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La spremuta di limone

Capita a molte persone di venire a contatto per ragioni professionali con i corpi seminudi di uomini e donne: io rientro in questa categoria di lavoratori. Nell’ambulatorio diagnostico in cui lavoro eseguo esami di densitometria ossea computerizzata e misurazione del tessuto grasso corporeo. Sono circa una quindicina le donne di tutte le età che quotidianamente si sdraiano nude sul lettino radiologico per sottoporsi all’esame. Ad essere sincero non sono affatto turbato dall’anatomia dei loro corpi, ne ho visti fin troppi in tanti anni di lavoro, ma sono molto sensibile agli “odori” e ai “profumi” che emana la pelle delle persone. Stando a stretto contatto con i corpi femminili ho imparato a distinguere i profumi anche a una certa distanza. Mi risulta facile indovinare quello dolce di Anais Anais di Chacarel e quello aspro CK di Cavin Klein oppure l’aggrumato d’Eau D’Issey. A dire il vero non sono i profumi ottenuti per sintesi chimica a suscitarmi piacere e nemmeno quelli ricavati da aromi naturali, anzi! L’eccessiva presenza di sostanze volatili m’impedisce il più delle volte di gustare appieno l’odore che emana l’epidermide di una donna. Non stupitevi di quest’ultima affermazione. Se avrete la pazienza di ascoltarmi vi racconterò com’è nata questa “fissazione”. La storia ha avuto inizio un pomeriggio d’estate di due anni fa. Ricordo che ero tornato a casa stanco e incazzato dopo un’intensa giornata di lavoro. Appena varcata la soglia di casa mi liberai degli abiti intrisi di sudore deciso a sottopormi ad una doccia refrigerante. – Rita, sono io. Sono tornato a casa. Vado in bagno a farmi una doccia – gridai a voce alta in modo che mia moglie possa sentire. A quell’ora del pomeriggio doveva sicuramente essere tornata a casa, pensai. Dal momento che la porta dell’appartamento non era chiusa con la serratura di sicurezza. Non ricevendo alcuna risposta mi avviai verso il bagno. Lungo il tragitto mi liberai degli indumenti lasciandoli cadere sul pavimento. Non avendo figli Rita ed io eravamo abituati a girare per casa nudi o quantomeno con pochi abiti addosso. La porta del bagno era socchiusa. Varcata la porta intravidi dietro la paratia del box della doccia le sinuose forme del corpo di mia moglie. – Rita, sono io, ti spiace se vengo sotto la doccia insieme con te? Il rumore dell’acqua cessò e la paratia scorrevole si aprì. – No. Vieni pure, sono tornata a casa da poco, ho voglia di rinfrescarmi un poco. Rimasi ad osservare le splendide forme del suo giovane corpo ricoperto di gocce d’acqua e teso com’ero la cosa mi turbò. Rita non è mai stata una donna appariscente, anche se i suoi modi eleganti le conferiscono da sempre una carica erotica fuori del comune. E’ questa una delle ragioni che mi hanno indotto a sposarla. La pelle, di colorito roseo, ricoperta di gocce d’acqua, mi apparve nel suo splendore. Sui seni minuti facevano bella mostra sé le areole rosa dei capezzoli appuntiti dall’effetto refrigerante dell’acqua. I lunghi capelli di un rosso carminio le scendevano lungo il collo fino a lambirle il petto. – Vieni – m’invitò – c’è posto per entrambi. L’uccello mi si era inturgidito e pulsava al ritmo della lancetta contasecondi di un orologio. I nostri corpi trovarono posto nello spazio ristretto del box sfiorandosi a più riprese l’uno contro l’altro. Ambedue conoscevamo alla perfezione ogni recondito anfratto del corpo di ciascuno. Non ci fu bisogno d’alcuna parola, desideravamo entrambi fare l’amore. Le dita della sua mano presero a sfiorarmi l’orifizio anale risalendo allo scroto. Un lieve fremito mi fa vacillare. Non trovai di meglio che appoggiare la schiena alla parete di mattonelle. Afferrò l’uccello e prese a masturbarmi a ritmo lento, facendo scorrere le dita sulla superficie della cappella. Durante l’amplesso rivoli d’acqua continuavano a scendere sui nostri corpi. Iniziai a sfiorarle il collo con le labbra succhiando nell’incavo appena sotto l’epiglottide, zona in cui è particolarmente sensibile e che so produrle intenso piacere. Risalendo il collo con la punta della lingua la insinuai nel padiglione auricolare dell’orecchio. L’effetto fu immediato. Le sue gambe iniziano a tremare. Il corpo a fremere e sussultare. Rita bisbigliò incomprensibili parole al mio orecchio di cui non riuscivo a percepire il significato. Subito dopo divaricò le gambe aprendo uno spiraglio fra le cosce. M’insinuai con le dita fra i peli intirizziti d’acqua che sovrastavano il pube. Le sfiorai le grandi labbra impiastrate d’umore e mi soffermai a toccare il clitoride eretto che sentivo