotografico

Avevo preso un caffè al bar della stazione e mi diressi all’edicola per prendere qualcosa da leggere. Oltre ai soliti giornali, alle riviste patinate o più o meno specializzate, erano bene in vista anche dei libri. Ne presi uno a caso, optando per un tascabile, formato molto più comodo di altri, specie in viaggio. Quando arrivò il mio treno, salii e presi posto, pur se con qualche fatica in quanto era abbastanza affollato, ma riuscii a trovare posto in uno scompartimento per fumatori. Dapprima guardai distrattamente il giornale, considerando come si abbia spesso l’impressione che siano tutti uguali, che le notizie sembrino sempre le stesse, che non vi siano vere novità. Mi dedicai all’editoriale, che mi sembrò essere abbastanza contraddittorio nelle tesi sostenute, ma, anche in questo caso, non si trattava di una novità. Allora decisi di cambiare passando al tascabile.
Appena iniziata la lettura mi resi conto del contenuto del libro: si trattava di un romanzo pornografico, scritto da una donna. Fin dalle prime pagine emergeva un contenuto altamente erotico, con descrizioni analitiche di sesso senza freni, nè inibizioni. Anche se la vicenda non era gran chè, si coglieva benissimo come la “storia” fosse solo un pretesto per descrivere scene di amplessi, variamente fantasiosi, talora ricchi di personaggi, con descrizioni particolarmente attente in ogni particolare. La lettura mi faceva l’effetto che si proponeva, il mio cazzo si era indurito all’interno degli slip e mi sentivo in parte a disagio nell’ipotesi che la mia eccitazione risultasse evidente. Dopo alcune pagine, chiusi il tascabile, accorgendomi che faceva parte di una collana e che la casa editrice era “specializzata” nel genere. Rimasi fermo, senza muovermi, quasi con la preoccupazione di non far trasparire il mio stato di eccitazione.
Al mio fianco era seduto un ragazzo di circa 20 anni, assorto ad ascoltare musica dal suo walkman, più in là un signore sulla cinquantina che aveva l’aria del rappresentante, intento alla lettura di un quotidiano economico. Davanti a me tre ragazze, due dell’apparente età dei 23 – 25 anni, la terza, seduta proprio davanti a me, sembrava avere qualche anno di più, ma non doveva superare la trentina. Le due più giovani indossavano dei jeans e magliette aderenti, la terza una camicetta, abbastanza aperta da lasciare intuire l’abbondanza dei seni, e una minigonna di tessuto scozzese con chiusura a portafoglio. Notai come avesse posato l’occhio sulla copertina del tascabile, con aria indifferente.
Si sistemò, accavallando le gambe, con un movimento che mi permise di apprezzarne le cosce. Guardava distrattamente dal finestrino. Ripresi la lettura del tascabile, non senza essermi sistemato in modo che l’eventuale erezione fosse sufficientemente occultata e, altresì, con l’avvertenza di avere appoggiato il giornale sulle gambe accavallate. E, in effetti, la lettura produsse subito tale effetto, che, a questo punto, era anche sperato. Sentivo il cazzo duro premere contro la stoffa, dopo un po’ sentivo che rilasciava liquido umido e vischioso. Continuavo la lettura, apprezzando la fantasiosità dell’autrice, che superava nettamente ogni mia attesa. Le situazioni che descriveva erano particolarmente realistiche e il livello di pornografia che ne usciva era veramente elevato. Di tanto in tanto dovevo smettere. In queste pause, mi passavano per la mente tali situazioni, le confrontavo con le mie esperienze, rilevando come fossero ben lontane dalla mia realtà, anche quella riferita ai periodi di mia maggiore attività.
Pensavo quanto sarebbe stato piacevole trovarmi in una di quelle situazioni e viverla direttamente. Quando ad una fermata scesero il ragazzo e l’altro signore scesero, restammo in quattro nello scompartimento. Le due ragazze più giovani parlavano tra di loro. Lasciata la stazione, la terza mi chiese se avessi da accendere, così presi l’accendino e le accesi la sigaretta. Lei si protese in avanti e facendolo mi trovai nella condizione di guardare all’interno della scollatura della camicetta aperta: aveva due seni sodi, belli, grandi, abbronzati. Colsi la presenza di un reggiseno di pizzo nero. Era bella. Accesa la sigaretta, si riappoggiò allo schienale. Guardava ancora fuori dal finestrino, apparentemente indifferente. Si passò una mano attorno al collo, sotto la camicetta. Con aria casuale, slacciò un bottone.
