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Tra un libro ed un caffe’

Tutto è iniziato un piovoso autunno di qualche anno fa. Frequentavo un locale, una specie di cafè-libreria, dove dopo il lavoro mi fermavo a leggere qualche romanzo della fine dell’800. Un giorno mentre mi recavo all’abituale ritrovo accompagnato da Roberto, un mio carissimo amico d’infanzia, ecco che da dietro sento una suadente voce femminile, chiama il mio amico e collega: – Roberto, ehi- Ci girammo di cento ottanta gradi e mi si presentò alla vista una esile ragazza dai lunghi capelli castani. Si chiamava Chiara. Era vestita con una casacca lunga, che copriva tutto senza lasciar intravedere niente. L’unica opportunità era immaginare… cosa in cui mi dilettavo ogni volta che la vedevo. Mi era stata presentata proprio là dentro, da allora ci tornavo sempre. Salutò anche me un po’ freddamente e ci avviammo… Passai il resto della serata a fissarla cercando di non farmi vedere. Non ebbi fortuna, se ne accorse, e soprattutto si accorse dell’evidente gonfiore dei miei pantaloni che goffamente cercavo di nascondere! Non potevo più tirarmi indietro dovevo in qualche modo giustificare il mio comportamento. Presi il coraggio a due mani e mi avviai verso la sua poltrona. Mi aspettavo di trovarmi davanti una parete di ghiaccio come sempre, ma questa volta mi prese in contropiede. Fece un grande sorriso e vedendomi imbarazzato e in procinto di dire qualcosa di cui sicuramente mi sarei pentito, mi anticipò dicendo:

– non c’è bisogno che ti scusi, per farti perdonare potresti aiutarmi domani a mettere a posto la mia libreria –

– D’accordo – Balbettai – ma non so nemmeno dove abiti –

– A questo si può porre rimedio, come ad altri problemi – disse abbassando lo sguardo sul mio basso ventre e porgendomi un bigliettino. Resi il libro, salutai Roberto e tornai a casa praticamente saltellando dalla gioia e stringendo in tasca il suo indirizzo. Il giorno dopo mi presentai in perfetto orario profumato e con un mazzo di rose rosse per farmi perdonare e sperare magari di far colpo. Si spalancò la porta e fui rapito dai suoi grandi occhi verdi, indossava un vestito di lino lungo, ma che lasciava intravedere finalmente il suo fisico. Sembrava un angelo, la carnagione era chiarissima, ma ed il suo corpo ben proporzionato. Le rose la colpirono, ma cercava di fare l’indifferente: una signora deve farsi desiderare… E lei mi stava facendo impazzire… Avevamo a disposizione una serata intera ma avevamo davanti anche una libreria di 4 metri per 2 da riempire con un rigoroso ordine. Iniziammo subito. Parlammo del più e del meno e respinse puntualmente i miei tentativi di portare il discorso su argomenti piccanti. Dopo l’ennesimo tentativo smorzato sul nascere disse con aria di sfida:

– a me piacciono solo gli uomini forti, e come sai la pazienza è la virtù dei forti –

– non capisco a cosa ti riferisci – risposi imbarazzato

– capirai a tempo debito – Ripresi come se niente fosse accaduto. Quando finimmo si erano fatte le dieci passate. Le diedi un bacio sulla guancia e mi diressi verso la porta pensando un buon modo per salutarla, ad una frase ad effetto. Quando mi voltai le parole rimasero in gola. Lei si dirigeva verso di me a piccoli passi, ma il suo vestito non la seguì, rimase fermo a terra. Era nuda, e si stava lentamente avvicinando. Mi guardava negli occhi con un mezzo sorriso, quasi a volermi ipnotizzare. Mi abbracciò stringendomi a se con forza e sussurrandomi all’orecchio:

– il forte operaio avrà finalmente la sua mercede – Le nostre labbra si unirono in un lungo e appassionato bacio, non volgare, non impetuoso, ma tenero quasi con la paura di rovinare il magico momento… Mi bacio ancora con la stessa dolcezza, e mentre una mia mano indugiava sul suo seno, l’altra si addentrava tra le sue gambe. Non oppose nessuna resistenza… Ci trascinammo nella stanza da letto. Mi buttò tra le lenzuola, strappandomi di dosso la camicia e sfilandomi i pantaloni e mutande in un sol colpo ed in pochissimo tempo.

– Ora vedremo di accontentare i tuoi desideri – Mi bacio ancora, prese il mio membro in mano e scostando la pelle del glande con delicatezza rimase un istante a fissarlo, iniziò a massaggiarlo. Ero così eccitato che venni quasi subito tra le sue mani. Mentre si portava le sue lunghe dita affusolate e bgnate dal mio sperma alla bocca continuava a fissarmi.

– Bambino cattivo non vuoi far divertire anche la tua Chiara, vediamo adesso per punizione dovrai rimanere qui ancora un po’… – Una volta che si è pulita con la lingua le dita, infilò l’indice tra le mie natiche e cominciò a massaggiare l’ano. Era una cosa eccitantissima. Con l’altra mano iniziò a masturbarmi, sempre lentamente. Con il dito mi penetrava sino in fondo e accelerava il ritmo. Quando fu soddisfatta tolse le mani dal mio ventre e mi abbraccio, mi diede un lungo bacio. Si sedette sopra di me, guidandomi all’interno del suo corpo. Si muoveva sinuosamente, spingendo sempre di più, non voleva perdersi nemmeno un centimetro… Mi prese le mani e le portò al suo abbondante seno. I suoi gemiti crescevano e riempivano la stanza. Ero talmente ipnotizzato da lei che stavo zitto per sentire la sua voce. I suoi movimenti, la sua voce, sembrava che seguissero il ritmo di una musica a me sconosciuta, perduta nella notte dei tempi la cui traccia la si assaporava nel pieno piacere della carne… Tra i gemiti sussurrò:

– vieni con me! Ti guiderò io… – le sue spinte si fecero sempre più frequenti, non resistevo più, i suoi gemiti si interruppero e dopo una manciata di secondi lasciavano il posto ad un urlo di piacere. Il mio orgasmo fu così forte da far urlare anche me. Continuava a spingere con il bacino mentre il resto del mio sperma la bagnava. Cadde su di me spossata dalla fatica. La abbracciai… Io feci per scendere dal letto, ma lei mi fermò dicendo:

– Non vorrai andartene senza finire ciò che hai iniziato – avrei capito solo dopo cosa voleva dire ma comunque non volevo perdermi niente

– Certo che no! – risposi deciso Si sdraiò sul letto divaricando le gambe. Finalmente capii cosa intendeva… Accostai il viso alle sue coscie e iniziai a baciarla, insinuai la mia lingua tra le sue labbra per prendere il frutto di una notte d’amore. Mi eccitava il sapore dei suoi umori e del mio sperma. Mentre assaporavo quest’insolito drink mi accostai alla sua bocca e le passai il liquido della nostra passione. Mentre la baciavo le mie dita entravano ed uscivano dalla sua vagina. Prima uno poi due e poi tre. Poco dopo venne di nuovo.

– Ora siamo pari – dissi Ci addormentammo abbracciati. Quando mi svegliai la mattina dopo lei era già uscita per andare a lavoro. Ma trovai un biglietto, diceva:

– Se la paga è stata gradita, mio operaio, domani devo riordinare la cucina… – FINE

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