turgido come il mio uccello. Rita prese da una feritoia un panno di sapone di Marsiglia che era solita usare per il bucato e lo passò nelle mie mani. Era un rito che conoscevo bene. A lei piaceva essere insaponata e lavata dalle mie mani come si conviene ad una scolaretta. Usava quel tipo di sapone perché riteneva che molti prodotti in commercio, tipo i “bagno schiuma”, contengano sostanze irritanti e nocive ad una pelle delicata come la sua. L’uso del sapone di Marsiglia le serviva a mantenere la cute morbida, liscia e vellutata, ma soprattutto a conservare l’odore dell’epidermide intatto come lo desideravo io. Chiuse in parte il rubinetto della doccia rallentando la caduta dell’acqua tiepida. I nostri corpi completamente ricoperti di sapone presero a sfiorarsi scivolando l’uno sull’altro, provocando a entrambi palpitanti brividi d’intenso piacere. Fu a quel punto che Rita mi fece dono del primo d’innumerevoli altri istanti di godimento. Fu l’inizio di nuove eccitanti scoperte amorose che in seguito segnarono il nostro rapporto. – Ne ho voglia, non ne posso più! – disse avvicinandosi le labbra al mio orecchio. Allargò le gambe e prese a pisciare. L’intenso getto d’urina di colore rosso fuoriusciva dal meato uretrale della fica e andava a colpire i mie piedi. Ciò che più mi aveva stupito era l’insolito colore dell’urina, per il resto c’ero abituato. Fra noi era pratica piuttosto comune che durante la doccia lei riversasse fra le mie mani le scorie della vescica. Ero così eccitato che al termine della minzione le sollevai una coscia e la penetrai. Lo feci con rabbia premendole la schiena contro la parete. Rita contraeva la mucosa della fica, che sentivo liscia come i petali di una rosa. A causa dello straordinario turbamento che mi aveva assalito, l’amplesso non durò tantissimo. Ero così eccitato da quello strano evento che venni quasi subito sborrandole nella fica, senza alcuna precauzione. A giudicare dal modo convulso con cui l’avevo sentita fremere sotto i miei colpi posso affermare che in quella occasione ebbe più di un orgasmo, ne sono certo. Dopo quegli attimi di confusione mi prese un senso di paura e preoccupazione. – Hai notato il colorito delle tue urine? – dissi. – Non t’impressionare – rispose Rita – Da alcuni giorni ho alcune linee di febbre e il medico mi ha prescritto un antibiotico: il Rifadin, avvertendomi che avrebbe colore le urine. E’ dovuto all’eliminazione di enzimi della rifampicina che è il suo principio attivo. Da quel giorno sul nostro tavolo da pranzo non mancano mai le confezioni dei più disparati coloranti: Blu di metilene che colora le urine di blu, il verde di marculio che le fa assumere un color prato inglese e tanti altri. Naturalmente stiamo attenti a non farne abuso: la tossicità di certe sostanze potrebbe essere fonte di notevoli danni all’organismo. Li usiamo con parsimonia e all’occorrenza… Partendo da questa prima fantastica scoperta ci siamo buttati anima e corpo nello studio delle piante aromatiche e in seguito in quelle da frutto. E’ trascorso più di un anno dal giorno della fantastica scoperta. Una mattina, mentre ero in bagno intento a radermi la barba, fui chiamato da Rita. Lei se ne stava dentro il box della doccia intenta a lavarsi. Apro l’anta di vetro e mi sento afferrare il braccio da una mano che m’invitava ad entrare. Seppure in mutande non voglio deludere le aspettative di mia moglie e mi porto all’interno. – Vieni, entra. Ho qualcosa d’importante da farti assaporare. – Ma dai… lo sai che ho fretta, sono già in ritardo, debbo andare a lavorare – le dico. – Assecondami e vedrai che non te ne pentirai. Inginocchiati. Chiudi gli occhi ed apri la bocca. Nella mia bocca sento scorrere un liquido caldo dal sapore dolciastro, molto simile all’arancio. Apro gli occhi e noto che il liquido defluisce dalla passerina. Resto sorpreso da quella scoperta. Mi libero di canottiera e mutande e metto Rita carponi. Sputo un po’ di saliva sulle dita e con un dito penetro il suo bel culetto. Ruoto il medio nello sfintere allargandolo. Subito dopo, guidato dalla sua mano, introduco il cazzo nel culetto. Avevamo scoperto l’uovo di Colombo. Bastava nutrirsi a pranzo e a cena per un giorno intero esclusivamente di frutta della specie Citrus, per ritrovare nelle urine il sapore corrispondente al frutto ingerito. Da quel giorno alterniamo pasti normali ed altri vegetariani a base di limone, arancio e pompelmo. La pelle di Rita è più lucente che mai e a differenza delle altre donne, non ha bisogno né di profumi né d’oleose fragranze. Così viviamo felici e contenti.

FINE

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