“è interessante quel libro? “, mi chiese. Lì per lì non sapevo come rispondere, ma mi ripresi.
“Si, abbastanza, … sa tanto per leggere qualcosa in treno”, risposi. Stette un po’ in silenzio, poi:
“… A volte, leggo anch’io quella collana … “, disse, con aria sempre indifferente. Aspirò il fumo dalla sigaretta. Ora mi stava guardando diritta negli occhi. Non coglievo nulla nei suoi occhi, per cui non sapevo come proseguire. Mi stavo chiedendo quale fosse il suo atteggiamento, quale senso dare a quelle parole. Fu lei a togliermi dai dubbi, proseguendo: “… Faccio la fotografa e, a volte, mi è utile per darmi delle idee per dei servizi … “, precisò. Mi feci coraggio:
“Cioè fa dei servizi fotografici … pertinenti? “, le chiesi, esprimendo una certa incredulità. “Si, certo. In qualche modo, potrei dire che è dove mi riesce meglio, ma anche che mi consente un maggiore margine … imprenditoriale. Di redditività, intendo. E, poi, è anche un settore in cui si possono fare … amicizie, conoscere persone, scambiare … esperienze … professionali, …. ” Le pause era calcolate, poste nel momento giusto, al punto che il discorso risultava del tutto innocente all’esterno, ma lasciava capire, senza ombra di dubbio stante il presupposto di partenza, a cosa si riferisse. E, in più, che la sua non era sempre una collocazione esclusivamente professionale, di fotografa, ma che non mancava evidentemente di partecipare o, quanto meno, di essere parte delle scene o di utilizzare quell’attività per darsi delle occasioni per scopare. E, forse, non solo per quello. Mi chiese dove andassi e risultò che la mia meta era la città in cui aveva lo studio fotografico, che mi invitò a visitare. Frugò nella borsa, traendone un biglietto su cui scrisse un indirizzo e un numero di cellulare, avvertendomi di telefonare prima. Sorrideva maliziosamente quando mi consegnò il biglietto. Promisi che mi sarei recato nello studio, precisando che sarebbe stato mio dovere offrirle un caffè. Tutta la conversazione era stata condotta da lei con fare tale per cui a qualsiasi osservatore esterno sarebbe parsa una comunissima comunicazione d’affari, mentre tra di noi si erano introdotti significati ben più promettenti. Quando arrivammo, lei salutò e ricordò, quasi sussurrando, l’impegno di andarla a trovare con un
“L’attendo … “, cosa che le confermai. La vidi uscire dalla stazione e prendere un taxi. Ne presi un altro e mi recai dove ero atteso. Quel giorno finimmo anticipatamente rispetto ai programmi, potevo prendere un treno prima oppure rimanere qualche tempo in città. Dato l’incontro del mattino, optai per rimanere. Telefonai e rispose quasi subito. Disse che la potevo andare a trovare anche se stava facendo un servizio e mi suggerì il nome del campanello da suonare. Presi un taxi e mi feci portare all’indirizzo, ma, per un eccesso di prudenza, diedi alcuni numeri civici precedenti, riservandomi di raggiungere l’ingresso a piedi.
Lo studio fotografico era al primo piano del palazzo, lo raggiunsi senza usare l’ascensore. La porta d’ingresso si aprì quasi subito, ma solo quel tanto che mi consentiva di entrare. Era venuta ad aprirmi un’altra ragazza, rimanendo sostanzialmente dietro la porta. Notai subito che era del tutto nuda. Era una ragazza bionda, con capelli lisci abbastanza lunghi, che non disse nulla, ma fece solo un sorriso molto di circostanza. Chiusa la porta, mi fece cenno di accomodarmi in un’altra stanza, in cui mi precedette. Alle sue spalle vedevo la schiena e le chiappe muoversi: aveva un bellissimo culo a forma di mandolino e ad ogni passo emanava un’aria di sensualità. Non occorre dire che già questa accoglienza mi aveva provocato una prima erezione. Si accomodò su dei divani accostati alla parete a destra, facendomi cenno di sedermi.
