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Marta al Centro

Mi chiamo Marta, abito in un piccolo paese del centro Italia ed ho 35 anni. Non ho avuto una vita molto felice, sposata a 18 anni con un uomo grezzo ed incapace di qualsiasi dolcezza, subito incinta, dopo 3 anni ancora un altro figlio, ho passato la mia giovinezza facendo la casalinga e la mamma a tempo pieno. Unica soddisfazione i miei figli, due maschi che crescevano grandi e grossi e tanto, tanto affettuosi. Mio marito, o meglio il mio ex marito, aveva idee molto limitate in fatto di sesso, mi prendeva anche spesso per la verità ma senza ne dolcezza ne riguardo per la presenza dei bambini in casa. Se gli veniva la voglia mi portava in camera, mi faceva mettere a pecorina e mi scopava o mi inculava, si rivestiva ed usciva lasciandomi sporca e piangente sul letto. Sono riuscita a trovare la forza per lasciarlo ed ora vivo con i miei figli da sola, per un periodo ho avuto una storia con una mia amica, perché gli uomini mi facevano pensare a tutto quello che avevo passato, ma due anni fa finì tutto. Era una mia collega di lavoro, faccio l’infermiera adesso, e fù un mezzo scandalo. Da allora sono sola e da allora è cominciata una bellissima storia. Mio figlio aveva 18, alto, moro, e con l’unica cosa di buono che gli aveva lasciato suo padre, un gran bel cazzo. Lo stavo guardando con gli occhi di una donna ormai, una donna non bellissima forse, alta 165 cm, rotondetta, ma con una terza-quarta di reggiseno che non passa indifferente, e la cosa mi intrigava sempre più. Decisi che dovevo averlo e cominciai a fare in modo che si interessasse a me: lasciavo aperta la porta del bagno quando facevo la doccia, in estate ero in canottiera senza reggiseno, gli chiedevo consiglio su come vestirmi, ma era tutto inutile, come donna non mi vedeva nemmeno. Eppure le ragazze gli piacevano: mi parlava delle sue compagne di scuola, della professoressa di religione che gli piaceva tanto (ed io gli somigliavo un po’), e la notte lo sentivo masturbarsi, in silenzio. Una mattina vidi le tracce che aveva lasciato nel letto e lo chiamai. La situazione era propizia: io avevo il giorno libero, il più piccolo era a scuola, e lui non era andato per saltare una interrogazione, potevo agire indisturbata. Lo chiamai ” Marco vieni un po’ qua. ” Stava facendo colazione ma arrivò subito, “Cosa mamma? ” ” Stacci attento, non posso cambiarti le lenzuola tutti i giorni ! ” divenne di tutti i colori e cominciò a balbettare, ma io ” Guarda che è una cosa naturale, non devi vergognartene” visto che non ero arrabbiata riprese fiato, “Adesso vai a finire la colazione che dopo devi farmi un favore. ” Quando uscì odorai le sue lenzuola e passai la lingua sulla macchia giallastra, mentre mi giravo vidi con la coda dell’occhio che era ancora sulla porta e mi stava guardando, la cosa mi eccitò tantissimo e mi diede la forza di continuare con il mio progetto. Entrai in cucina e lo vidi con il viso dentro la tazza, mi sedetti e feci colazione bevendo solo del the, lamentandomi di come non stessi bene in quel periodo. Alla domanda su cosa avessi risposi che non digerivo bene ed il dottore mi aveva prescritto dei clisteri, e gli chiesi di aiutarmi a prenderlo. Si schernì un po’ ma dopo un minuto eravamo tutti e due in bagno, mi domandò cosa dovessi fare ed io gli dissi di prendere nell’armadietto l’occorrente per il clisma. Mentre si girava mi tolsi i pantaloni del pigiama e rimasi nuda, lui mi guardò finalmente da uomo e mi disse “Non è il caso che ti tolga anche la maglietta? Non vorrei si sporcasse” lo feci e mi abbandonai al suo sguardo. Dopo un po’ di secondi mi girai e gli dissi di mettermi la cannula nel sedere, lui sempre più padrone della situazione mi fece mettere in posizione, e mi disse di allargare le chiappe. Il tono era quello di chi è abituato a comandare ed io felice di ubbidire con le mie mani gli mostrai il buchino, lui aspettò ancora qualche secondo, facendo crescere in me umiliazione ed eccitazione per quella situazione così perversa poi ” Non posso mettertelo dentro senza lubrificare il cannello ti farei male, non cè della