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Amore di cattedra

Facce ignote sfilano dinnanzi ai miei occhi, persone senza origine mi scrutano non vedendomi … tutta la fauna di un grande aeroporto compare e scompare dinnanzi a me che son tutto teso in una spossante attesa: l’aereo di Marco è in ritardo e io, come un adolescente, fremo in attesa. Marco è stato uno dei miei studenti preferiti: intelligente, attento, sempre pronto ad aprirsi sulle nuove problematiche … e, inoltre, seppur non alto di statura – forse non più di un metro e sessanta, era molto ben proporzionato e il suo corpo, forgiato dai lunghi anni in cui aveva praticato calcio e piscina, era proprio bello! Di viso, anche! Carnagione scura – quell’incarnato che s’azzurra nel rasato della barba! – capelli neri, due furbi occhi di miele, un naso piccolo e ben proporzionato e due labbra carnose, sempre pronte al sorriso schiuso sulla chiostra di perfetti denti candidi. A volte, mentre spiegavo la mia lezione in classe, se il mio sguardo si posava su di lui, i miei pensieri galoppavano e facevo una figura di m…! La notizia dei miei “vuoti mentali” era giunta anche al Rettore: dovetti promettergli di stare più attento, che, tradotto, voleva dire che non dovevo più guardare nella direzione di Marco! Ma la cosa non era semplice, con quei suoi occhi puntati sempre su di me! Un giorno, mentre si faceva un’esercitazione, mi chiese perché non andavo a mangiare con i ragazzi del suo gruppo di studio, così avremmo potuto chiacchierare ancora e approfondire l’argomento della lezione: Ok! Va bene! Nulla di male in questo! Ma perché andarsi a sedere proprio vicino a me? Perché, inconsapevolmente urtarmi col ginocchio? Perché essere così gentile con me? Mi turbava! Passavo le notti vedendolo, sorridente e premuroso, al mio capezzale. Ma, logicamente non dovevo né provarci né sperare di riuscire a farci niente! Abitava poco fuori Varese e faceva il pendolare in treno per seguire l’università. Una sera, la lezione era finita molto tardi ed era rimasto senza mezzi: mi offrii di accompagnarlo e nessun sorriso fu più bello di quello che mi elargì nel ringraziarmi. Ci fermammo all’autogrill, facemmo un pasto frugale e tutto si era tinto di rosa: mi sembrava d’essere al settimo cielo, con lui, lì, che mi adorava … Forse … forse è la volta buona! Ma la responsabilità era molta! Non osavo sbilanciarmi più di tanto e, lui, probabilmente pensava che io ero gentile e simpatico con tutti … Quello che mi era parso un magico momento, era poi divenuto un supplizio. Decisi di accompagnarlo nel più breve tempo possibile; rifiutate le sue insistenze per entrare in casa e conoscere i suoi, tornai a Milano sprofondato in una tristezza senza ritorno! In effetti, è vero che fisicamente mi piaceva molto, ma adoravo la sua erre moscia, pendevo dalle sue labbra che mi sorridevano, amavo tutti gli argomenti delle sue disquisizioni e mi sentivo innamorato come una pera cotta! Il giorno dopo, a lezione, non finiva di ringraziarmi, non finiva di raccontare agli altri della mia gentilezza e, alla fine, quasi sottovoce aggiunse “Eh! Prof, magari lo potremmo rifare: e prenderci una serata tutta per noi!” Davanti ai miei occhi sgranati, si scusò, mi disse che non voleva approfittare, che come sempre aveva parlato ascoltando il cuore e non ragionando! (Ascoltalo! Ascolta il tuo cuore se ti impone di vedermi!) ma, fingendo di non dare molta importanza alla cosa, risposi che sì, si poteva anche fare … poi, precipitosamente: “Domani sera che fai? Io sarei