Vidi subito lei, in piedi con la macchina fotografica che scattava delle foto. Indossava solo un reggiseno di pizzo nero ed un perizoma dello stesso colore. Era scalza, ma il pavimento era coperto di moquette. Al centro della stanza c’era un grande letto, senza testiera o altro, al punto che sembrava solo essere un grande materasso. Su di esso vi erano due ragazze, una dai capelli di un nero corvino e l’altra dai capelli castani, intente a leccarsi reciprocamente in un sessantanove. Lei stava, appunto, fotografandole e, di tanto in tanto, dava suggerimenti sulle posizioni da assumere, sul fatto di esporre una certa parte, di mettere in evidenza qualcosa. Smise di scattare, passando alla ragazza che mi aveva aperto la macchina fotografica, chiedendole di sostituire il rullino e venne a salutarmi. Le modelle erano rimaste sul letto, in attesa, senza fare attenzione a me, come se fosse normale la presenza di spettatori estranei.
“Mi fa piacere che sia venuto a trovarmi”, esordì, “spero che … l’ambiente le piaccia”. Sedette accanto a me, mi chiese una sigaretta.
“Fra un po’ riprendiamo, devo finire il servizio … poi possiamo stare un po’ assieme … se vuoi … Vedrai, farò abbastanza presto”, promise
“Intanto, tu puoi assistere. Se vuoi, lì ho una raccolta di foto sviluppate”, disse indicandomi un raccoglitore su un tavolino a fianco del divano. Riprese subito a scattare le fotografie, in questo secondo giro anche la ragazza che mi aveva aperto era coinvolta nel servizio fotografico formando con le altre un trio. Le scene erano tali da meritare l’attenzione, specie quando notai che essa si era unita alle altre provvedendosi di falli artificiali in plastica e di un vibratore elettrico. Come aveva promesso, in pochissimo tempo, finì il rullino.
“Ok, va bene, per oggi abbiamo finito ” annunciò alle modelle. Le tre si alzarono e si allontanarono, annunciando che andavano a farsi una doccia. Lei annuì e tornò da me.
“Ho visto che non ha guardato il catalogo … era meglio la visione diretta, non è vero? ” Si chinò su di me per prendere il raccoglitore delle fotografie, sentivo i suoi seni premere sulle mie gambe. Si raddrizzò con il catalogo in mano e l’aprì. Erano foto non solo di modelle o di scene lesbiche, ma anche di scene di coppie, di triangoli, alcune di gruppi. In ogni caso, era sempre materiale pornografico di elevato contenuto e decisamente migliori del materiale che si trova in molte riviste di questo tipo. Mi chiese se mi piacessero, ma, senza darmi il tempo per rispondere, poggiò una mano sui miei pantaloni, tastando la consistenza del cazzo.
“Ce l’hai duro! è un buon segno”, affermò trionfante. Senza chiedermi altro, slacciò la mia cintura, aperse la zip ed accarezzò il cazzo sulla stoffa degli slip. Si alzò, mettendosi davanti a me.
“Dai, togliti i pantaloni e … il resto”, sussurrò liberandosi del reggiseno con mosse ondeggianti. Poi si tolse il perizoma, lasciandolo cadere sulla moquette. Senza pensarci avevo ubbidito e mi ero sfilato gli indumenti alzando il bacino, senza pensare che avevo pur sempre giacca e cravatta e quant’altro. Si inginocchiò e mi prese il cazzo con la mano:
“Sei tutto bagnato … “, constatò. Mosse la mano su e giù leggermente, stringendo con delicatezza. Poi prese il cazzo con la bocca, avviando un pompino, mentre con le dita si dedicava ai coglioni. Dopo un po’, smise, suggerendomi di togliermi gli altri indumenti. Mi alzai e cominciai a farlo. La ragazza dai capelli castani rientrò avvolta in un asciugamano da bagno:
“Se avete bisogno di me, chiamatemi … “, si offerse, rimanendo sulla soglia. Lei mi guardò con fare ammiccante:
“Vuoi … ? “, si preoccupò di chiedermi, ma non attese la mia risposta.