vasellina? ” Mi girai e senza più freni inibitori presi la cannula, la misi in bocca e cominciai ad insalivarla, come se la stessi spompinando. Quando fù tutta bagnata lo guardai negli occhi e gli dissi che era pronta, mi girai ed aprii nuovamente le mie chiappe. Lui mi infilò la cannula piano piano, come se potesse farmi male, delicatamente, ed io lo apprezzavo. ” Per far scorrere meglio il liquido muovi la cannula avanti e indietro, fai piano” Dovevo essere uno spettacolo non male, in piedi a gambe divaricate, con le tettone che penzolavano, e le mani che tenevano allargate le chiappe e mostravano i due buchi aperti ” Muoviti piano piano che almeno è piacevole” Gli dissi, e facendo finta di perdere l’equilibrio gli toccai la patta, era talmente eccitato che rischiava di rompere i pantaloni, fu la goccia finale, venni con un orgasmo fortissimo, e mi appoggiai al lavandino per non cadere. Lui rimase calmo e continuando a far andare la cannula avanti ed indietro cominciò a masturbarmi dicendomi che era la prima donna che vedeva venire col culo, e mentre avevo un altro orgasmo mi disse che ero una bella vacca, io che avevo un orgasmo dietro l’altro lo supplicavo di non smettere. Si fermò ed alle mie proteste mi disse che il clistere era finito, io ripresi fiato e gli dissi di uscire che mi dovevo svuotare, lui si mise a ridere e disse che questa era la parte più divertente e non si sarebbe perso lo spettacolo. Con le gambe malferme arrivai sul vaso e mi svuotai a capo basso, vergognandomi sempre di più a sentire i rumori osceni che il mio corpo produceva. Ma ancora eccitata dal fatto che lui era lì che mi guardava. Quando alzai gli occhi me lo ritrovai davanti, mi guardò’, si sganciò i pantaloni e me lo mise davanti agli occhi, ed io lo inghiottii subito. Non gli feci un pompino, glielo mangiai, e lui venne quasi subito, una sborrata colossale, glielo pulii e lui mi disse di lavarmi che mi aspettava in sala da pranzo. Mi feci una doccia e insieme con lo sporco andava via anche l’eccitazione, mi rendevo conta adesso cosa avessi fatto, come avrebbe reagito adesso che mi ero così lasciata andare? Decisi che dovevo dargli io un segnale. Lui mi aspettava seduto sul divano e beveva una birra, tranquillissimo, io entrai nella stanza completamente nuda e mi inginocchiai davanti a lui. Sapevo che leggeva fumetti stile sado-maso e che avrebbe riconosciuto il valore del mio gesto. In ginocchio davanti a lui gli chiesi scusa e gli confessai che non mi fidavo più degli uomini in generale, che avevo avuto una esperienza lesbica ma non mi aveva soddisfatto, che mi aveva donato i più bei orgasmi della mia vita e che adesso ero nelle sue mani: se voleva tutto sarebbe finito in quell’istante, altrimenti poteva avermi come e quando avesse voluto, io gli avrei obbedito in tutto. Rimase a guardarmi a lungo poi mi disse che poteva “occuparsi” di me, ma alle sue condizioni: visto che ero una vecchia troia mi avrebbe accontentato solo se fossi diventata la sua schiava, una schiava totale, lui si impegnava a trattarmi da mamma quando eravamo in compagnia, ma quando eravamo da soli avrei dovuto obbedirgli in tutto, e quando diceva tutto intendeva davvero tutto. Mi gettai ai suoi piedi e lo ringraziai e lui ” Aspetta a ringraziarmi ! ” Passai la mattinata a fare le faccende nuda, poi a fare la spesa vestita come lui mi ordinò: un giubbottino leggero aperto su una camicetta semitrasparente e niente reggiseno, una minigonna, calze pesanti strappate sul cavallo e la passera all’aria. Era martedì, giorno di mercato, e mi confusi fra la folla, e come sempre nella folla c’è qualcuno che fà la mano morta, capitò anche a me, e capii la sua sorpresa quando si rese conto che ero senza mutande e quello che sentiva era il mio culo, non cercò di nascondersi e mi sussurrò all’orecchio ” Puttana! “. Quando tornai in casa il mio bambino volle omaggiarmi ed io dopo averlo succhiato per bene mi impalai su di lui e lo cavalcai. Non durò molto, ma per la prima volta fù soddisfacente, e questo fù l’inizio del più bel periodo della mia vita, mi toccarono altre prove, molto più dure, ma queste ve le racconterò un’altra volta.