libero!” si illuminò e accettò subito. E, naturalmente, subito dopo un’ombra sul viso: avrebbe dovuto vedere una tipa … “Ma chi se ne frega: disdico!” Lo passai a prendere, e tremavo! Sembravo una collegiale al primo appuntamento! Tutto andò bene! La serata filò via veloce e bella e, alla fine, dopo averlo di nuovo accompagnato a casa, me ne tornai a Milano con il mio pugno di mosche! Porca miseria! Ma come si può essere più imbranato di me?!? Mi giurai di non sperarci né provarci più! Sempre gentile, sempre attento, ma nulla di più! Una volta, perfino, mi chiese se mi aveva offeso. Ma cosa cavolo voleva da me!?! Finì l’università e io fui scelto come relatore per la sua tesi. Gli feci un regalo importante per festeggiarlo: ma lui me ne fece uno più grosso! Nel ringraziarmi, mi abbracciò e mi baciò! Sentirmi addosso la sua massa muscolare vibrante e percepire l’umido calore delle sue labbra nel bacio, mi diedero una tal emozione che dovetti faticosamente nascondere un’erezione che non voleva proprio sparire. Ma, finita la scuola, ora era più difficile vedersi. Un paio di mesi dopo (mesi di silenzio e di angoscia) mi telefonò per salutarmi: partiva per la Danimarca, dov’era una ragazza con cui filava e, magari, si sarebbe fermato là … Il cielo, nel rovinarmi addosso, mi schiacciò completamente! Ogni speranza era morta, come morto mi sembrava d’essere. E passarono, lenti e lunghi, i mesi di un paio d’anni. Poi una lettera festosa per annunciarmi il suo matrimonio. Altro tempo e, venuto ormai di uso comune internet, cominciò a mandarmi messaggi in cui mi descriveva la sua attività professionale e la felicità del suo menage matrimoniale! Mi annunciò anche che stava per avere un bambino, poi che l’aveva avuto e che gli sarebbe piaciuto che lo vedessi. A fatica, rispondevo sempre felicitandomi … ma, purtroppo, proprio non riuscivo a togliermelo dalla mente! Anzi, dal cuore! Ultimamente, però, mentre stavo organizzando un Convegno di ecologia, mi è sorta la possibilità di inserirlo tra i relatori come rappresentante delle nuove tendenze danesi. Almeno sarei riuscito a rivederlo! Una buona ricompensa, vitto, alloggio e trasferimento pagati! Era felicissimo. Mentre per ricevere e accompagnare i vari oratori negli alberghi ho mandato alcuni autisti, per Marco, che aveva detto che avrebbe alloggiato volentieri presso i suoi, ho deciso di attenderlo io e, poi, di accompagnarlo, anche se il ricordo degli struggenti viaggi di accompagnamento, già mi faceva fibrillare. Così, eccomi qui, la sera del suo arrivo, ad attenderlo alla Malpensa. Per una serie di disguidi (un ritardo pressoché ingiustificato alla partenza e difficoltà di atterraggio a causa di un forte vento) l’aereo di Marco, che doveva arrivare intorno alle 21, sta per giungere, verso le 23, a Linate! Mi precipito nell’altro aeroporto appena in tempo per vederlo arrivare come un raggio di sole in una tetra giornata di nebbia! Bello come sempre, e forse di più!, un abbraccio forte e caldo, poi la richiesta di avvertire i genitori, probabilmente in pensiero per il ritardo. Dopo la telefonata, Marco si dedica a me, con i ringraziamenti e con una serie ininterrotta di complimenti! Sono veramente felice d’averlo lì, accanto. Ma il piccolo ha una fame incredibile (e anch’io), propongo subito d’andare in un ristorante molto simpatico, proprio sotto casa mia. Ci dirigiamo lì, pieni di racconti che ognuno scoppia di fare all’altro! A tavola, tra un piatto e l’altro, diamo la stura a tutti i nostri ricordi e, improvvisamente ci