“Fermati pure, se hai piacere … “, disse, rivolta alla ragazza, aggiungendo
“… e vale anche per le altre, se vogliono. Diglielo tu, per favore … “. Lei sparì per un attimo, sentii che diceva qualcosa ma senza cogliere esattamente le parole, poi tornò. Nel frattempo mi ero tolto ogni indumento, rimanendo solo con i calzini addosso. La ragazza dai capelli castani si avvicinò all’altra, aveva ancora l’asciugamano, si mise in ginocchio dietro di lei, l’abbracciò lisciandole le tette. La sua mano scese lungo i fianchi, giù giù fino alle chiappe. Le allargò delicatamente, passò una mano nel mezzo del solco. L’asciugamano le cadde sul pavimento, lasciandola nuda. Ero rimasto in piedi e lei, in ginocchio davanti a me, continuava con la bocca attorno al mio cazzo, duro, ma che tendeva a divenire ancora più duro alla visione dell’altra alle sue spalle. Nel frattempo, quest’ultima aveva infilato il proprio viso nel solco tra le chiappe e la stava leccando, come si poteva desumere anche dalle sue reazioni. Le altre due, la bionda e quella dai capelli neri, erano intanto entrate nella stanza, entrambe nude e, visto quando stavamo facendo, si erano sistemate sul grande letto centrale, dapprima baciandosi e, subito dopo, dedicandosi ad un sessantanove tra loro. Lei smise di succhiarmi il cazzo, lo accarezzò gentilmente, toccò altrettanto gentilmente i miei coglioni e si lasciò andare ad assaporare la leccata, immagino del culo, che le stava praticando la ragazza dai capelli castani. Mi stavo gustando la scena, anzi le scene, delle due coppie di donne intente alla ricerca del piacere, notando il trasporto e la partecipazione che mettevano nei loro giochi.
“Andiamo tutti sul letto … ” propose lei, in parte liberandosi dalle attenzioni della lingua dell’altra. Si rialzò dalla posizione in cui si trovava, mi prese per mano, guidandomi. Anche l’altra ragazza si alzò, dirigendosi senza esitazione verso il grande letto ed unendosi alle due e prendendo il primo contatto con i piedi di una, succhiandone l’alluce come fosse un piccolo cazzo.
La vidi reagire, positivamente. Non sapevo da quale punto partire, entrando in quella mischia, ma lei mi spingeva con una mano sulle mie chiappe. Fu la ragazza dai capelli nei a dare risposta alle mie domande, in quanto si liberò dal sessantanove con la bionda, allungando una mano verso di me, in segno di invito. Presi quella mano e le mi trasse su di sè. In breve, il mio viso era a contatto del suo, sentii che la sua lingua mi leccava i lobi delle orecchie, che si infilava dentro le orecchie, dandomi sensazioni innovative. Con le mani mi teneva la testa, una scendeva lungo il collo, fino a giungere alla schiena, le sue unghie percorrevano la colonna vertebrale, in alto. La bionda si era messa dietro a me, mi allargò le gambe, la sua mano prese il mio cazzo, lo accarezzò stringendolo leggermente. Poi lo diresse verso la fica dell’amica dai capelli nei, guidandolo a penetrarla. Lei sollevò il bacino per facilitare la penetrazione, segnale della voglia di averlo nella fica. Entrò agevolmente, percepii la sua fica stringersi attorno al mio cazzo, umida, calda, desiderosa. Presi a muovermi dentro. La ragazza bionda si mise dietro di me, arrivando con la testa dentro il solco in mezzo alle mie chiappe, cominciò a leccarmi il buco del culo, mentre con una mano mi toccava i coglioni e ne arricciava i peli. Lei, invece, aveva cominciato a leccarmi lungo la schiena, insalivandomela tutta, spostandosi costantemente lungo di essa.
La ragazza dai capelli castani, si era messa davanti al mio viso, piegandosi all’indietro, esibendomi la sua fica a pochi centimetri, aprendosela con le mani e masturbandosi, spingendo di tanto in tanto il bacino in avanti, per avvicinarmela sempre di più, poi ritraendosi, accelerando e decelerando i movimenti delle dita. Qualche volta si infilava un dito nella fica, lo ritraeva, ne infilava due, mugolava. Finchè giunse a posarmi la fica sulla bocca, in ciò facilitata dall’altra che spostò la testa per consentirle questo. Presi a leccarle la fica, nel momento in cui la distanza era tale da permettermelo. Ebbi l’impressione, non potendo vedere, che l’altra avesse favorito questa manovra per riuscire, a sua volta, a leccarla sull’ano. Intanto mi muovevo dentro di lei, con ritmi alterni. La ragazza dai capelli castani piegò il busto in avanti, probabilmente andando a baciare lei, dal momento che smise di leccarmi la schiena, ma percepivo i risucchi delle loro lingue e il loro ansimare.