Dopo quella volta cambiò tutto per me, riscoprivo il piacere insieme ad un uomo, o forse lo scoprivo per la prima volta, e mi piaceva, Dio come mi piaceva. La cosa più difficile era nascondersi dagli altri e da mio figlio più piccolo: una vera e propria doppia vita, madre affettuosa davanti a tutti schiava-puttana in privato. Per il resto non avevamo più remore: all’inizio la scoperta del sesso lo assorbiva completamente, la scoperta del mio corpo e delle mie reazioni, le mie voglie, le mie paure, i miei limiti lo soddisfacevano. Facevamo sesso in ogni momento libero, la mia bocca, il mio culo, la mia figa erano suoi e lui ne approfittava quando voleva. A volte si “divertiva” ad ignorarmi: quando eravamo soli mi evitava, non rispondeva alle mie provocazioni ed io dovevo umiliarmi, supplicarlo per avere un po’ di sesso, era la sua tattica per costringermi a scendere sempre di più nell’abiezione. Non si accontentava più di farmi stare nuda quando eravamo soli, finite le faccende dovevo stare a quattro zampe ad attendere i suoi ordini. Avevo un accappatoio sempre pronto per eventuali visite, o per aprire al postino, ma senza cintura, ed il postino mi aveva intravisto più di una volta le tette, Marco, mi figlio sapeva di ciò e la cosa lo eccitava. Arrivò a spedire lui stesso un pacco a casa per vedere la scena: io che cercavo di firmare la ricevuta e contemporaneamente di tenere uniti i lembi dell’accappatoio. Quella volta il postino arrivò a vedere anche il cespuglio del mio pube, ma non saprei dire chi dei due avesse la faccia più rossa, fosse più imbarazzato e chi dei due più eccitato, fatto stà che da allora il postino non mi lascia più la posta nella cassetta, ma viene sempre a portarmela in casa! Fino ad adesso i nostri giochi con gli altri si erano limitati a piccoli casi di esibizionismo: il postino, il benzinaio (in mini senza mutandine è difficile nascondere qualcosa), il commesso del negozio di scarpe, ma niente di più. Lo scorso anno mio figlio iniziò l’università e purtroppo le cose peggiorarono. Fece amicizia con un gruppo di ragazzi più grandi di lui, figli di persone ricche, viziati, simpatici, bastardi. Noi non abbiamo le loro possibilità, questi ragazzi accettarono mio figlio nel loro gruppo, senza farlo pesare ma lui ne soffriva. Non aveva nulla da offrire, se non me. Me ne parlò ma io rifiutai, avevo paura e lui si chiuse in se stesso. Per una settimana quasi non ci scambiammo parola, nessun contatto, anzi, usciva sempre, non stava mai in casa. Io ci stavo male, mi mancavano le sue coccole e le sue angherie, il suo corpo. Fu così che mi decisi ad accontentarlo. Spedii il piccolo dai nonni e dissi a Marco di organizzare con una scusa un ritrovo a casa nostra con i suoi amici, lui mi sorrise (aveva capito tutto) e corse a telefonare. Io ero come sempre nuda e mi avvicinai a lui a quattro zampe, strofinai il viso sul suo pube, lui sorrise e lo tirò fuori facendomelo finalmente assaporare. Dopo circa un’ora arrivarono quattro ragazzi, io mi ero rivestita, ma non troppo: solita mini e camicetta semitrasparente, ma a piedi nudi. I ragazzi lo notarono ma non ci fecero caso, era caldo, si misero sul divano a bere e parlare. Mio figlio mi trattava come una cameriera, con durezza, e fece involontariamente cadere un bicchiere. Io mi precipitai a raccoglierlo e nel chinarmi la mini salì tanto che si accorsero che ero nuda, ci fù un attimo di silenzio, poi i ragazzi ” Certo signora che ha delle belle mutandine” e si misero a ridere. Marco ” Mia madre non le porta mai, così è sempre disponibile quando voglio scoparla. ” “Non ci dirai che scopi tua madre” “Certo, non solo la scopo, ma è pure la mia schiava, no è vero? ” Io a capo basso feci di si ” Si è vero sono la sua schiava, lui può fare di me ciò che vuole” . Marco ” Vieni qui e fammi un pompino” Da lui passai agli altri e per tutto il pomeriggio feci sesso con cinque ragazzi. Mi presero non so quante volte, in tutti i buchi, anche tutti insieme come avevano visto in un film: io impalata su mio figlio, uno che mi faceva il culo mentre lo succhiavo ad un terzo e tenevo gli altri due nelle mani. Alla sera ero distrutta, ma felice, come i ragazzi che avevano trovato dove sfogare i loro istinti, e le loro perversioni. Non mancavano mai di rimarcare il fatto che fossi bassa, grassottella, non molto intelligente, fossi per loro solo un animale da monta. Un giorno mi portarono anche al mare con loro, per fortuna fuori regione, e per poco non chiamarono la buoncostume: cinque ragazzi ed una donna con solo addosso le mutandine di un costume brasiliano, quello con solo la cordina dietro, che li serviva di tutto punto e che si ritirava a turno con ognuno di loro nella cabina dello stabilimento balneare. La sera mi portarono sui viali per farmi provare a fare la puttana, e quando il cliente tornava gli chiedevano se era soddisfatto, non ho mai provato vergogna come quel giorno, ma ho anche goduto tanto. Adesso devo lasciarvi, mi hanno dato il compito di svezzare mio figlio più piccolo (per essere in sei e darsi il cambio nei miei tre buchi), e devo andare in farmacia a comprare il necessario per farmi fare un clistere. FINE

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