accorgiamo che è passata l’una da un bel po’. Gli propongo, visto che l’indomani dobbiamo essere molto presto al Centro Congressi e che, ora che arriviamo a Varese, si faranno le due, se vuole fermarsi da me o, se vuole, posso cercargli un albergo … “Se non ti dispiace, preferirei stare con te … da te!” “Figurati: per me è solo un piacere!” così ci permettiamo di dilungarci un po’ e di bere qualche bicchiere di troppo e, finalmente, prese le borse dall’auto, saliamo a casa. Uscendo dal bagno (dopo che lui si è rifiutato di farmi preparare il letto della camera degli ospiti “visto che il tuo è matrimoniale, possiamo dormirci tutte e due!”, Marco è andato per primo a lavarsi, mentre, con il cuore che batte all’impazzata, io ho preparato il bicchiere della staffa; poi sono andato anch’io a far la doccia) me lo trovo sdraiato sopra le lenzuola, con il solo slip che spasmodicamente aderisce ad un grosso contenuto – grosso al punto che, sperando di non farmi notare, cerco di vedere se è in posizione di riposo, naturalmente senza scoprirlo. “Non ti da fastidio se dormo senza pigiama?” “Non lo uso mai neppure io!” e mi sdraio, gli porgo il bicchiere e ci sorridiamo sorseggiandolo. Capperi: è proprio bellissimo! Ha due fossette che si formano allegre sulle guancie, ogniqualvolta sorride! Il tronco non è molto peloso e i muscoli si stagliano netti. Una peluria scura parte dall’ombelico per tuffarsi giù, interrotta dall’elastico. Lo slip continua a faticare nel trattenere quel qualcosa che mi piacerebbe proprio vedere! Le gambe, che il calcio ha così bene modellato, sono coperte da lunghi peli neri che si rincorrono fino alle caviglie dove i piedi, candidi e nervosi, fioriscono di dieci piccoli butti di rosa: piedi e dita da infarto! Non mi riesce di non farglielo notare! “Anche tu hai delle belle gambe e anche il torace è ancora ben sodo.” Ancora! Certo che lui ha 28 anni e io esattamente il doppio … Accenno una carezza non data ai pettorali: “Tu hai proprio il corpo che ricordavo, o, meglio, quello che immaginavo sotto le tue camiciole estive …” “Anch’io cercavo di immaginare il tuo corpo … e, spesso, con qualche scusa, ti facevo delle piccole carezze … ” “Perché?” non risponde e si fissa, attraverso il bicchiere mezzo vuoto, i piedi. “Perché?” incalzo e, finalmente dopo anni di repressione, sottovoce, quasi un soffio, risponde “… Perché … a quel tempo … ti amavo …” “Come mi amavi?!?” sbotto io felice, ma disperato d’aver buttato via tutta la mia vita. “Non so … era come una sorta d’infatuazione … Una sorta di dipendenza da te che mi portava a cercarti, a starti vicino … Non so! Io non sono mai andato con un uomo, né mai ci andrei, ma, allora, se tu me l’avessi chiesto, lo avrei fatto! Scusami se ti dico queste cose: tanto è passato tanto tempo! Mi piaceva ogni cosa che facevi, m’inebriavo di ogni tua parola … E, veramente, se tu fossi stato gay e mi avessi chiesto di fare all’amore, avrei fatto tutto per te!” Lo dice tutto d’un fiato: aveva bisogno di tirarlo fuori, come per esorcizzare un ricordo! Io mi sento frastornato e distrutto: tutto quanto avevo desiderato di più bello, ora lui lo dà per scontato perché, secondo lui, non è più il tempo! Io non sono per nulla d’accordo e, men di meno, lo è il mio sesso che si è illuso a quelle parole e scoppia di desiderio. Dolcemente, sbirciandomelo e parlando a se stesso: “Adesso è diventato duro anche a te: io sono così da quando mi hai accettato nel tuo letto!” Una carezza timida sulla gota, poi cerco le sue con le mie labbra. Non è un