“Lo voglio anch’io … “, sentii mormorare. Le altre si ritrassero e la ragazza dai capelli castani fece altrettanto, sottraendosi alla mia leccata. Si mise a carponi, chiedendomi di penetrarla alla pecorina. Estrassi il cazzo dalla fica e mi posi in condizione di penetrarla da dietro, dirigendo con una mano il cazzo verso la sua fica, ma lei, accucciatasi accanto, mi prese risolutamente il cazzo dirigendolo non più verso la fica, ma verso l’ano. Quando la ragazza sentì la punta della cappella posarsi sul culo:
“Si … nel culo … , mettimelo nel culo … che bello … ” E spingeva il bacino all’indietro, contro la punta. Entrò subito, quasi con uno strappo. La presi per i fianchi, spingendo, muovendomi, agitandomi. Il culo era stretto, il cazzo era tutto premuto dai muscoli, sentivo un grande caldo, mi muovevo spingendo e ritraendo, ma facendo attenzione ad evitare che uscisse. Quando ebbi la sensazione che stessi venendo, glielo dissi, ma lei mi pregò di sborrarle dentro, nel culo, così mi lasciai andare accelerando i miei movimenti dentro il suo culo. Venni, sborrandole dentro, convulsamente, ripetutamente, a fiotti, quasi dolorosamente. Il suo culo stringeva ad ogni mio colpo, sembrava che volesse estrarre quanta più sborra poteva. Ci accasciammo sul letto, le altre presero a baciarci i corpi, in ogni dove, sui capezzoli, sull’ombelico, lungo le gambe, dovunque. Lei prese in bocca il mio cazzo, oramai molle, succhiandone le ultime gocce di sperma. Vedendo che non reagivo oltre, nel senso che era il mio cazzo che non reagiva (e, del resto, avevo avuto una giornata professionalmente abbastanza intensa), presero a massaggiarmi, accarezzandomi dolcemente, con tenerezza. Era particolarmente bello e rilassante essere oggetto delle carezze delle quattro ragazze. Quando decisi di lasciarle, mi proposero una doccia. Mi accompagnarono e il locale doccia era abbastanza grande per tutti, così che furono loro, promiscuamente, a lavarmi, insaponandomi tutto con il sapone in gel, soffermandosi sui miei genitali, curando particolarmente di fare in modo che la schiuma del sapone si gonfiasse e li coprisse quanto più possibile. Lei curava direttamente questa parte, curando con la mano di scoprire la cappella del cazzo, scostandone all’indietro il prepuzio, facendo sì che la schiuma entrasse in ogni recesso, in ogni piega del cazzo scapellato, tentando una leggera e delicata masturbazione. Poi mi risciacquarono, lasciando scorrere il getto della doccia lungo tutto il mio corpo. Presero un asciugamano e mi asciugarono dalla testa ai piedi, con un phon mi asciugarono dirigendo il getto di aria calda sui miei capezzoli, sotto le ascelle, sui genitali, nel solco tra le chiappe, sui coglioni. Mi rivestii con calma. Fin chè mi rivestivo, lei mi disse che avrei potuto andarla a trovare quando volessi, telefonandole prima, per evitare che fosse assente. Promise anche che, se avessi voluto, avrebbe potuto avere la presenza di alcuni modelli, così si avrebbe potuto fare un gruppo, precisò, in modo che le cose fossero più creative. Usò proprio questo termine, creative. Precisò che se volessi, potevo anche avvalermi delle ragazze che giravano per lo studio come modelle, e non solo quelle presenti, anche se, normalmente, era buona cosa farle un … regalino. Ma il regalino valeva la pena, precisò, perchè sono molto brave, fantasiose e meritevoli di … incoraggiamento adeguato. Mi accompagnò alla porta, ancora nuda, l’aperse rimanendo dietro di essa e mi baciò su una guancia.
“Arrivederci, spero venga presto a trovarmi … ” sussurrò. Scesi, presi un taxi e mi feci portare alla stazione, ripensando a quell’incontro e valutando il momento in cui mi sarebbe stato possibile tornare. Mi sentivo particolarmente bene, rilassato, riposato, in pace con il mondo. Era una sensazione gradevole. FINE

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