bacio: ci sciogliamo entrambi in un amplesso di miele fuso. Le sue mani cominciano a cercarmi, ad accarezzarmi. Lo faccio anch’io e sento la mia erezione dolorante nella stretta del tessuto: cerco di alleggerire la tensione con la mano e sento che anche la sua la segue, si poggia prima su questa, poi sul mio pene e lo stringe dolcemente. Io faccio scivolar via gli slip e vedo Marco guardarlo: “Sai che è il primo che vedo, oltre al mio? E’ bello ed è caldo!” aggiunge mentre lo accarezza come si fa con un oggetto sacro. Non rispondo e libero dallo slip il suo, mi avvicino come per guardarlo – come ha fatto lui- e, invece, me lo mangio tutto in un sol boccone! Il lungo sospiro si tramuta in un gorgoglio in fondo alla gola. Inizio a salire e scendere, mentre quel corpo, che tanto ho amato e desiderato, si contrae come sotto le più feroci torture. Gli addento il glande e gli titillo il filetto: “Noo …. Mi fai venire!” esala. Continuo inesorabile, lo sento scosso da mille brividi, si avvinghia con dita d’artiglio alle mie carni, suda facendomi cadere gocce roventi sulla pelle. Dopo un ultimo affondo, mentre alza al cielo un ululato animalesco, scarica nella mia gola il più dolce, il più desiderato, il più bollente nettare che le mie labbra abbiano mai assaporato. Crolliamo, avvinti ed ansimanti, in un sonno complice. Breve, però … perché ciò che sento intorno al mio glande, che va ergendosi e intostandosi, sono le sue labbra torride, la sua lingua umida, le sue dita sconosciute … Lo accarezzo, lo stringo, gli trasmetto tutto il mio calore, finché alza verso di me il viso e, di nuovo, si rincorrono baci insaziabili. Ma mi vuole: vuole sentirmi ancora in lui, vuole che anch’io gli offra il mio seme. Ben presto lo accontento e lui beve, perché prima aveva visto che io lo avevo fatto! Nel baciarlo, subito dopo, gusto il mio sapore in una calda miscela con quello della sua saliva. “Devi dormire, ora! Domattina devi essere sveglio e bello come non mai!” “Non vuoi farlo più?” mi meraviglia con questa domanda. “Lo farei per tutta la vita … ma dobbiamo pensare ai nostri impegni! Ricorda che, mai, ho provato un piacere simile e che, da quando t’ho conosciuto, ti ho amato! Non puoi sapere quanto grande sia il dono che mi hai fatto!” “Non l’ho fatto solo per te … volevo anche vedere se mi sarebbe piaciuto … almeno per una volta! Fra due giorni tornerò da lei e a queste cose non penserò mai più!” per soggiungere subito dopo: “Anche se sarà difficile dimenticarsi di te!” Non so cosa dire e lo abbraccio così forte che mi sembra d’essere un boa constrictor … sembra quasi che i nostri corpi si compenetrino e che, la nostra, diventi una carne sola. Così, ci coglie il sonno. Una giornata intensa, colma di interventi in cui ci scambiamo, quando è possibile, piccoli sorrisi o fugaci ammiccamenti, va sul finire. Sono al tavolo della presidenza, quando un usciere mi porta un foglietto ripiegato: “Ho telefonato ai miei! Ho detto che i lavori finiscono tardi e che neppure stasera riesco ad andare a casa. Mi vuoi?” Mentre il cuore, ormai in orbita, bussa rumorosamente nel mio petto, lo cerco: in fondo alla sala scorgo un sorriso raggiante. La notte più breve della mia vita ha sciolto ogni imbarazzo, ogni tentennamento, ogni incertezza: Marco è stato mio, io suo, le mille volte! Ad entrambi resterà per sempre questo ricordo e, ovunque saremo, potremo essere consapevoli che, da qualche parte, c’è qualcuno che ci ha amato. E che, ancora, ci ama!

FINE

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